sabato 25 aprile 2015

MILANO DA URLO

Qui la puntata precedente. La seconda puntata inizia proprio con questi Servizi Sociali: mi viene raccomandato di presentarmi con anticipo, perché nei due unici giorni di ricevimento possono accogliere solo 5 persone a giorno. Arrivo un'ora prima: ero già la n.4. 

Quando sta per arrivare l'assistente sociale, la commessa si accorge che sono invalida al 100%, perciò mi dice che il mio caso non compete a loro, ma ad altra sede. Mi gira un foglio dove, tra le tante indicate, sceglie quella a suo avviso competente. Che chiamo subito: non è la sede giusta. I gentili signori mi danno un altro Servizio, che chiamo all'istante. Risponde una Segretaria, altrettanto gentile, la quale dice tre cose: mi informa che gli invalidi della zona sono tantissimi, che l'Assistente Sociale è una sola, che mi richiamerà per un appuntamento dopo tantissimo tempo. 

Una settimana? Un mese? Un anno? Forse, dice, sei mesi. Per avere la telefonata che mi da l'appuntamento, sei mesi di attesa. Poi dovrò recarmi all'appuntamento, chissà quando. E non saprò ancora nulla di ciò che sarà di me. 

Di fianco a me, uno dei 4 è nelle stesse mie condizioni: è invalido al 100%, però uno psichiatrico con difficoltà di comprensione. Non capisce dove deve andare e resta imbambolato nel corridoio. Dal canto mio, so dove: in Via Larga Assessorato alla Casa, deve mi reco immantinente. Al Responsabile che mi aveva indicato il progetto inesistente dico di prenderne debita nota, in modo da non inviare inutilmente altri disgraziati come me, segnalo il fatto che i vari uffici dei Servizi Sociali non sono in rete, che dovrò attendere almeno 6 mesi per un appuntamento. Tuttavia lo ringrazio perché da questo pellegrinaggio ho ricevuto il dono di conoscere tante persone disagiate come me, con le quali mi sto organizzando per andarlo a trovare spesso. 

Signora, io cosa ci posso fare con i Servizi Sociali? Dice il solerte Funzionario, allargando le braccia. Mi è venuto il pensiero di essere in Assessorato allo Sport, perché sto facendo chilometri per tutta la città, con nessun altro scopo di fare la turista, cosa che mi piace molto, soprattutto perché sto riscoprendo una Milano da urlo.

martedì 21 aprile 2015

EGOIST

EGOIST! Recitava anni fa la pubblicità di un profumo francese. Oggi è un motto che faccio mio. Sempre a lottare per gli altri! E io chi sono? Per una volta, faccio l'egoista e mi dedico un post. Anche la mia psicologa del SVS/D della Clinica Mangiagalli durante la seduta martedì 14 aprile scorso, mi ha detto due cose:
  1. si dedichi un po' più di attenzione
  2. pianga
Lo stesso pomeriggio, ho messo in atto il primo suggerimento. Ho approfittato del mio tesserino per la gratuità dei trasporti e sono andata in treno a Mantova. Adoro le città d'arte. Ammirare monumenti e chiese, palazzi e giardini, bellezze naturali e negozi, vitalità della cittadinanza: per me sono un toccasana. Ho conosciuto anche una persona bella, dentro e fuori.

Domenica invece ho pianto. Mia figlia ed io siamo andate a trovare la mia consigliera spirituale, una sorella francescana che ha redatto la prefazione di CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking. Abbiamo partecipato assieme alla Santa Messa in Cattedrale, dove mi sono appuntata un paio di osservazioni fatte dal prelato. Durante la comunione, i fedeli hanno intonato un canto litugico che parlava di Resurrezione. L'ho sentito mio, mentre il Corpo di Cristo scendeva in me. Mi sono inginocchiata sulla panca ed ho lasciato andare le lacrime. L'ultima volta fu 6 anni prima. Ma allora fu una immersione totale nel dolore. Domenica invece è stata la gioia.

