martedì 30 dicembre 2014

IL TEMPO CURA? NO

Dal 2007 mi occupo di studiare il fenomeno delle violenze di genere. Sono quasi 8 anni. In questi 8 anni mi sono accorta che esiste un prototipo di donna maltrattata, triste, abbattuta, incarognita, spaventata dai rapporti con gli uomini, quasi mai sorridente, sciatta, brutta dentro e fuori. Non è uno stereotipo. In quelle che ho conosciute, sono presenti almeno un paio di queste caratteristiche. Mi sono chiesta perché, invece, da ex maltrattata, sia invece sempre sorridente e serena nei rapporti interpersonali, compresi quelli con gli uomini. I miei amici (che sono pochi, almeno coloro che intendo come amici VERI), le mie conoscenze sanno che ho subito e, nonostante ciò, sorrido sempre e mi vedono libera: mi chiedono se il tempo guarisca le ferite. 

Cari amici, non è il tempo a guarire le ferite! E' il lavoro che si fa sul sé. 

A partire dal supporto psicologico di specialiste (fui seguita dalla psicologa del centro anti-violenza in modo personale per sei mesi, prima, poi fui inserita in un gruppo di auto-mutuo-aiuto di donne maltrattate moderato da due psicologhe dello stesso centro), passando attraverso la presa di coscienza indotta a forza della visione di ore ed ore di materiale televisivo, alla scrittura come terapia, al confronto costruttivo con altre GLOSS, allo studio di saggi sul femminismo, al corso Donne, Politica, Istituzioni seguito per 8 mesi presso l'Ateneo Bicocca di Milano, ai 3 mesi di terapia personale in un centro specializzato in recupero post trauma, alle interviste realizzate con Criminologi, Medici Legali, Procuratori della Repubblica, Avvocate di Genere, Psicologhe di Centri Anti-Violenza... 

Tutt'oggi, a distanza di tanti anni dall'evento traumatico, sento di essere ancora in cammino. E non è solo una metafora: la casa editrice Kimerik del mio CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, e i contatti che riesco a sviluppare coi Social, mi mandano in giro per l'Italia a fare testimonianza. Il 2014 è stato l'anno in cui è esplosa la mia attività pellegrina di testimonianza. Iniziata a maggio con un public speeching al Salone del Libro di Torino di fronte allo stand Kimerik, dove man mano che parlavo, si radunava un centinaio di persone, è proseguita a fine settembre in quel di Catania, al BUK, dove è giunta persino una coppia che aveva attraversato la Sicilia. Chi conosce i mezzi di trasporto pubblici e le strade di collegamento tra Agrigento e Catania, capisce che razza d viaggio hanno intrapreso pur di ascoltarmi. Il 25 ottobre presso la Cattedrale di Susa, durante la Veglia Missionaria, la mia prefatrice suor Margherita De Blasio ha voluto che portassi sul pulpito la mia testimonianza di riuscita di fronte ai credenti. Il Parroco della Cattedrale, Don Ettore De Faveri è direttore del periodico locale: ha desiderato entrare in contatto con me perché gli fornissi materiale da pubblicare. Ne è uscito un buon pezzo redatto dal giornalista Giorgio Brezzo su LA VALSUSA, di cui vedete la foto,
che ha creato curiosità e ha permesso di radunare parecchie persone interessate al tema durate la presentazione nella Libreria Panassi di Susa l'8 di novembre, di cui vedete il reportage. 

  

Sono da poche settimane tornata dall'ExpòLibri di Padova, dove mi è stato dedicato uno spazio apposito per il mio discorso. Qualche domenica fa sono stata intervistata al telefono da una criminologa, dottoressa Filomena Latronico, collaboratrice di una RadioWeb della Basilicata, RadioSenise Centrale. 
Filomena e il suo capo redattore, dottor Nicola Melfi, avevano creato un evento pubblico in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne e l'hanno trasmesso con la mia intervista in diretta. Ho sentito attraverso il telefono l'entusiasmo a suon di applausi da parte degli astanti. 

Sto per scendere a Bisceglie (BT), in Puglia, dove sarò ospitata da una comunità evangelica che mi sponsorizza pernottamento e viaggio: qui il 14 gennaio parlerò di fronte alla comunità e chiunque abbia voglia di partecipare! A marzo mi vuole in Lucania la stessa Radio Senise Centrale, che si occuperà di sponsorizzare la mia discesa. In primavera pare che tornerò a Catania, per altro discorso pubblico, questa volta organizzato da mecenati della città. Devo dire grazie a Facebook e all'incontro con la promotrice culturale dr.ssa IsabellaDi Liddo, se tutte queste opportunità sono state create affinché il messaggio di speranza raggiunga le donne ancora sotto maltrattamenti tra mura domestiche!

sabato 27 dicembre 2014

SMODATA VOGLIA DI SESSO

Mi si chiede spesso cosa intenda per sessismo, parola che taluni confondono con una voglia smodata di sesso. Proverò a rispondere senza madre Wiki, ma sulla base della mia ultra quindicennale esperienza di Art Director per decine di campagne pubblicitarie, spot tv, stampa, advertising stradale. E' proprio grazie a questa pregressa professionalità che ho potuto progettare la copertina del saggio CORPI RIBELLI - resilienza tra maltrattamenti e stalking. In più di tre lustri, per vendere un prodotto mai ho dovuto ricorrere al corpo umano, sia esso femminile o maschile. Talvolta ho lottato contro clienti ignoranti che sui calendari, accanto a copertoni per camion o ad un buon caffè, desideravano vedere foto di belle donne erotiche o addirittura nude. Ho combattuto anche contro quei clienti che volevano vendere reggiseni usando (perdonate la parola, ma in questo contesto è appropriata) usando il corpo femminile. Un bel corpo femminile. Fino ad arrivare all'estremizzazione della segregazione tra sessi, della discriminazione di genere tra individui. Qui il link al documentario girato dalla giornalista Lorella Zanardo, IL CORPO DELLE DONNE, che tanto fece discutere sui Media qualche anno fa e valido tutt'oggi. Dall'osservazione delle donne televisive, la Zanardo nota che le rughe vanno nascoste, come se la società odierna ci facesse vergognare di queste medaglie da portare con orgoglio sul nostro volto. Io mi sento ferita quando una donna viene usata per fare le gambe di un tavolo di plexiglass. Il corpo viene esposto per vendersi meglio e di più. Tornando alla pubblicità, l'uso del corpo è da evitarsi non per moralismo, ma perché la sua mercificazione è poco efficace dal punto di vista del messaggio. Poco pregnante. Affatto originale. Dice Annamaria Testa, famigerata copy degli anni migliori della comunicazione, nonché mia mentore, che, per giungere a segno, la pubblicità deve contenere alcuni elementi imprescindibili: essere reiterata, shockante, seduttiva. Ingaggiare con la mente dell'osservatore una sorta di sfida enigmistica, stimolare la ricerca di un significato, magari nascosto. Non v'è messaggio nascosto in un corpo nudo didascalico. Appaga dal punto di vista estetico e sessuale forse un certo strato di consumatori medio basso. Ma è inefficace per veicolare il prodotto verso il potenziale cliente, perché non ne parla in sé e non gli aggiunge valore. Da qui la sua inefficacia comunicativa. Sessismo è anche usare bimbe in sboccio e bimbi imberbi nelle sfilate di moda, travestendoli da adulti ammiccanti e desiderabili sessualmente. In un convegno B.A.C.A. del settembre 2010 dimostrai che esiste una correlazione diretta tra incremento degli abusi sui minori, pedofilia compresa, e l'aumento delle loro immagini eroticizzanti sui Media. La mia ricerca iconografica QUI. Per chiudere, invito chiunque ne abbia voglia a digitare su YouTube "sfilate per bambini" o "concorsi di bellezza di bimbi": troverete immagini che vi daranno pugni nello stomaco, Ma non di pedofili. Di padri e madri come noi. Il mostro vive nella porta accanto.

