venerdì 31 luglio 2015

FOCA SPOGLIATA

Nel cuore degli anni '70, io bimba, ricordo bene le diatribe tra i miei genitori, di formazione e di frequentazione cattolica, circa l'opportunità da parte di periodici come L'ESPRESSO o PANORAMA di pubblicare copertine con donnine procaci (oggi, da femminista, dico: depauperate in ogni senso possibile). Stavano vivendo tutti l'esplosione della Rivoluzione Sessuale e tra i direttori dei periodici di riflessione sulla Società era scattata la gara della FOCA SPOGLIATA, in copertina come nell'interno del giornale. Ricordo quella donna crocefissa nuda e incinta pubblicata su L'ESPRESSO
per il referendum a favore della depenalizzazione dell'aborto (fu il 1975, mi pare). Ci furono anche programmi TV sorprendenti per la loro licenziosità, persino trasmessi in fascia protetta, come DRIVE-IN, fino all'esuberante e capezzolare COLPO GROSSO. Oggi il capezzolo non sarebbe accettato nelle nostre edicole e nemmeno in TV. In quarant'anni, pur con in mezzo il II ventennio e le sue veline,/meteorine/letterine, parrebbe abbiamo regredito. Con questo post, oggi, voglio chiedere se è vero e perché.

Il II ventennio sembrava aver consacrato i risultati delle lotte femministe. Donne sconosciute ai più (ma solo quelle belle) si sono sentite sdoganate, hanno usato i loro corpi poco coperti per scavarsi un briciolo di attenzione tra il pubblico. Voglio farne i nomi perché diversamente, alla luce dell'apparente ritorno del patriarcato, sembrerebbe che parli di aria fritta. Alcune (come Alba Parietti) si sono inventate un mestiere da pseudogiornalista grazie a seni e labbra rifatti, immantinente le giornaliste vere (come Lilli Gruber) l'hanno imitata. La prima vantava un cervello, ma che, ottenendo in TV solo passaggi da meteora, alla fine ha dimostrato di non avere. La seconda, che ha un cervello sopraffino, si rinnova ogni volta, presenziando con arguzia e sagacia i suoi ospiti televisivi.
Non voglio affermare che veline,/meteorine/letterine/albette siano de-ficienti, cioè difettino di qualcosa. Voglio solo constatare che tutta questa Rivoluzione Sessuale (in TV) non sia stata a vantaggio delle donne. Anzi, sia andata a loro detrimento. Perché l'esposizione mediatica di scollature e gambe e glutei ha portato alla svalutazione della Donna, del suo cervello, della sua essenza, permettendo ad opinionisti come Selvaggia Lucarelli di sbeffeggiare esempi preclari di Donne.

Se la donna può essere null'altro di come la vedete in TV, scollature e gambe e glutei, allora lo sarà anche se seduta in Consiglio Regionale (faccio i nomi: Nicole Minetti) o in Parlamento (Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Giorgia Meloni). Questa trama porta al ritorno del patriarcato? Se così fosse, le giornaliste stiano attente a mostrare i propri corpi: per proprietà transitiva, le loro vere capacità potrebbero essere svilite.


Torniamo al capezzolo da copertina. Alla luce della mia precedente analisi, mi accorgo che forse non è moralismo quello che oggi ne impedisce la copertinizzazione. Forse, e mi auguro sia così, gli editori si sono accorti di quanto sia avvilente la mercificazione del corpo femminile. Avvilente per i contenuti dello stesso periodico. Sì, una copertina procace fa vendere, ma il pubblico cerca ben altro. Perché il procace ormai è a portata di click, gratis.

giovedì 30 luglio 2015

UN AMORE DENSO, CONSAPEVOLE

Un amico gayo, Lorenzo Masili, attivista politico/sindacale milanese, (qui uno dei tanti esempi di attivismo, questo il suo profilo Facebook), ha pubblicato pochi giorni fa un post su Facebook che si riferisce all'Amore tra uomini, portando l'esempio concreto di una coppia che si aiuta vicendevolmente nel rispetto reciproco delle differenze. Nel suo modo franco e diretto, Masili ci racconta l'esempio di questo amore “denso, consapevole” che espone quadri in un angolo della Francia, con orgoglio italiano, per un paese che non li riconosce. Dice: “La lotta per i diritti civili è per me principalmente un atto d'amore per il loro amore.”
Mi ha fatto riflettere ancora su quanto noi donne, invece, siamo staccate e interrotte tra di noi. Ne ho investigato i motivi anche quando stavo scrivendo CORPI RIBELLI.