Eppure sto attraversando un periodo difficile.

Finché mia figlia abitava con me, percepivo una quota di alimenti piuttosto consona all'alto tenore di vita matrimoniale. Pertanto, allo scopo di garantire a mia figlia il massimo, la sua quota finiva a comporre in parte il pagamento della pigione di un appartamento di lusso. Ma mi sono spesa per la riabilitazione psicomotoria di mia figlia così tanto che il corpo un bel giorno si è spento. Un mese di coma, paralizzata sul lato destro, incapace di articolare parola. Tre mesi di riabilitazione.

Ora mia figlia vive col papà, mentre io, tornata dal Regno dei Morti, mi sono trovata in una casa troppo grande e troppo cara. Ho dovuto smettere di onorare il mio impegno. Sono stata sfrattata.

Per risolvere la situazione debitoria contratta col padrone di casa, il quale invece di pignorare una mia proprietà, l'ha fatto su quella di mia mamma, avvalendosi del diritto derivatomi dalla eredità di mio padre, ho dovuto svendere (sì, sVendere, ho scritto bene: al – 50% della valutazione fattami dagli agenti immobiliari) un terreno ed un piccolo appartamento, entrambi situati al di fuori della Regione Lombardia.

Per poter vendere l'appartamento, gravato da un'ipoteca dall'Ente preposto per la riscossione, ho dovuto sanare un debito contratto da un ex socio. Infatti, l'Ente, non trovando più beni suoi alla luce del sole, si è rivalsa su casa mia. Eppure, non avevo mai derivato redditi da quella società, anzi.

L'Ente ha ricevuto da me i denari a saldo, ha prodotto un documento in cui dichiara di cancellare l'ipoteca, girato poi al notaio, eppure resto invisa alle Banche ancora per tre anni perché il mio nominativo risulta inserito nel sistema di informazioni creditizie EUROSIC, un registro cui banche e società finanziarie possono rivolgersi per per finalità collegate alla tutela del credito e al contenimento dei relativi rischi.

Insomma, se ho bisogno di un prestito, non mi viene dato perché sono sulla black list. Ne derivo pertanto un ulteriore danno. Di conseguenza, sto attivando un avvocato reperito grazie al Patrocinio Gratuito a Spese delle Stato allo scopo di adire l'opportuna azione risarcitoria. Giovedì 23 aprile avremo un secondo incontro in cui gli consegnerò la documentazione, per una prima valutazione.

Lo stesso avvocato forse mi seguirà per trattare il rientro rateizzato con la proprietà dell'alloggio prestigioso dove fui morosa. Tenuto conto che ho già pagato un quinto del debito e che ho a disposizione meno di cento euro al mese, la situazione debitoria verrà risolta in una data compresa tra domani e l'infinito.

Oh, ma dei soldi non me ne curo. Vanno e vengono, anche se qui se ne vanno e basta. Mi peoccupa invece la mia situazione abitativa. Nonostante il diritto alla casa sia sancito dalla Nostra Costituzione, sono senza casa.

Nata, cresciuta, formata in Zona 9 a Milano, dopo il conseguimento di due diplomi, ottenuti in contemporanea, lavoravo in Pubblicità come creativa free lance, realizzando a 19 anni (ovvero 41 anni fa), guadagni stratosferici. Erano gli anni precedenti MANI PULITE. Durante l'adolescenza, tentai tre volte la fuga dall'anaffettività familiare, specie materna, infine me ne andai a 21 anni, sposa di un bergamasco. Ne ero davvero innamorata, ma oggi sono consapevole che per me rappresentò la fuga dall'oppressivo regime genitoriale.

Da poche settimane sono rientrata in Zona 9, dopo qualche peripezia che chiamare disavventura sarebbe mero eufemismo. Infatti, gli anni immediatamente precedenti hanno visto la nascita di una bimba disabile, la distruzione familiare che ne è conseguita, la rottura di aneurisma cerebrale, lo sfratto, il carcinoma alla mammella: finalmente (finalmente?) sono malata oncologica in cura presso l'ospedale Niguarda.