LE ALTRE NO

Uso Facebook come strumento di lavoro. Vi promuovo il mio saggio CORPI RIBELLI – resilienza tramaltrattamenti e stalking, sorta di manualetto pratico, agile, con rimandi e approfondimenti al web, non pietista, né voyeurista, nemmeno vittimista, proattivo, propositivo, femminista ma con un occhio al genere maschile, perché la violenza sulle donne è un problema degli uomini. Tante volte, anzi, ho raccolto testimonianze di uomini maltrattati dalle donne. Creo consenso attorno all'argomento, spesso incontro prima virtualmente, poi dal vivo, persone, donne e uomini, ma soprattutto donne, interessate all'argomento. Tante di loro sono impastoiate in situazioni di violenza familiare, sia fisica che psicologica, alcune stalkizzate da ex partner, poche ne sono già uscite, ma ancora ricordano le ferite. Alcune invece sono combattenti come me, agiscono professionalmente nell'ambito, chi impegnata come operatrice di centri anti-violenza, chi in azioni politico/sociali persino in parlamento, chi legalmente, chi medicalmente. Gli uomini coinvolti, invece, sono pochi: coloro che hanno subito, preferiscono non denunciare e dimenticare. Altri, (tre!) sono operatori come il Commissario Capo della Polizia Locale fondatore del Nucleo Tutela Donne e Minori, o il Criminologo Clinico che ha attuato un programma di recupero per Sex Offenders già condannati, in carcere ad espiare la pena, o ancora l'ex Carabiniere, oggi Investigatore Privato, che fu il primo ad attuare l'arresto di un pedofilo in Italia. Più i B.A.C.A., uno stuolo di Motociclisti che si è assunto l'incarico di tutelare i minori abusati, che fa gruppo a sé perché la loro missione è palese. Mentre gli uomini in generale, (e le donne B.A.C.A.) accettano volentieri tag da parte mia per essere aggiornati, le altre donne NO. Tutte le altre donne, senza distinzione tra vittime e operatrici. Potrei capire le vittime, in quanto tutt'ora sotto violenza, non vogliono attirare le attenzioni del picchiatore/violentatore/stalker su di sé. Per queste ultime è prassi normale che mi cancellino dalle loro amicizie. Ma le operatrici, siano esse volontarie, o professioniste affermate, giornaliste, parlamentari, avvocate, psicologhe, non si fidano. Non vogliono tag. Non leggono. Non commentano. Per correttezza, non faccio nomi. La giornalista impegnata contro le violenze di genere non vuole essere taggata nelle mie note. Eppure ha gradito che le inviassi il mio saggio, ovviamente gratis. La parlamentare addirittura un giorno recente, mi contattò in pvt per chiedermi spiegazioni sulle mie posizioni secondo lei contraddittorie. Da una parte, avevo commentato favorevolmente ad una sua osservazione circa la lotta contro le violenze maschili sulle donne, dall'altra avevo commentato pure favorevolmente il post di una comune amicizia, una donna illustratrice, che prendeva posizione contro la violenza femminile sugli uomini. La parlamentare non capiva come potessi azzardarmi a cotanta contraddizione. Mi chiese persino, con malcelata arroganza, CHI FOSSI IO, da che pulpito parlassi, quando in realtà è scritto dappertutto, non solo sul blog, non solo sul libro di cui le avevo fatto omaggio, ma persino sulla Rete. Qui le mie motivazioni che le argomentai. Capisco che una donna possa essere impegnata a tal punto da non poter leggere un libello di 100 pagine (solo due sono dedicate alla mia storia personale), ma diffido da chi non assume informazioni prima di aprire bocca. Quanta amarezza quando si scopre di lavorare per le donne e poi coglierne la diffidenza, se non addirittura l'opposizione! In occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, 25 novembre, sono entrata in contatto con una sociologa residente qui, nella cittadina dove vivo nella bassa bergamasca, tramite un giro che è partito dalla bibliotecaria, passando attraverso un'assessora. Prima di parlare con lei, ho condotto una ricerchina sul web. Ho trovato il suo blog, con pensieri personali, curriculum strepitoso, studi, carteggi, pubblicazioni varie, corsi. Ho capito di trovarmi di fronte ad una studiosa seria ed eccelsa che aveva fatto del femminismo il suo stile di vita. L'ho contattata dapprima via e-mail, spiegandole in breve come avessi fatto a reperire i suoi contatti. Mi ha chiamata con fare sospettoso. Chi ero io, da poco rientrata in quella cittadina, da ottenere così tanta attenzione dalle istituzioni, mentre lei, sessantenne, impegnata da circa una quarantina di anni, non ne aveva mai ottenuta? Molto modestamente gliel'ho spiegato anche a voce. Le ho offerto il mio saggio gratis, che sarei stata onorata di depositarlo direttamente nelle sue mani. Mi ha detto di lasciarlo in un dato posto, perché non aveva tempo di ricevermi. La classe. In seguito, proprio l'assessora che stava creando un evento nella cittadina per il 25 novembre, proprio con la studiosa ed un'altra, psicologa operatrice di un centro antiviolenza di Bergamo, si è stupita della mia intraprendenza. Volevo donare anche a lei il mio saggio. Mi ha ricevuto frettolosamente nell'atrio del comune, trattandomi con sufficienza. Quando ci siamo congedate, manco mi ha salutato. Durante l'evento da lì a pochi giorni, con larga partecipazione maschile, ho preso parola nell'assemblea e mi sono presentata. Ho raccontato la mia storia di dolore e di resilienza. Tutti hanno taciuto, le tre relatrici comprese. Le avevo rapite. Al termine, mi hanno battuto le mani, piacevolmente sorprese. Poi le due che avevano già avuto contatti con me, si sono scusate. L'assessora mi ha lasciata con la promessa di un evento nella primavera 2015. Tre anni fa avevo un altro account su Facebook, eccolo qui, attivo ma impossibile per me accedervi, perciò NON chiedetemi l'amicizia, con cui gestivo un gruppo segreto di donne maltrattate, detto GLOSS, acronimo di Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking. Questo il video che realizzai anni fa per presentare il gruppo. Click qui per vederlo. Ci piaceva pensarci scintillanti o perché curate nell'aspetto per risollevare l'autostima, o perché lucidate a suon di botte. Ne ero amministratrice e, in quanto tale, DOVEVO garantire loro la privacy, quindi, prima di farle accedere, le intervistavo o dal vivo o via Skype. Nel gruppo, che riuniva maltrattate ed operatrici professioniste dell'ambito, le donne avevano libertà di espressione, raccontavano le loro esperienze senza sentirsi giudicate, ma casomai ascoltate da orecchie pensanti e formate. Spesso traevano ispirazione e fiducia da quelle che, prima di loro, ne erano passate attraverso. Io ne ero la moderatrice. Tra di loro, ne ricordo in particolare due, con atroci storie personali e una terza, operatrice volontaria in un centro. Una, sarda, sulla trentina, aveva subito stupri ripetuti dallo zio e dagli amici di questo zio, che ne ricavava compensi. Mai denunciati, mai entrata in cura da specialisti. Le permisi di fare parte del gruppo dopo averla intervistata via Skype. La seconda, del Trentino, sui 35, era stata stalkizzata due volte dallo stesso uomo, che “per amore”, la costrinse a perdere non solo la sua attività artigianale, ma finanche tutti i suoi averi. Ne scrisse un libro, che ho acquistato volentieri e ho letto. Ebbene, la sarda approfittò di una mia debolezza di salute (entrai in coma) per inventarsi che le avevo conferito la delega di gestione del gruppo. Ne fece scempio, giudicando e criticando le poverette. La seconda, la vedo ancora su Facebook cercare consenso tra donne. Ma non lo ottiene. Ogni volta inveisce contro, sentendosi rifiutata. La terza, invece, l'ho ritrovata un paio di giorni prima di Natale su Facebook gestire una pagina che promuove le tematiche femminili. Con un post mi sono fatta riconoscere, riuscendoci. Le ho proposto di scambiarci nuovamente l'amicizia. Ha declinato.
Morale: siamo state così a lungo vituperate, schiacciate, annientate, disabituate a lottare unendo le nostre forze, che ci guardiamo persino tra di noi con sospetto. Ma io non desisto. So che ci sono donne che hanno voglia di rimboccarsi le maniche per fare del bene. Le cerco e le trovo!

