QUI LE PRIME DUE PUNTATE DELLA MIA MILANO DA URLO.
La
terza puntata invece narra di come sono tornata in Via Pirelli 39 il
giorno 27 aprile con altra donna nelle mie condizioni. Mi colpisce la
storia di Giovanna, perché è sposata, madre di due piccoli,
sfrattata per fine locazione, da un anno ospite della suocera in
bilocale da 50 mq. I due bimbi hanno giocato tutto l'inverno
nell'unico spazio libero: sotto il lavello del bagno. Presentò la
domanda d'emergenza (in deroga) in marzo 2014. Già a maggio dello
stesso hanno la Commissione l'aveva approvata. Ora è in Pirelli 39
perché l'assegnazione si è arenata sui rimpalli delle
responsabilità tra Aler, l'organismo che un tempo gestiva in toto le
case popolari, ed MM, acronimo di Metropolitana Milanese, il nuovo
gestore designato dal Comune di Milano. Nel passaggio di consegne si
è verificato il caos contabile, amministrativo ed informatico il cui
tristo risultato è l'incapacità di assegnare gli alloggi liberi. Ma
almeno Giovanna è in dirittura di arrivo.
Io invece presentai la domanda in deroga già a gennaio 2014, precisamente il 27. Quindi un paio di mesetti prima della sua. Eppure, allo sportello delle informazioni, con il mio numero di protocollo, non riescono a risalire alla mia pratica. Sul pc della funzionaria non c'è. Però in bando sono in graduatoria: alla posizione 661. Nel frattempo la mattinata sta finendo, ci trasferiamo di corsa al sindacato UNIONE INQUILINI dove Giovanna riceve la promessa di ottenere un elenco di alloggi liberi, elenco con cui tornare in seguito in Pirelli 39 per l'assegnazione. Dal canto mio, faccio mente locale con il loro addetto e ci rendiamo conto che la mia domanda in deroga EFFETTIVAMENTE non era stata presa in considerazione dalla Commissione. Strano, infatti le domande in deroga sono valutate in ordine cronologico di protocollo. Forse la mia è stata saltata? Se sì, perché? E, comunque, non si trova? C'è il sospetto che esista materiale a sufficienza per montare un caso legale.
Io invece presentai la domanda in deroga già a gennaio 2014, precisamente il 27. Quindi un paio di mesetti prima della sua. Eppure, allo sportello delle informazioni, con il mio numero di protocollo, non riescono a risalire alla mia pratica. Sul pc della funzionaria non c'è. Però in bando sono in graduatoria: alla posizione 661. Nel frattempo la mattinata sta finendo, ci trasferiamo di corsa al sindacato UNIONE INQUILINI dove Giovanna riceve la promessa di ottenere un elenco di alloggi liberi, elenco con cui tornare in seguito in Pirelli 39 per l'assegnazione. Dal canto mio, faccio mente locale con il loro addetto e ci rendiamo conto che la mia domanda in deroga EFFETTIVAMENTE non era stata presa in considerazione dalla Commissione. Strano, infatti le domande in deroga sono valutate in ordine cronologico di protocollo. Forse la mia è stata saltata? Se sì, perché? E, comunque, non si trova? C'è il sospetto che esista materiale a sufficienza per montare un caso legale.
Nel
frattempo sono contattata da un assessore inalberatosi per le mie
affermazioni sul cosiddetto “albergo diffuso”: mi accusa di aver
riferito “con le solite imprecisioni” e che, se scrivo un'email
direttamente a lui, mi fornirà tutte le info a riguardo. Peccato che
le info da lui fornite in seguito alla mia richiesta via email, non
sono relative al progetto, ma mero copiaincolla dell'elenco degli
uffici dei Servizi Sociali. Gli faccio notare che ero già arrivata
ai Servizi Sociali e che, anzi, ero già andata oltre per via della
disabilità, gli chiedo privatamente se volesse mantenere fede alla
parola data circa “tutte le informazioni a riguardo dell'albergo
diffuso”, perché le sto ancora aspettando. Legge il messaggio su
Facebook ma non risponde.
Comincio
a postare il mio caso sui profili di varie personalità politiche,
suscitando discreto trambusto e scompaginandone il blocco.
La
quarta puntata della novela, due giorni dopo, ha l'obiettivo di fare
chiarezza. Mi reco nuovamente agli sportelli di Via Pirelli 39,
decisa a non spostarmi da lì finché non salta fuori la mia deroga.
Un'ora e mezza prima dell'apertura ufficiale c'è già coda, agitata
dalle scontentezze degli utenti. Serpeggiano i soliti luoghi comuni:
Non ci danno la casa solo perché siamo italiani! Hanno gli alloggi
ma non li assegnano! Per forza: sono pieni di abusivi che non
riescono a far sloggiare! Sono 4 anni che ho fatto la domanda e
ancora nessuna risposta! Mi passano davanti gli invalidi, e allora
cosa devo fare io per avere la casa: farmi rendere invalida? So di
una sfrattata che ha ottenuto la casa in meno di un mese: sarà la
solita bustarella!