In graduatoria fin dal 2009 per l'assegnazione di un alloggio popolare, subito mi rigettarono la domanda perché non residente in Lombardia da almeno 5 anni. Io sono non solo lombarda, ma addirittura longobarda; lo dedusse Nonno Giobatta da una ricerca sul nostro cognome: indagini accurate ci fanno risalire ad un clan di longobardi scesi nel medioevo in Longobardia per praticare la pastorizia. Ma ho avuto la disgrazia di sposare un piemontese e di andarci a vivere per una decina di anni, perdendo in un colpo solo tutti i diritti.

Il giorno 21 aprile tra le ore 8,30 e le 12, 30 ho fatto il pellegrinaggio della speranza tra via Pirelli 29, Via Larga, Via Statuto, in un gioco di rimbalzi che le autorità mi hanno giocosamente destinato. Ottenendo solo di sapere che sì, sono in bando, che dalla posizione 241 sono scesa alla 661, che non so quando avrò un tetto sulla testa, mentre i miei effetti personali marciscono in uno di quei servizi a pagamento per lo stoccaggio e io sono ospitata a turno da amici e conoscenti dall'animo buono.

Via Pirelli 39 mi ha detto che gli alloggi da attribuire nello stato di fatto sono terminati. Che il numero delle deroghe è stato chiuso a 250 unità. Mi sono spostata in Via Larga, che a sua volta mi ha spedito in Via Statuto con l'idea di ottenere un alloggio destinato alla residenzialità temporanea, dedicata ai singoli in difficoltà. Bel progetto, ancora in alto mare: mancano ancora le convenzioni coi privati. Se ne parlerà tra un anno. Forse.

Adesso che son tornata ad essere una vera longobarda, dopo 6 anni ancora non so che sarà di me. Sola certezza: a giorni inizia la radioterapia all'ospedale Niguarda.
Al termine di questa prima puntata, ottengo solo il suggerimento di sottoporre il mio caso ai Servizi Sociali di competenza. Comincio ad avere cedimenti.

giovedì 16 aprile 2015

C'E' ANCORA BISOGNO DI 194

C'è ancora bisogno di femminismo. Lo affermo con la forza di una donna cattolica che ha praticato una IVG per scelta egoistica, ma che la rifarebbe se si trovasse nuovamente nelle medesime condizioni. Con la forza di chi ne ha conosciuta un'altra, due giorni fa, nei corridoi della clinica ostetrica Mangiagalli di Milano in cerca di una IVG non concessa dal suo consultorio. La giovane, la chiamerò Maria, madre già di due figlioli, disoccupata, sposata ad un uomo ai domiciliari, in quel momento aveva superato di poco il termine legale. Le era stato consigliato di rivolgersi al SVS/D (Soccorso Violenze Sessuali/Domestiche) e non ne capiva il motivo. Le chiedo subito se la gravidanza fosse frutto di violenza. Nega con forza: Sono sposata ad un uomo che amo e che mi ama, con cui faccio l'amore! Al che commento: Strano! Per rientrare nei requisiti previsti dalla 104, esprimo il dubbio allora che possano stilare certificati fasulli.

Eravamo perplesse. Allarmata dalla irregolarità delle ultime due mestruazioni, mi racconta di essere stata entro i termini dalla sua ginecologa del consultorio per un controllo. Mi riferisce che la dottoressa ha affermato di essere in grado di percepire una gravidanza al solo palpare. Le nostre facce si guardano, incredule. Maria sembra non mentire. Segue il consiglio della ginecologa palpatrice di rivolgersi al CPS. Maria si accorge di dove sia stata inviata solo nel momento in cui vi mette piede, circondata dai pazzi. Maria dice: Ma io non sono pazza! Devo solo abortire! Fugge. Arriva Pasqua. Lei è incinta. Tutti fermi. Passano i termini.