Grazie a Dio, e non è solo un modo di dire.

venerdì 26 dicembre 2014

REGALI AI TEMPI DELLA CRISI

Non una economista. Non sono sociologa. Non sono psicologa. Non sono antropologa. Sono solo una filosofa e pure mancata. Però vorrei meditare ugualmente sulla crisi economica partendo dalla constatazione che quando c'è carenza di pecunia, gli animi si convertono alla negatività declinata in ogni senso. C'è chi rincorre il sogno del consumismo indebitandosi con rate a scadenza illimitata. C'è chi si isola. C'è chi non fa regali né li attende. C'è chi picchia i figli. C'è chi abbandona un cane. Chi litiga col proprio partner, rinfacciandogli di non essere in grado di mantenere la famiglia. Chi ammazza la moglie. Ecco. Come se la colpa della crisi economica sia dovuta a chi ci circonda e, invece di stringersi e consolarsi negli affetti, proprio contro loro ce la prendiamo. La crisi ha colpito anche la mia famiglia e me stessa. Siamo una famiglia già duramente massacrata nella salute, mio padre mancò per un cancro durante la mia convalescenza da un grave intervento alle anche. Io fui pestata a sangue dall'uomo in cui avevo riposto tanta fiducia da desiderarne persino un figlio. Mia mamma è invalida da una quindicina di anni, dopo un ictus. Mio fratello invalido a seguito di grave incidente d'auto. Mia figlia, seppur guarita da malattia gravissima, porta ancora i segni del ritardo psicomotorio. Pur ingegnandoci con tutti i mezzi, nessuno di noi riesce a guadagnare, ma sopravvive grazie alla pensione. Anche senza soldi, abbiamo festeggiato il Natale con dignità e tanta voglia di vita. Mamma ha dato fondo ai suoi risparmi per farci regalini affettuosi. Mio fratello ha dipinto un quadro per mamma. Io ho scritto loro delle lettere per loro e per me. Sebbene molto personali, sebbene non mi abbiano autorizzato a pubblicarne il contenuto, voglio condividerne qui alcuni passaggi meno privati allo scopo di propagare buoni sentimenti, valori e resilienza, troppo spesso dimenticati.
Parlando a mio fratello, ho ricordato la sua ricerca autodistruttiva, citando la parola DISGRAZIA. Ho fatto ricerche etimologiche sulla parola e ho trovato quanto segue:
In ogni parola che comprende DIS indica separazione, scissione (come disonore, disdetta, disamore o distruzione) e, in ambito medico, anche anomalia (come distrofia o disfunzione). Quasi tutte le parole che iniziano con questo prefisso hanno una connotazione negativa.

Pensiamo alla parola “disgrazia”: il suo intimo significato è: separazione dalla grazia. “Grazia” deriva dal latino “gratus”, che significa “grato”. Dunque, semplicemente, siamo disgraziati quando non siamo grati. Quando siamo separati dalla gratitudine. È molto importante capire il potere intrinseco (e magico) di questo sentimento, imparare a praticarlo, includerlo nella nostra vita quotidiana… per non essere disgraziati.
I risultati di questa ricerca mi hanno fatta meditare. Anche io sono senza grazia perché non ringrazio mai abbastanza. Quindi lo farò di più. Cominciando dai miei cari.
Parlando a mia Mamma, ho aggiunto qualche parola sui suoi talenti che, oltre a quello di essere MAMMA, è quello di essere stata una femminista ante-litteram. In anni non sospetti, prima del fiorire del femminismo, portò te stessa e una sua amica in auto a visitare tutta Europa! Grazie alle loro conoscenze linguistiche, inusitate per l'epoca specie nel nostro Bel Paese, che, per quanto bello, resta sempre provincialotto, esse, italiane, ITALIANE! giovanissime, indipendenti nel denaro, e senza uomini al loro fianco, si sono lanciate in un viaggio on the road. Tengo a mente il suo esempio ogni volta che in viaggio scopro difficoltà non programmate e mi do forza grazie a lei. Durante la visione di un film, parallelamente al protagonista ebbi una illuminazione. In una frazione di secondo perdonai a mia Mamma quei momenti della vita passata da me vissuti male con lei, come le vessazioni cui credevo di essere stata sottoposta durante la mia vita e di cui oggi invece le sono grata. La perdonai perché avevo appena perdonato me stessa del bisogno di primeggiare.
Oggi sono felice perché la parola d'ordine di questo Santo Natale è, finalmente, perdono. Con l'augurio che le mie meditazioni siano fonte di ispirazione per tutti.
Buone Feste!

giovedì 18 dicembre 2014

VIOLENZA SUGLI UOMINI

In queste ultime settimane, si è sentito tanto parlare sui Social della STRANA vicenda di un giovane e belloccio attore televisivo che non conosco (ah, i vantaggi di aver gettato la TV due anni fa), il quale sarebbe incappato nella disavventura di essere violentato da una donna. Condizionale d'obbligo, perché non conosco gli eventuali sviluppi giudiziari della vicenda e non mi interessa approfondire qui. Il mio obiettivo è altro. Il belloccio, dopo la violenza, se ne è lamentato sui suoi Social, ma si è visto vittimizzare, come spesso accade alle donne in Tribunale, o presso i Servizi Sociali, o al momento della denuncia presso le FFOO. 

Solo che qui non si è trattato né di Tribunale, né di Servizi Sociali, né delle FFOO. Si è trattato dei Social, ormai assurti a Tribunali Pubblici dove chiunque si sente investito della funzione di pontificatore. Di conseguenza, il personaggio pubblico ha pagato lo scotto dello sfogo con una ulteriore vittimizzazione. Ma con una differenza: lo è stato DI NUOVO proprio dalle donne. Sorpresa? No. 