Dal canto mio, io amo l'umanità intera, sia essa uomo o donna o bimbo. Amo di più le donne perché ho un afflato paternale e protettivo, perché vorrei incarnare gli ideali del cavalierato a tutela di chi ha pochi diritti o non ne ha affatto. Un esempio su tutti: le donne in Italia sono tutt'ora emarginate, soprattutto nei contesti lavorativi. Pur avendo dimostrato di poter assurgere con competenza agli stessi ruoli dei maschi, le femmine di pari livello non ricevono gli stessi stipendi. C'è ancora tanta strada da fare, non dimentichino le nuove generazioni le lotte delle loro madri.  Ma noto con malcelata amarezza che il nemico cui si riferisce Masili, quello che maggiormente ostacola il raggiungimento, nel mio caso, non degli omosessuali, ma dei diritti delle donne, sono le donne stesse.

Tornando al topic, ricordo come mesi fa un politico della nostra Regione (non voglio farne il nome qui per non dargli spazio che non merita, ma potete leggere il link) fece affermazioni contro il popolo gay tali da suscitare lo sdegno di tutti e da portare in piazza Aulenti a Milano una massa compatta di omosessuali (e eterosessuali) a protestare con efficacia. Le donne invece non si riuniscono più in piazza, quando viene leso loro un diritto. Dal Glass Cieling al feminicidio.

Quando un bimbo dice: “Roba da femmine”, noi madri per prime dovremmo cambiare il nostro atteggiamento sessista e stereotipato.

Quando una donna viene stalkizzata da un partner, dovremmo tutti sparare un faro contro lo stalker.

Quando una donna viene vilipesa, dovremmo far barriera tutti contro il predatore .

Quando una donna viene stuprata, dovremmo tutti ricordarci di prevenire uno stupro.

Quando una donna viene torturata nella psiche, dovremmo tutti attorniarla d'amore.

Quando una donna viene ammazzata, dovremmo tutti scendere in piazza!

Ogni giorno i quotidiani ce ne riportano le notizie. Alcuni di loro giustificano il fatto di cronaca nera con l'espressione omicidio passionale. Ma siamo in un'era troppo progredita per accettare ancora il concetto, perché non ci può essere passione nell'omicidio della propria partner, perché se siamo d'accordo che la parola passione attiene all'amore, allora la parola omicidio attiene all'odio.
Eppure, tra menefreghismo da una parte e scorrettezza di linguaggio giornalistico dall'altra, nessuno si indigna. La constatazione mi fa torcere dal dolore ciò che è più donna nel mio corpo.

Quando fui maltrattata da donne maltrattate, cui avevo offerto il mio sostegno, ho studiato nello specifico questo atteggiamento donna contro donna.

Dice Phyllis Cheslerpsicoterapista, docente al college, attivista femminista newyorchese, in un suo testo ormai fuori catalogo: L'aggressività che si sviluppa tra donne è differente da quella che si instaura fra uomini. Le donne, per esempio, competono solo con le altre donne e non con i maschi; molte di loro sviluppano idee sessiste, nonostante di solito tendano a negarlo anche a se stesse. L'oppressione di cui il genere femminile è vittima nella nostra società si traduce spesso anche nelle opinioni e nei comportamenti delle donne verso altre donne.

Infatti, quotando questo articolo, concordo in pieno quando si scrive: “Spesso le donne si comportano in modo subdolo e manipolatorio, un comportamento che secondo alcuni psicologi ha origine dal rapporto madre/figlia e dalla lotta per contendersi l’amore del marito/padre. Una rivalità che spesso risulta dannosa sia per la vittima che per il carnefice, una spirale di vendette e ‘sgambetti’ che porta a solitudini e amicizie ‘finte’.

A dimostrazione che è un problema sentito e discusso, se ne trovano tracce persino in una fonte tutt'altro che autorevole, se non per la partecipazione larga di persone come noi.