Se non fosse che l'avevo lì davanti ai miei occhi, mi sarei detta all'interno di un episodio della serie AI CONFINI DELLA REALTA'. A prescindere dal facile quanto tristo sillogismo (sei disoccupata, sposata ad un disoccupato, madre di due figli, rimani incinta del terzo, allora sei pazza e ti meriti il CPS), c'è da chiedersi perché:
  1. la ginecologa del consultorio si definisca “capace di capire se una donna è incinta anche solo toccandola”
  2. la stessa, invece di prescriverle l'esame di rito per l'indagine ospedaliera della gravidanza, la invii al CPS (forse perché all'art. 13 della 194 si può leggere: “Se la donna è interdetta per infermità di mente...”?)
  3. si ritrovasse al SVS/D della Mangiagalli, pur non avendo subito violenza.
Sono domande retoriche, piene di sarcasmo.

Il giorno seguente la incrocio ancora per caso nello stesso corridoio, sorridente. Le dico: Ce l'hai fatta? Lei dice: Sì, ce l'ho fatta! Non fa in tempo a spiegarmi come, perché sparisce in un camerone. Le sorrido, augurandole col cuore i migliori auguri.

Ci sono ragazze, oggi tra il 15 e i 25, che affermano quanto sia inutile essere ancora femminista. Rivolgo a loro il mio appello. Essere femminista non è essere in competizione col maschio. Nemmeno pretendere di essere uguali. Neppure essere una virago acida, abbigliata da camionista, aspirante o frequentatrice dei lidi dell'isola di Lesbo.

Essere femminista oggi significa lottare contro la mercificazione dei corpi, non solo i nostri!

Significa portare in fronte la parola DONNA con tutto l'orgoglio che ci deriva dall'essere differenti dagli uomini, nella nostra complementarità!

Significa valutare, o ri-valutare, il concetto di CURA che ci caratterizza in quanto femmine per porre rimedi a quello maschile di ROTTAMAZIONE!

Significa lottare contro il fenomeno del Soffitto di Cristallo, ovvero il Glass Cieling, che impedisce alle donne, a parità di ruolo, di percepire lo stesso stipendio dei colleghi uomini!

Significa mantenere alta l'attenzione sui risultati delle lotte condotte dalle nostre zie, mamme, sorelle nei 70, come il diritto al divorzio e all'aborto, perché non vi siano regressioni medioevali!




mercoledì 8 aprile 2015

Mammà&Papà ATTIVISTI

Golia si è attivato con un piccolo gruppo di persone, misto uomini e donne. Perché non sono solo i papà a vedersi negata la genitorialità, ma anche le mamme. Specialmente dopo l'entrata in vigore nel 2006 della Legge sull'Affido Condiviso, che ha incentivato purtroppo l'aumento di casi di sottrazione di Minori. Un caso su tutti, quello del bimbo di 9 anni sottratto dal padre e portato in Spagna nel marzo di quest'anno. 
Strano? No. Cerco di spiegarmi.

Per quanto meritevole di dare legittimità legislativa al diritto alla bigenitorialità (che brutta parola! La genitorialità è BI, sempre!), stabilendo i doveri reciproci di accudimento collaborativo della prole, anche dopo la separazione tra genitori (dovrebbe essere scontata, eppure...), tuttavia la legge penalizza pur sempre qualcuno. O meglio, la mancata applicazione della legge, da parte non solo dei genitori, ma anche delle istituzioni, fino all'esacerbamento degli animi, che arrivano alla sottrazione del minore.
Vi è anche una sorta di osteggiamento psicologico che ritiene i bimbi ridotti a pacco postale, migrando da una casa all'altra, pur di accontentare ambo i genitori. A questo proposito, faccio un piccolo inciso per parlare dell'esperienza vincente di una cara amica.