Il codice genetico umano contiene il messaggio della violenza. Poi siamo noi cittadini, educati al buon senso comune, dalla chiesa, dalla civiltà laica, che dobbiamo attivare i filtri anti-violenza nel rapporto con l'altro. Ciò che sorprende invece, è la qualità dei commenti che il giovane ha ricevuto da parte delle “signore”, obbligatoriamente virgolettate. Del tono: Ecco, ora sapete anche voi maschi cosa significhi subire violenza! O anche: Sei bello! Cosa ti aspettavi? Oppure: Invece di godertela, piangi! Frocio! Altre ancora: Così la paghi per tutte le donne che hanno subito!

Come se un individuo, indipendentemente dal sesso e dall'età, debba necessariamente subire ingiurie psicofisiche di chichessìa, per il solo fatto di essere dotato di un aspetto gradevole. Come se la persona in questione, per la sola “colpa” di appartenere al genere maschile, vada additata come capro espiatorio. Come se... e potrei continuare. Mi fermo qui perché desidero esporre una tesi e sostenerla. 

La tesi è che si sono smarriti i valori fondanti del rispetto reciproco e della comunione di spirito. 

Oh sì, sarebbe facile tacciarmi di moralismo. Non è moralismo, è buon senso, buona educazione, buone consuetudini, cancellate dagli smartphone. Attorno a questa tecnologia, voglio spendere un paio di considerazioni. Essendo stata costretta per necessità economiche a vendere l'auto (ma ne sono ben felice), viaggio solo coi mezzi pubblici cittadini, spesso anche in treno tra una città e l'altra. Ne traggono beneficio ben due elementi fondanti della mia vita: la lettura e la socializzazione. Su tutti i trasporti assisto all'inverecondo spettacolo di persone piegate sui propri smartphone, annullando l'attimo in cui vivono, pur di restare in contatto con realtà ALTRE. 

Poi c'è chi si domanda perché siamo tristi. Perché, nonostante la situazione politico economica del nostro amato odiato Paese, non scoppi la rivoluzione. Perché NON CI SI PARLA PIU'! Si condivide solo sui Social! Anch'io in questi ultimi anni avevo ceduto, lo confesso. I Social per me rappresentano un'opportunità di lavoro che sto cercando di sfruttare al meglio. Ma quando sono in compagnia, a pranzo, a cena, in palestra, SPENGO/STACCO. Addirittura, se viaggio, preferisco l'approccio con gli sconosciuti piuttosto che restare impastoiata nello smartphone! E sempre, ribadisco, SEMPRE trovo persone disponibili a chiacchierare, aperte all'altro, si stupiscono di come sia facile condividere dal vivo! Temo di aver individuato perciò la causa della perdita dei valori fondanti del rispetto reciproco e della comunione di spirito proprio nell'estremizzazione dell'utilizzo di smartphone. Il fatto che tutti vogliano socializzare su Facebook, nessuno più nella vita vera, porta solo alla disperante solitudine, alla paura dell'altro, alla mancanza di autostima, allo svanire del rispetto reciproco tra individui. 

Da qui alla violenza verbale è un passo da formica, a quella fisica manca poco. Impariamo a staccarci dagli smartphone, ad aprirci all'altro. Vedremo migliorare le nostre vite, anche se in piccolo. Ma le grandi rivoluzioni, come la felicità, hanno i loro semi nelle piccole cose.


domenica 14 dicembre 2014

VIZIO DI CREDIBILITA'

Questo è un tema che mi brucia la pelle e il cervello e la vagina. Voglio partire dal concetto di MERITOCRAZIA per giungere a quello di CREDIBILITA', entrambi virati al femminile. Siamo in un paese che ha fatto del demerito il merito. Perciò parlare qui di meritocrazia non ha molto senso. Eppure per formazione e per esperienze professionali in ambiti internazionali, (multinazionali americane nel settore dell'Advertising), sono maturata a Pane&Meritocrazia. Quindi quando ho sbattuto contro il fantomatico e sempre negato (dagli uomini) SoffittoDiCristallo, pativo lo sbalordimento in modo eclatante. Se a questo regime anti-meritocratico, la nostra Società vi aggiunge la misoginia, così ben alimentata dai regimi politici del II ventennio, ecco che la figura della donna ne esce massacrata. Per inciso, aborro le nuove ragazze che si dichiarano anti-femministe. Oggi ce n'è ancora bisogno, forse più di prima. Ma non è di questo che voglio parlare. Voglio mettere in luce certe strategie attuate dalle donne stesse quando denunciano un maltrattante, ricorrendo all'espediente di inserire nella querela termini come pedofilia, stalking, abuso su minore o altre amenità in linea col codice penale. 

Fossero situazioni vere, e in molti casi lo sono, non ci sarebbe nulla di male, anzi. Mai vergognarsi degli abusi subiti da sé o dai propri figli. A vergognarsene, casomai, saranno i sex offenders. Ma alcuni casi, pochi, per fortuna, sono costruiti su falsità architettate ad hoc, allo scopo di ottenere attenzione dai Magistrati o addirittura aggravamenti di pena. Mi sono imbattuta io stessa in un paio di queste deplorevoli manovre. 

Una fu quella studiata da una donna medico, operante nel reparto pediatria di un ospedale della prima cintura milanese. La signora, avvenente battagliera e combattiva, di classe, con portamento altero, dall'elevato livello di telegenia, lamentava che i Servizi Sociali le avessero sottratto il figlio avuto da uno stimatissimo collega con cui si era maritata anni addietro. Riuscì persino ad ottenere ospitate in TV nei programmi più seguiti del momento, dove giornalisti, conduttori e pubblico erano stati empaticamente conquistati dalla sua veemenza, dalle sue lacrime, dalla compassionevole vicenda. Se ne facessi il nome, sono certa che la si potrebbe ricordare. Sosteneva garbatamente le accuse di pedofilia contro l'ex marito, senza mai scadere nel triviale o morboso. Aveva ottenuto la tutela legale da noto Avvocato, reso famoso dalla politica e da casi spesso in TV. Diceva che un primo Magistrato era stato manovrato dal marito e che detto Avvocato era riuscito a trasferire la causa sotto altra giurisdizione. Diceva che il secondo Magistrato aveva ordinato delle perizie solo a suo carico e non a carico del marito. Con me personalmente, sostenne che persino gli avvocati furono prezzolati da questo marito potentissimo. Cercò di dimostrarlo con fasci infiniti di documenti cartacei, che, per la lunghezza e per il metalinguaggio in cui erano scritti, ero incapace di decifrare. Perciò li inviai ad avvocato esperto in materia di Diritto di Famiglia. Il quale ne dedusse che la signora era stata accusata di essere connivente con gli approcci seduttivi (solo approcci! Solo tentativi di seduzione! Mai fu clinicamente dimostrata alcuna violenza sul bimbo) e, prima di decidersi a denunciare, di averli tollerati a lungo, un paio di anni, pur di non perdere il prestigioso status quo che la vita con il marito le garantiva. Il marito stesso ammise di aver compiuto avvicinamenti di atti libidinosi sul ragazzino fin da due anni prima, astenendosi dal compierli. Le perizie sul minore confermarono la tesi del padre. Ma l'accusa contro la mamma fu confermata dalla durata del suo stesso silenzio. In conclusione, il Magistrato decretò l'allontanamento del Minore da entrambi, per la sua stessa tutela. Lo desunse dai documenti anche il Commissario Capo del Nucleto Tutela Donne e Minori della Polizia Locale di Milano, Dr. Ruggero Cagninelli, con cui lavoravo segnalando casi di maltrattamenti. Mi mise in guardia, dicendo: Non devi credere a tutte le donne maltrattate! Aveva ragione.