E
altre amenità via discorrendo, che mi riempiono di orrore per
l'ignoranza xenofoba che le genera. Apertura degli uffici,
registrazione con documento di riconoscimento alla mano, salgo allo
sportello e gentilmente chiedo conto della mia pratica. Che
miracolosamente stavolta appare in video! Chiedo se sia normale se
non è ancora passata in Commissione Assegnazione. L'addetta dice che
sì, è normale, perché viene data priorità di assegnazione a chi è
in graduatoria per bando. Eppure, dico alla impiegata, mi sembrava di
aver capito che le deroghe fossero procedure di emergenza, quindi
prioritarie. L'impiegata fa spallucce. Ah spallucce? Vado dritta dal
solito Funzionario per l'Assessorato alla Casa in via Larga a fargli
la stessa domanda. Afferma che sì, se hanno saltato la mia pratica
per la valutazione in Commissione, c'è di che fare causa, perché le
deroghe sono valutate in ordine cronologico. Prima che io parta in
quarta con un legale, il Funzionario vuole capire che cosa sia
successo. Al termine del pellegrinaggio odierno, siamo al 29 aprile,
ho almeno la certezza che la mia deroga ESISTE. Dico così perché,
tra sparizioni e apparizioni, mi era sembrato di essere in uno degli
episodi del telefilm: THE TWILIGTH ZONE, in Italia conosciuto
come
AI CONFINI DELLA REALTA'.
La
quinta puntata dell'avventura casereccia mi vede protagonista ai
primi di giugno 2015 in via Pirelli 39, alle prese con al
responsabile ERP. Infatti, quel
solito Funzionario per l'Assessorato alla Casa in via Larga l'aveva
contattata perché mi ricevesse di lì a pochi giorni dopo. Alla
narrazione pacata del mio caso, la dottoressa allarga tanto d'occhi,
teme per la sua incolumità (chissà perché? Eppure ho un aspetto
molto pacifico, determinato, ma pacifico!), chiama un non ben
identificato collega che, una volta entrato nell'ufficio della
responsabile, resta in pedi senza sorridermi mai. Sebbene mi sia
presentata a lui con un sorriso smagliante, il tipo mantiene un
contegno minaccioso. Strano: eppure non superava il metro e sessanta.
La
dottoressa dimostra con gentile determinazione che la mia domanda non
è stata passata in commissione solo perché, al momento del
protocollo, ancora non avevo raggiunto quel maledetto requisito dei 5
anni di residenza: mancavano infatti solo due mesi.
Però
mi fa notare che era stata spuntata un'opzione, quella della
emergenza abitativa per gravi problemi di salute, la quale ORA mi
avrebbe permesso di essere passata al vaglio della famigerata
commissione. Mi congeda con la promessa di velocità di tempi.
Penso
che ormai la commissione abbia valutato, ma all'alba del 3 luglio
2015 non ho ancora ricevuto comunicazione.
Nelle mie peregrinazioni da donna troppo ricca per avere una casa popolare (ma secondo quali parametri, che sopravvivo con una pensione di invalidità e l’accompagnamento?) e troppo povera per potersi permettere un canone milanese, sento da un sindacato inquilini che da pochi giorni è stata stipulato un apposito canale per affitti concordati. Il progetto mi viene presentato come se ci fossero diversi piccoli proprietari che hanno concesso la disponibilità di alcune proprietà immobiliari. A fronte di sgravi fiscali, questi piccoli proprietari affitterebbero a prezzi concorrenziali.
Prendo nota del nome dell’Associazione che li raduna sotto la propria egida e mi fiondo a chiamarla per un appuntamento. Il fido blocco di documenti a dimostrazione del mio reddito da fame, ma non troppo, è sempre a portata della mia mano.
Una garbata signora mi risponde molto cortesemente: Reperisca, cara, un proprietario, lo convinca a concedere l’immobile a canone moderato a fronte di futuri sgravi fiscali, lo convinca anche a stipulare il contratto con la nostra assistenza (che costerà 75 euro l’anno) e vedrà che anche lei avrà la sua casa.
Il che tradotto significa: TROVI lei un alloggio, TROVI LEI che sia direttamente da proprietario E NON DA AGENZIA, LO CONVINCA ad aspettare che quei soldi che dovrebbe invece prendere da LEI SUBITO, gli tornino indietro sotto forma di sgravi fiscali chissà quando. Gli FACCIA a pagare una quota associativa, così da fargli fare il contratto.
Capisco giusto un paio di cosette: l’associazione Piccoli Proprietari non ha associati che abbiano concesso alloggi a questo scopo. Forse si aspetta che siamo noi poveri cristi a portar nuovi associati. A questi poveri cristi, che fanno il lavoro di competenza dell’Associazione, chiede pure 75 euro.
Temo che le menti geniali ideatrici di cotanto sistema siano quanto meno sganciate dalla vita reale. Se non ho mandato a vaffa quella signora è solo perché era molto gentile.
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