A mio personale avviso, questo sistema da pacco postale accontenta solo l'egoismo di mammà e papà. Suppongo invece che i figli debbano risiedere nella casa dove sono nati, mentre i genitori si debbano spostare, avendo però a disposizione tre alloggi distinti. E' la situazione delineata nella famiglia di questa cara amica mia. Lei invalida, da anni è madre e moglie, badando anche alla casa, sola al mondo, da un paio di anni seguita dallo psicologo, figlia di una ragazza madre, suicida in seconda età. Lui designer alcolista, che perde il lavoro, in cura psichiatrica da oltre 15 anni, figlio di famiglia nota in ambito giudiziario, benestante. Conobbi Loredana, un nome di fantasia, per ovvi motivi di privacy, fin dal momento in cui mia figlia iniziò la scuola materna, perché i nostri bimbi, coetanei, erano stati inseriti nella stessa classe. Che teneri, il suo maschietto si innamorò della mia femminuccia. Sono passati 5 anni, ho accompagnato Loredana lungo il suo tormentato percorso di separazione, imparando a conoscere la sua resilienza, consigliandola e sostenendola moralmente. Loredana, per contro, sapendo le mie difficoltà economiche e lo stato di abbandono, mi offrì gratuitamente l'utilizzo dell'appartamento fittato al mare. Verso di lei ho un grande debito di gratitudine, perché per me e la mia piccola erano anni difficili. Già da allora Loredana e suo marito Antonio erano ai ferri corti. Nessun eclatante litigio, ma il marito non era dedito né ai figli, né a lei. Inoltre beveva tantissimo, troppo, tanto da cadere in coma etilico OGNI sera. Loredana soffriva questo stato di cose, anche perché, per la grave malattia invalidante cui è soggetta, non ha forza fisica e patisce anche le pur necessarie cure. Non solo dal marito non riceveva l'atteso supporto logistico, ma nemmeno quella affettività che sarebbe considerata normale in qualsiasi altra coppia. Sebbene la incitassi alla separazione immediata, Loredana preferiva fare le cose con calma, pur avendo l'epidermide dell'intero corpo ricoperta da dolorosi eczemi psicosomatici. Le mancavano abbracci ed affetto. I miei non potevano bastarle.

Alla luce del risultato raggiunto, devo ammettere che aveva ragione, avendo ottenuto dall'ex marito un piccolo alloggio di proprietà esclusiva, che i figli restassero a vivere nell'ambiente cui erano abituati, cioè la casa coniugale, che l'ex marito andasse a sua volta in altro alloggetto in zona. Pur essendo Loredana nullatenente, l'ex marito non lo è, o meglio, la sua famiglia. Si è potuto infatti permettere l'acquisto di due appartamentini, nonostante avesse perso il lavoro. Capisco che non tutti posso attuare una simile sistemazione compensatoria, ma forse pensando a tre locazioni e alla conseguente eliminazione di almeno una parte degli alimenti... Una idea da far prendere in considerazione agli avvocati divorzisti.

Soluzione compensatoria interessante, ma che Golia non può permettersi, anche lui senza più lavoro, e senza una famiglia ricca alle spalle. Però ha resilienza e rabbia dalla sua parte. Noi genitori separati, dovremmo imparare a canalizzare la rabbia verso la costruzione di qualcosa di postitivo. Golia lo sta facendo. Ha coinvolto il gruppo verso un obiettivo comune, quello di stimolare la creazione di una sorta di registro comunale dove annotare spostamenti di residenza dei minori affidati ad entrambi i genitori, ma domiciliati presso uno solo di loro. Poco pratico di sociale e di appoggi partitici, inconsapevole del fatto che se un individuo vuole incidere sulla realtà sociale sta facendo politica (dal greco polis, città), Golia ha però l'accortezza di farsi aiutare dalla sorella, attivista della zona di Milano in cui vivono, promuovendo il progetto affinché sia presentato e sostenuto in Consiglio Comunale, fino all'approvazione. Posso parlarne liberamente perché è un'idea già realizzata in più realtà comunali d'Italia., primo fra tutti Parma già nel mese di maggio 2014, 
fortemente sostenuta dall'Associazione Crescere Insieme, attiva grazie ad un giurista che vi si dedicò fin dal lontano 1996.