Un'altra situazione cui sono venuta a conoscenza, in maniera indiretta però, è quello di un uomo sulla quarantina così vessato da una bella ragazza dell'Est, con cui aveva avuto una breve relazione d'amore, da aver non solo perso tutti i capelli, ma persino da aver contratto ulcere peptiche e duodenali, certificate. Ebbene, la donna avvenente e curata, per chiudere il rapporto in bellezza, gli chiese del denaro, cosa che lui si rifiutò di fare. Pertanto, pur di ottenere lo scopo, non solo la donna iniziò uno stalking efferato, lucido, penetrante a tal punto da perseguitarlo persino negli ambienti di lavoro, ma lo querelò per atti di stalking! 

In sede processuale, l'uomo dovette dimostrare di essere lui la vittima, perché tutti credevano all'affascinante donna. Alla fine di un lungo percorso processuale e peritale, il poveretto ne ottenne la condanna. Ma la cronaca continua a riportare notizie circa nuove vittime mietute dall'algida ragazza. Una stalker seriale che la condanna non è riuscita a stoppare. 

Purtroppo, lo smascheramento non è immediato. Occorrono mesi di indagini, interrogatori e perizie prima di scalfire la crosta di bugie. Ma quando la verità viene a galla, i Mass Media ne danno così tanto spazio da incrinare ulteriormente la già vacillante credibilità del genere femminile. 
L'atteggiamento corretto che gli esimi giornalisti dovrebbero recepire ed applicare è che, se da una parte sia apprezzabile mettere in luce la vera e propria frode, dall'altra andrebbe sottolineata che trattasi di casi isolati, e non della norma. 

La norma è che dove c'è una donna maltrattata, c' è anche un minore abusato. Il sensazionalismo paga, sì, non solo gli Editori, ma alla lunga anche i maltrattanti. Le donne ne scontano lo scotto peggiore, perché sempre meno credute in quanto genere in sé, non in quanto individuo da tutelare. Bene lo sanno i B.A.C.A., acronimo di Bikers Agains Child Abuse, che seguono casi di bimbi abusati - e le rispettive mamme -  in tutto il mondo.

sabato 13 dicembre 2014

UNA DOMANDA

Si dice che il male torni sempre indietro. Mai che si parli del bene. Dal canto mio, sono convinta del contrario. Lo dice la mia storia, che trovate qui a latere. Tuttavia capita che rimanga perplessa. Circa un paio di mesi fa, presa dallo sconforto tanto da sentirmi come colui che è voce che grida nel deserto, scrissi quanto segue per una situazione che ha colpito una donna a cui fui accomunata per 15 gg della mia vita. Non faccio nomi né riferimenti, per rispettarne la privacy. Sono fatti gravissimi, che coinvolgono anche 3 minori. Questa donna fu perseguitata dal marito per anni.
Fu stabilito dalla Legge che lei ne fu connivente.
Il marito, ormai ex, era già stato condannato per ricettazione. Lei l'ho coprì sempre.
Hanno avuto 3 figli. L'uomo li seviziava e ne abusava. Anche in questo caso lei l'ho coprì sempre.
La chiamerò Giovanna.
Giovanna ci stava male in entrambi i casi. Così, un giorno decise di venirne fuori e di denunciare. Ne succedettero anni bui, durante i quali Giovanna temeva le ritorsioni dell'animale per i suoi figli e per se stessa.

Perché recuperasse la sua dignità di madre, seguì un percorso di genitorialità. Fu anche aiutata ad un primo inserimento lavorativo in un'azienda delle vicinanze con un contratto a termine.
Arrivò il processo contro l'ex che vide lei e i minori testimoniare gli abusi subiti. Furono anni pesanti per la donna, piena di dubbi, ansie, pentimenti, autoflagellazioni. Certe ferite non guariscono mai. Sono ravvivate ogni volta che se ne parla.
Ma tutti e quattro, i figli e Giovanna, strinsero i denti e andarono avanti, supportati dalla comunità di religiose che li ospitarono per qualche tempo, confortati dal lavoro, sebbene di natura temporanea.
Infine, il bestia, (lo so, è un essere vivente anch'egli, ma in questi casi non sono capace di compassione), fu condannato a quasi 15 anni un paio di anni fa. Ne furono tutti felici, me compresa, perché si trattò di una condanna esemplare. Giovanna e i suoi figli ripresero una parvenza di normalità: si ritrovarono finalmente riuniti nel piccolo appartamento che il nuovo lavoro, seppur precario, poteva garantire a Giovanna ed iniziarono una dimensione di vita a loro sconosciuta, fatta di serenità e tranquillità.

INVECE NO.

Il bestia proprio il mese scorso ha ottenuto la libertà per buona condotta, senza essere stato clinicamente trattato, come nei tre poli carcerari di Milano di norma si applica a sex offenders come lui..

UNA DOMANDA.
O forse più d'una.

Gli hanno conferito libertà per buona condotta. Per andare ad abusare nuovamente dei figli? Per pestare la sua ex? Per tornare a delinquere? Per vendicarsi delle persone che hanno tutelato i suoi bimbi e la loro madre?
Ora questa donna, Giovanna, sconvolta dalla notizia, ha perso il lavoro, ma non l'ha più cercato. Vive nello sfacelo di una casa mai pulita e se ne accontenta? Teme per la sua vita quella dei bimbi e la vita delle persone, religiose, che li aiutarono. E non se ne va?
Io, come posso aver fede nelle FFOO, nella Giustizia, in Dio? Noi che possiamo fare? Mi sentivo colui che è una voce nel deserto, senza risposte, senza riscontri.


Ma stamane sono tornata a Messa. Ho sentito sia la lettura del Giovanni Battista, colui che grida nel deserto (Vangelo secondo Giovanni, 1,6-8.19-28). E anche la voce del Profeta Isaia (61,1-2.10) che gioisce pienamente nel Signore. Ho meditato a lungo sulla parola: entrambi sono testimoni della grandezza di Dio. Man mano che procedevano le letture, mi risollevavo. Giovanni in sintesi disse: “Non sono io la luce, ma uno che ne dà testimonianza”. Isaia disse “Invece della vostra vergogna, riceverete il doppio/invece della confusione, esulterete di gioia;/nel vostro paese erediterete il doppio, vi sarà per voi una letizia eterna. Perché io, il Signore, amo la giustizia, odio la rapina e il crimine”. A me è successo e sta succedendo così. Mi sono ribellata e ne sono uscita. Ad una donna che conosco da poco, l'ho incontrata prima via Facebook, poi dal vivo a Torino venerdì scorso e ne ho ascoltato le confidenze specialissime di salvezza dalla mani di un ex fidanzato che fu sul punto di strangolarla, è successo parimenti. Si è ribellata e ne è uscita. Prego perché anche Giovanna ritrovi la forza ed il coraggio. Non demordo: per lei continuo la mia opera di faro contro i maltrattanti. Ecco cosa posso fare io. Tu, cosa puoi fare?

giovedì 11 dicembre 2014

VIOLENZA ASSISTITA

Il post di oggi vuole sparare un faro sulle violenze assistite. Infatti, ogni volta che una donna viene maltrattata in ambito domestico di fronte alla prole, pure questa subisce violenza, con tutte le conseguenze psicologiche facili da immaginare. Lo sanno bene i miei amici B.A.C.A., acronimo di Bikers Against Child Abuse, motociclisti, spesso Harleysti, tatuati, brutti, coi giubbotti di pelle nera, ma dall'animo grande, che, in altri Paesi più avanzati del nostro, sono ammessi persino a testimoniare nei processi contro gli abusanti. Ad una delle loro conferenze fui invitata come relatrice per evidenziare la correlazione diretta tra aumento della diffusione di immagini di minori sui Media (ad esempio YouTube) e l'aumento di fenomeni odiosi come la pedofilia o la pornografia infantile. Un argomento a me confacente non solo perché donna maltrattata, ma anche perché madre di una piccola, che all'epoca aveva solo poco più di un anno, ma soprattutto perché per 17 anni free fui Art Director impegnata a creare Immagini Forti ed Efficaci (in metalinguaggio: Visual) allo


scopo di vendere prodotti. In quest'ultimo campo, mai ho dovuto impiegare il corpo di un soggetto nudo per vendere copertoni di camion (sono contro la mercificazione dei corpi), nemmeno mai lo dovetti fare persino per un reggiseno (lo trovo troppo didascalico e scontato). In preparazione all'evento, mi accinsi ad una ricerca su YouTube che credevo sarebbe dovuta essere minuziosa, perché pensavo che non avrei reperito materiale. Tutt'altro! Una volta individuati due filoni (sfilate moda e concorsi di bellezza) i miei occhi furono atterriti da ciò che vedevano. Orde di bimbi oggettificati, bimbe in tacchi alti e costumini due pezzi con reggiseni imbottiti, maschi costretti a fare i machos, fanciulle agghindate con cappellini e velette e guantini sexy, bimbetti con scarpe troppo grandi per enfatizzare la loro piccolezza, bambine truccate e con parrucche per un migliore effetto bambola, fanciulli con imbottiture nei pantaloni, ragazzine con imbottiture nelle guance e in corrispondenza di seni inesistenti. Qui il prodotto della mia ricerca: RECRUDESCENZA DELLE VIOLENZE SUI MINORI. Lo presentai all'assemblea dei B.A.C.A., accorsa alla proiezione. Li avvisai che avrebbero ricevuto un pugno nello stomaco. Qualche risolino sfuggì loro, della serie: A noi nulla turba. Alla fine della visione, mi avvicinarono due fra i più agguerriti e mi dissero che erano sconvolti, soprattutto per l'effetto: amici della porta accanto. Il mio obiettivoera sensibilizzarli circa questo messaggio: noi tutti genitori, SIAMO COLPEVOLI. Infatti l'avevano colto benissimo. Inconsapevoli di alimentare il mercato della pedopornografia infantile, solo perché, giustamente orgogliosi dei nostri piccoli, li esponiamo sui Media, li mandiamo a fare sfilate di moda, li iscriviamo a concorsi di bellezza. Ma la cosa più grave non è che li riprendiamo, ma che pubblichiamo questi innocenti video e fotografie sui siti come Facebook o YouTube, senza controllo della privacy. Così che ogni malintenzionato ne possa avere accesso ed usarli ai propri nefasti scopi. Alla lunga, ciò che alimenta la violenza sui piccoli, è la continua e costante esposizione dei loro corpi mercificati, come fosse cosa buona e giusta. Da lì alla violenza e all'abuso il passo è breve. Dire che si sono persi i valori fondanti della nostra Società è una banalità nella quale non voglio permettere che queste riflessioni scadano. Ma invito tutti, nessun escluso, al rispetto dei propri figli, a lasciarli ancora nella loro innocenza. Ciò non toglie che ne dobbiamo essere orgogliosi, ma suggerisce di evitare di mandarli a sfilare, moda o bellezza che sia, e se proprio non possiamo farne a meno, riprendiamoli pure, però teniamoceli per noi questi meravigliosi ricordi. Non è moralismo: è lotta preventiva contro gli abusi sui minori.

mercoledì 10 dicembre 2014

LA VIOLENZA VA COMBATTUTA A PRESCINDERE

Fui vittima di violenza. Ci ho messo quasi 8 anni ad uscirne. I primi sintomi di guarigione furono ravvisati dalle psicologhe del Centro Anti Violenza dove mi recai per farmi sostenere. Dapprima, mi seguì personalmente una loro psicologa, tra le fondatrici del Centro. Costei mi accompagnò sul cammino della terapia individuale per 6 mesi circa. Quando mi sentì pronta al passo successivo, mi inserì nel gruppo di AutoMutuoAiuto tra una trentina di donne maltrattate, passando la mano alle due colleghe che lo moderavano. Dopo circa 3 mesi, le psicologhe proposero un tema di riflessione, riguardante il nostro rapporto con gli attuali partner, se fosse condizionato dalle violenze precedenti e in che modo. In diversa misura, tutte le presenti affermarono che dentro di sé serpeggiava il timore che il passato potesse ripetersi, sebbene il compagno del presente fosse degno di fiducia. Le ferite dell'anima sono le più difficili da guarire. Quando fu il mio turno, presi spunto dalle loro stesse parole e dissi: E' comprensibile che si abbia timore della violenza, specie se perpetrata dalla persona in cui riponemmo speranze e fiducia. Ma è anche vero che nell'uomo è insito il gene della violenza, perché, assieme al bonobo, è la sola specie animale che ammetta l'uso del genocidio per sottomettere gli altri individui. Poi sta al singolo individuo recepire gli insegnamenti che gli arrivano dalla collettività circa il buon vivere civile, applicandoli come filtri nei rapporti interpersonali. Pertanto, se vogliamo combattere la violenza, la prima cosa è riconoscerne la presenza.
Ci fu un attimo di silenzio tombale.

Poi, esplose una delle ex maltrattate e mi inveì contro, con parole che non dimenticherò mai.

TU SEI PAZZA! IO NON POTREI MAI FARE DEL MALE NEMMENO AD UNA MOSCA! LA VIOLENZA E' NELL'UOMO, MA NON NELLA DONNA! RIPETO, TU SEI PAZZAAAA!!!

Proprio chi profferiva queste parole, mi stava aggredendo. Tacqui per non alimentare la sua veemenza, pur essendo sconcertata. Avrei lì per lì voluto replicare che è vero, gli uomini ammazzano e le donne no, ma lo ritenni così palese da risultare pleonastico. Ero allibita, anche perché, tutte le altre 29, a ruota, mi attaccarono. Forse meno veementi, d'accordo, ma sempre aggressive e violente.
Finito il consesso, le due psicologhe mi presero in disparte e mi dissero: Tu puoi anche non venire più agli incontri, perché sei guarita.