Dal regolamento del Registro di Parma: “Al registro potranno essere iscritti i figli con tutti i genitori con residenze diverse, qualunque ne sia il motivo. La residenza resterà una sola, ma le comunicazioni che lo riguardano dovranno fare riferimento ai due domicili indicati dai genitori.”

Golia stesso e il suo gruppo hanno interpellato in questi giorni un consigliere comunale perché quest'ultimo si prenda a cuore il progetto. Ero presente alla presentazione negli uffici di Palazzo Marino. Coltane al volo la trasversalità e la forte potenzialità, il consigliere avrebbe voluto tenerlo per il suo partito, affermando che non prima di un mese sarebbe potuto entrare come mozione in Consiglio Comunale. Messo alle strette dalla sottoscritta che ha ventilato l'opportunità di presentarlo anche ad altre forze politiche, alla fine ha promesso che dopo una settimana l'avrebbe introdotto. Staremo a vedere.

Fermo restando che il gruppo deve ancora costituirsi in associazione, ammesso e non concesso che non sia più conveniente entrare in altre precostituite e già vittoriose sul campo, con intenti ed oggetto sociale paritetici, come quella nominata sopra Crescere Insieme, uno del gruppo di mammà&papà attivisti dice di avere a disposizione un parco di 24 mila metri quadri, come spazio neutro, per visite, incontri, giochi, formazione, consulenze legali e psicologiche. Splendido! Resta da capire come e chi da cosa e con quali modalità e che credenziali pretendano. Amo l'animosità di questo gruppo, che forse sta tralasciando alcuni dettagli, cioè: l'associazione non è fatta per guadagnare. Deve prima lavorare, investire, poi chiedere i fondi, che, se conferiti, e sottolineo SE, vanno a parziale copertura del già speso.
Voglio però chiudere con un incitamento, senza scadere nel delirio di bufale leghiste come questa:
Oggi pomeriggio mi do fuoco non c'è la faccio più ero in affidamento condiviso adesso mi hanno chiamato i cc e mi hanno convalidato l'allontanamento dalla mia ex e da mia figlia e non capisco il motivo basta basta meglio morire.

Si sia davvero dato fuoco, oppure no, dobbiamo fare qualcosa tutti insieme per queste mammà&papà e per i nostri figli! Sì al Registro per Figli di Separati!


mercoledì 1 aprile 2015

PORNOGRAFIA DEL SENTIMENTO

Pur nella mia positivistica ingenuità, nell'ambito delle mie ricerche ed interviste, mi ero comunque accorta di quanto strettamente fossero correlati tre argomenti: violenza, sesso e sessismo. Tre parole dal significato ben distinto. Tre parole però interconnesse. Vediamo perché.

Violenza.
Sia essa di natura economica, verbale, fisica, psicologica, la violenza è sempre violenza e crea cicatrici. Nel corpo come nell'anima. Quelle dell'anima fanno più fatica a guarire. Il soggetto cerca di porvi rimedio per lenire la sofferenza. Come? Qualche volta con il:

Sesso.
Io stessa, per guarire dal male subito, mi sono rivolta non solo a psicologi, non solo ho condotto ricerche sui programmi TV, non solo ho intervistato decine di esperti e decine di donne maltrattate o uomini soggetti a violenze psicologiche, ma ho usato il sesso sicuro a perdifiato come modalità di recupero del benessere psicofisico defluito con il sangue del pestaggio. Ho scoperto in seguito che trattasi di scelta fatta spesso sia da donne che da uomini, uno per tutti il bel bruno peloso amico di una Drag Queen. Abituati dai Media ad avere Tutto&Subito, grazie a pochi click sull'app con GPS del nostro smartphone, abbiamo pronta una scopata vicino a casa, perdendo il gusto della conquista, del coltivare gli affetti, di imparare a conoscere gli individui nel profondo. Fino a sconfinare nel:

Sessismo.
Gli uomini e le donne violenti, tendono ad esserlo in ogni ambito, persino utilizzando le immagini per il proprio piacere sessuale. Cerco di spiegarmi. Ponendo l'ipotesi che gli individui in generale possano partire da fotografie non necessariamente pornografiche, ma anche solo di nudo artistico come stimolo per l'autoerotismo, un tale uso può essere definito improprio, ma non si tratta di un uso strumentalmente violento.

Tuttavia, vi sono persone che si eccitano solo guardando foto di bimb* svestiti, (siamo nella pedofilia), che acquistano prodotti di qualsivoglia natura solo se proposti da individui adulti poco vestiti (siamo nel sessismo), che raggiungono orgasmi tramite la violenza, anche solo di immagini di individui nudi e seviziati (siamo nella parafilia). Vi sono anche individui che sottostanno a queste violenze. Entrambe le tipologie, sono di persone violente che, in quanto tali, hanno perso o mai raggiunto i filtri necessari al vivere sociale, soggette a devianze. Devianze sempre più accettate dalla Società, arrivata a disconoscere il sentimento, l'affetto come base per il sesso. Siamo stati diseducati ai sentimenti. Se per pornografia si intende tutto ciò che del corpo senziente è fatto a pezzi, allora siamo nella Pornografia del Sentimento.
Già anni fa, condussi una ricerca iconografica sulla recrudescenza delle violenze praticati ai minori e la presentai ad un convegno B.A.C.A., dimostrando la tesi che noi stessi genitori alimentiamo la pedofilia, inconsapevolmente. Ayzad dice che non è inconsapevolmente.

E qui mi ricollego all'incontro di stamane, con un giornalista 45 enne dal nick Ayzad, studioso di sessuologia, organizzatore di feste particolari e specialista di sesso insolito. Ne cura un blog, che seguo perché non solo fa uso di arguzia, ma anche di ironia quale ottima medicina per i mali del mondo. Di sé dice che è un sadico e ne sciorina la definizione psicoanalitica, lasciandomi di stucco. Definizione da manuale che non saprei riprodurre senza ricorrere a Madre Wiki. Lascio a voi il compito di farlo, ma ha qualcosa a che vedere con la fase anale dell'infanzia.

Se non fosse il porcellone che è, l'avrei scambiato per un pretino. (Questa è un'affermazione provocatoria e sarcastica: la scrivo apposta perché so che leggerà e riderà di gusto). Sempre in nero, con la pancetta tipica della vita abitudinaria, un uomo banale nell'aspetto, ma non nella testa, incarna il sogno di ogni italiano medio. Infatti vive sotto lo stesso tetto con due donne bisex masochiste, conducendo un ménage à trois d'amore e di sesso connaturati uno all'altro. Una vera e propria Trinità dell'Amore (ancora il pretino).


Quando gli chiedo se ha figli, risponde: No. Obietto che i figli sono il nostro passaporto per l'Eternità. Ma lui risponde che nel suo caso si tratta di egoismo. Temo tuttavia sia una maschera per occultare l'incapacità di dedizione verso un piccolo essere indifeso. Lo so, sadismo è dedizione, ma sono convinta che un infante non ne gradirebbe le sfumature. Essendo Ayzad sadico, forse è meglio così, per la prole mancata. Ma la mia è solo analisi psicologica da Settimana Enigmistica. Siamo open mind, lui più di me. Ci intendiamo benissimo con il linguaggio osceno senza scandalizzarci. Mi propone di creare un intervento ad hoc sul rapporto Violenza/Sesso per un prossimo convegno BDSM. Questo è un post di primo approccio all'argomento.