Negli anni a seguire, volli documentarmi, imparare, soprattutto ascoltando gli ALTRI. Donne maltrattate, ancora sotto picchiatore. Esperti legali o medici, come il Nucleo Tutela Donne e Minori della Polizia Locale di Milano, nella persona del commissario capo Dr.Ruggero Cagninelli, che ne fu il fondatore, ora trasferito perché ne possa avviare altri. O come la Medicina Legale, perché se non muoiono ammazzate, queste donne restano invalide nel corpo o nella mente. Il CIPM, un organismo interdisciplinare capitanato dal Prof. Paolo Giulini, criminologo clinico, che si occupa di trattare i sex offenders imprigionati nei tre poli carcerari di Milano, non perché siano migliori delle vittime, ma perché sono recidivi e seriali. Una volta tornati in libertà, infatti, potrebbero tornare a colpire nuove vittime. Il Procuratore della Repubblica Pietro Forno, autore del famigerato Protocollo Forno per l'immediata messa in sicurezza della donna maltrattata. E tanti tanti uomini, sorprendentemente tanti, che avevano subito violenza da parte di una donna. Violenza psicologica. Uomini che hanno subito così tante vessazioni e persecuzioni da ammalarsi chi di ulcera, chi di alopecia precoce, chi di depressione.
Ma almeno sono vivi!
La violenza non ha genere e va combattuta. Comunque!

giovedì 4 dicembre 2014

QUANTI DONI GRANDI!

La mia esperienza salvifica si concentrò in una cittadina posta all'ingresso della Val Di Susa, nei primi mesi del 2008. Fui salvata da Enti Statali (FFOO) e Religiosi (Casa Madre Bambino Il Mandorlo, diretta da Sorella Margherita De Blasio). Quest'angelo misericordioso, suora francescana, ha subito creduto in me e nella mia missione. Mi incoraggia. Prepara incontri. Crea rete. Organizza eventi. Come il discorso che ho tenuto sabato 25 ottobre 2014 in Cattedrale, a Susa, in occasione della Veglia Missionaria.
Pare che la mia testimonianza sia stata a tal punto apprezzata dal Parroco Don Ettore De Faveri, nonché Direttore del periodico locale LA VALSUSA, da aver desiderato pubblicare il mio discorso.Già ero gioiosa perché questo Parroco non solo aveva compreso e perdonato l'utilizzo da parte mia di un termine non esattamente apporpriato (vedi sotto), ma anche consentito a mia figlia di parlare al microfono dal pulpito. Nel suo ritardo psicomotorio, la piccola profferì parola solo dopo i 5 anni, quindi, avendone oggi 8, si può immaginare quanto le abbia fatto piacere! Scesa dall'altare, diceva a tutti, la felicità nello sguardo acceso: Ho sentito UNA voce...Stellina, era la sua!Nonostante la mia testimonianza sia esordita con una strana ammissione in chiesa, (cit: Sono miscredente), il Parroco ha manifestato amore e accoglienza verso di noi. Negli anni della mia adolescenza ero stata così cattolica e praticante a tal punto da arrivare vergine al mio primo matrimonio, (dopo il divorzio, divorziai anche dalla chiesa), quindi chiedo perdono per essermi apparsa appropriata QUELLA espressione infelice in QUEL contesto.Più che miscredente, direi che divenni agnostica. Ma durante la mia testimonianza alla Veglia Missionaria, usai MISCREDENTE per risaltare di contrappasso i miracoli, segni forti nella mia vita, che mi spingono al riavvicinamento. Tuttavia sono il dubbio fatto persona. Riporto qui il mio discorso:Buonasera Signori, mi presento: sono Pastori, Stefania Pastori, come quelli delle pecore. Lo sottolineo perché nel cognome è scritta la missione della nostra vita.Sono qui in veste di testimone diretta del cammino verso la salvezza. E non è un modo di dire. Sono stata letteralmente salvata dalle Istituzioni, sia Statali che Religiose.Una volta messa in sicurezza dal marito picchiatore grazie ai Carabinieri, fummo ospitate mia figlia allora di un anno, ed io, nella struttura Casa Madre Bambino IL MANDORLO, gestita da religiose,. Là mi chiesi cosa avrei dovuto fare per rendere alla collettività il bene ricevuto. Chiamai a raccolta i miei carismi e li profusi in questo libro CORPI RIBELLI - resilienza tra maltrattamenti e stalking, frutto di 4 anni di ricerche ed interviste nell'ambito dei maltrattamenti in famiglia, violenze di genere, sessismo e stalking.Al momento del fattaccio, nessuno della famiglia mi credette. Mi sentii abbandonata con una piccola e pure invalida che dipendeva totalmente da me. Senza lavoro. Senza casa.Tuttavia, con le sorelle francescane de IL MANDORLO trovai la serenità necessaria a fare il punto. Mi rimboccai le maniche e ricominciai la mia vita da zero. Fino a quel momento ero legata a doppio filo con il marito. Sette anni di convivenza assieme ad un uomo a dir poco geniale, verso cui provavo stima e rispetto, nonché un amore sconfinato, mi condussero a desiderare un figlio. Ci sposammo in vista di un'eventuale tutela. Purtroppo questa prole sviluppò i sintomi di una malattia che si sarebbe rivelata gravissima. Da cui di norma non si guarisce. Siccome non amo fare pietismo né vittimismo, dico subito che è guarita. Però sulla carta è invalida.Questo fatto ha mandato fuori di testa il padre che non ha retto al trauma. Si è incazzato con il mondo e con la donna che gli aveva fatto una figlia disabile. Mi pestò a sangue.A IL MANDORLO realizzai che avrei potuto trarne una ricchezza interiore: ciò che non ti ammazza, ti fortifica. Ed eccomi qui, più forte di prima, sulla strada del recupero di una fede persa, ma da poco in cammino grazie ad una serie di segni forti, come la guarigione miracolosa di Sofia, mia figlia. Con la volontà di condividere la mia storia positiva e forse la presunzione di essere da esempio ad altre, di sparare un faro sui maltrattanti. Ormai la mia missione è portare a tutt* questo messaggio: via dalle violenze domestiche prima che si troppo tardi.Qualche giorno dopo, vengo ancor più gratificata: per intercessione ed interessamento della prefatrice Sorella Margherita, il Parroco Don Ettore non solo ha accettato in dono il saggio che ho scritto in 4 anni di ricerche, interviste e sangue, ma ha anche predisposto un redazionale su LA VALSUSA, preparando gli autoctoni all'evento dell'8novembre presso la Libreria Panassi di Susa, dove mi è organizzata una presentazione pubblica. Ha affidato la redazione del pezzo al capo redattore Dr. Giorgio Brezzo. Nella foto vedete riprodotto l'articolo. Ritenendo tutti un'occasione di presenza forte per incoraggiare le donne della Val di Susa ancora oggetto di violenze domestiche in ogni forma, si è vista larga partecipazione, anche di uomini. Ho rimarcato la partecipazione maschile in modo favorevole. Sebbene il buon Dr. Brezzo, abbia chiuso con parole illuminanti: “Perché soltanto salvaguardando le donne, si può salvare il mondo”, ritengo che, se di prevenzione si deve parlare, questa deve partire dagli uomini, perché la violenza sulle donne è un problema degli uomini.

lunedì 1 dicembre 2014

UN INCONTRO SPECIALE

UN INCONTRO SPECIALE perché ho visto un uomo occuparsi della sua donna, sebbene non sia “sua”. Grazie ad uno dei due prefatori del mio saggio CORPI RIBELLI, ovvero l'avvocato antistalking Nicky Persico, principe del Foro di Bari, ho conosciuto dapprima un uomo e poi una donna, che sta subendo maltrattamenti psicologici.
Sono le violenze più dannose, perché lasciano nell'anima cicatrici difficili da guarire. 


Ebbene, ci siamo incontrati a luglio 2014, in una città del centro Italia. Non posso fare nomi né riferimenti geografici per rispetto della privacy.
Lei sposata ad un altro. Lui teso ad offrirle via di scampo perché l'ama. Ve li descrivo negli atteggiamenti, perché, pur aborrendo le teorie lombrosiane, ritengo che si possa capire la psicologia dei soggetti anche solo dagli abiti, dai comportamenti, dalla gestualità, dall'aspetto fisico. 
Lui: in agile abito completo senape, colore del dinamismo, con camicia azzurra da serio professionista. Capelli folli, occhiali indagatori, dolcezza nei modi e nel sorriso. 
Lei: abitino elegante e grigio, ma castigatissimo, scarpa maschile che più maschile non si può, calze coprenti. Unghie curate, ma capelli sfibrati. Occhi lacrimosi, eppure ferma in sé. 
Lui proteso sul tavolo verso di lei. Lei arretrata sulla sedia. 
Lei parla del comportamento di suo marito nei confronti della figlioletta e dei suoi. Ne fa un ritratto preciso: quello che in letteratura scientifica si definisce narcisista perverso, ovvero un individuo che manipola gli affetti. Dice che sono sposati da molti anni, che lei ha dovuto lasciare Milano, quindi affetti, famiglia, luoghi, amicizie, per costruire la vita con lui a quasi 600 kilometri di distanza. In una parola, è una donna sradicata. Aggiunge che lui non ha mai manifestato slanci creativi e costruttivi nel rapporto di coppia. Pur avendo generato una figlia, definisce la loro come una coppia senza progettualità. Entra nei dettagli. Dice che lui la costringe a dirgli ogni sua mossa, specie dopo la nascita della figlia, a informarlo su tutti gli spostamenti, in un crescendo sempre più ossessivo negli ultimi anni. E che lo stesso trattamento è riservato alla bimba, cosa che la donna definisce deleteria, perché la minore non ha spazi per crescere e fare le proprie esperienze. Ma tra amici e parenti, quest'uomo è considerato brillante e stimato, tipico del narcisista perverso. Afferma di aver tentato due anni orsono la strada della separazione, ma di aver arretrato, perché il marito strinse ancor più la morsa. Andati comunque da un legale per informarsi circa un'eventuale separazione, lei innocente ed ingenua, assetata di sapere, scopre che il marito ingenuo non è e che aveva già assunto tutte le info del caso, PREVENTIVAMENTE. 
E' qui che lei capisce di essere in pericolo e frena. 
Ora vuol prepararsi, studiare, confrontarsi con altri esperti, altri avvocati, altri vissuti. Lui prende la parola: Vedi, cara, un uomo come il tuo può essere pericoloso. 
Il suo niovo partner ha capito tutto. 
Nel mio saggio è scritto a chiare lettere: VIA DALLE VIOLENZE DOMESTICHE PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.












BENE E INGRATITUDINE

Oggi parlo del mio profilo Facebook. Mi ero inventata un nick così diverso dal mio (Bondi Shepherds) perché temevo di essere rintracciata dalle donne maltrattate che mi maltrattarono. Ebbene sì, le avevo aiutate, ma loro non l'avevano capito. Mai fare del bene se non si è pronti all'ingratitudine. Questo motto riassume ahimé le relazioni con loro. Pur avendole aiutate ed avendo ricevuto più testimonianze di ringraziamento, queste stesse maltrattate mi si sono rivoltate contro. Anni fa, a fine 2008, avevo fondato un gruppo segreto di donne maltrattate da tutta Italia. Poi ebbi un grave episodio di salute. Durante il mio coma del 2012 a seguito dell'esplosione dell'aneurisma che avevo nel cervello, una di queste, che nel corso dell'intervista via Skype mi raccontò di aver subito ripetute violenze carnali dallo zio e dai suoi amici a partire dagli 8 anni fino ai 18, senza mai averne avuto il riscatto sociale, si arrogò la delega di gestire, in mia vece, il gruppo segreto che ci radunava tutte. Disse anche che, vedendomi così attiva e felice, sicura di me, fosse impossibile avessi subito. La ripresi prima in pvt, poi dato che non desisteva, in pubblico. Ma non smise: si comportava come l'elefante nella famigerata cristalleria. Una volta bannata dal gruppo, per ripicca segnalò il mio account a Facebook che mi bloccò. L'account esiste ancora, ma non vi ho più accesso. Eccolo:
la Inviata Speciale Delle Donne Maltrattate.
Una seconda appartenente al gruppo, inseguiva sogni di gloria, miriadi sogni di gloria, realizzandone forse un paio. Ci scambiammo ancora l'amicizia col mio nuovo account. Le spedii il saggio perché lo commentasse sulle sue testate (è giornalista). Lo fece, anche su Facebook, dove però aggiunse un SUO link, di aiuto. Suo, di una sua organizzazione, non che si riferisse a me. E questo già mi fece allertare su un certo grado di meschinità. Mi rubò l'idea del blog erotico (il suo ha un nome banale e volgare impossibile da ricordare, non raggiunge i 100 lettori, il mio veleggiva, due mesi fa intorno ai 35 mila, oggi supera i 52 lettori): seconda meschinità. In cambio del famigerato tesserino da pubblicista, mi offrì di lavorare per le sue testate GRATIS. Due anni di lavoro GRATIS. La legge non lo consente. E' da codice penale: terza meschinità. Bannata.Una terza donna ex maltrattata, avvenente ecosì colta da consentire l'inserimento della sua testimonianza contro l'ex narcisista perverso nel mio saggio, mi bannò due anni orsono per aver osservato quanto fosse tamarro (sì, ricordo bene di aver usato il termine TAMARRO) un paio di scarpe con zeppa che lei invece amava molto. Di recente, l'ho contattata io via whatsapp e mi ha sbloccato. Già all'epoca ci scambiammo il titolo di SORELLE. Ma dal ritorno di fiamma son sempre stata sul chi va là. Tutti quei selfie di se stessa parlavano di pochezza. E' una donna che in fondo non ha ancora ben elaborato quel vissuto. Il suo profilo Facebook è così composto: il fidanzato, due o tre donne, 300 amici uomini. Un mesetto fa, le scrissi di non gradire il linguaggio sboccato dei suoi post, che ritenevo offensivo non solo per gli individui cui erano rivolti, guarda caso TUTTI MASCHIETTI, ma lesivo per lei stessa. Se l'è presa da matti. Al che, al primo pretesto mi ha bannata: un commento banale su un suo post banale, che lei assieme al fidanzato,ha pensato bene di travisarlo come fosse inopportuno. Premesso che nel blog scrivo scene di sesso esplicito vissute da un personaggio di fantasy (sono solo un'apprezzata ex sceneggiatrice, quindi capace di rendere l'immaginario più verosimile del vero), questo commento è stato interpretato dal suo fidanzato e da lei stessa come un'allusione sessuale, ma non lo era. Avessi fatto uno screen shot! Che delusione... soffro. Altre recenti amicizie di Facebook, che mi hanno contattata proprio per risolvere i loro problemi col rispetti maltrattante, non hanno accettato consigli e nemmeno osservazioni, che do solo se richiesti. Mi hanno cancellata. Ma ho elaborato una teoria. Le prime citate, non sono mai rinate. Son rimaste invischiate nella palta della violenza subita. Hanno paura della donna forte ed emancipata. Quindi mi temono e mi bannano. Le ultime, hanno paura del picchiatore e scappano, invece che da lui, da chi le vuole aiutare. Ma sono certa che il bene torna indietro. Sempre.