La giornalista Irene Vella, inviata di Cristina Parodi, veneziana di adozione, è riuscita a costruire un testo auto ironico sulle donne che lei chiama bulle da strategia della tensione, quelle cioè che ti abbandonano solo dopo averti vampirizzato i contatti di lavoro. O quelle che ti stanno così vicine da mirare al tuo partner. O che alla notizia della tua gravidanza, si dimostrano premurose ma ti riempiono di paure. «Da adulte le bulle-vipere ti attaccano la autostima, ti feriscono per quello che fai e non tanto per quello che sei.” La giornalista non ha dubbi: «Le donne, alla fine, sono sempre più brave degli uomini. Anche nella cattiveria».

Alcuni sedicenti pensatori traggono spunto da una ricerca delle docenti australiane femministe Carleen M. Thompson, Susan M. Dennison and Anna L. Stewart, 2013
pur di giustificare il proprio becero maschilismo. Non faccio nomi per rispetto della privacy, ma vi riporto il link così che ve ne possiate sincerare personalmente.


Qui invece il .pdf delle tre scienziate, che, pur identificando nell'universo femminile, il principale perpetratore del reato di stalking, non contempla giustificazione alcuna per i vessatori maschi.

"This study investigated risk factors from the integrated theoretical model of stalking violence (ITMSV) with 703 participants classified as relational stalkers from South-East Queensland (Australia). Participants completed a self-report perpetration questionnaire assessing (a) relational stalking, (b) stalking violence (no/moderate/severe), and (c) predisposing (sociocultural, psychological, historical) and contextual (intentions, triggering events, disinhibitors) risk factors. Findings supported key propositions from the ITMSV. Severely violent stalkers were characterized by a greater number, and more severe types, of predisposing factors than moderately violent or nonviolent stalkers. The importance of contextual factors was supported in relation to moderate and severe stalking violence. Combining predisposing and contextual factors resulted in strong predictions of moderate and severe stalking violence. These findings highlight the pertinence of differentiating moderate and severe stalking violence and combining predisposing and contextual factors in assessments of risk". 

Anche l'edizione online de IL GIORNALE strumentalizza lo stesso lavoro, come dimostrazione della necessità di un ritorno al patriarcato, contro le donne.

Allora interrogandomi sulle motivazioni che contrappongono le donne contro le donne, torno alle affermazioni di Phyllis Chesler: “Di frequente alla base di questi atteggiamenti c'è un rapporto conflittuale tra madre e figlia o tra sorella e sorella”. 
Non per fare della psicologia da settimana enigmistica, ma penso che la conoscenza della rivalità Figlia/Madre/Matrigna sia alla portata di tutti, da Cenerentola/Biancaneve in poi.

Un grande pensatore come Nietzsche afferma: “Per troppo tempo nella donna si sono nascosti uno schiavo ed un tiranno. Perciò la donna non è capace di amicizia, ma conosce solo l’amore”.
Sì, la donna fu, ed è tutt'ora, schiava dell'uomo. Nessun accesso possibile alle funzioni clericali. Glass Cieling sul lavoro. La costola di Adamo. L'obbligo di cura dei figli e dei genitori. Dietro ad ogni grande uomo c'è una grande donna. Nessun diritto di voto fino al primo dopoguerra. Casalinga, nessun riconoscimento pensionistico, tanto per citare a caso alcuni luoghi comuni fondanti. In casa, tuttavia, nella conduzione familiare e sessuale, la donna si erge per contrappunto a tiranno e sembra vendicarsi. Sento tanti mariti sconsolati che sono diventati ex a causa di questa duplice tirannia. Quando siffatta donna incontra un nuovo amore, è amore incondizionato, nella speranza di non trovarsi nuovamente schiavizzata. Fino alla prossima delusione. Finché le madri cresceranno figli maschi cristallizzati negli stereotipi, quando incontreranno l'amore, resteranno deluse.

Siamo senza speranza. No. Voglio chiudere in due modi, la speranza che ho derivato da un'intervista al TG e facendo mie le parole di Irene Vella: “ E i discorsi sulle alleanze al femminile? Le donne per le donne? «La sorellanza esiste. Sono legami coltivati a lungo. Sono rari, belli, lenti e forti». Legami che sto cercando di consolidare con le mie amiche, di qualsiasi orientamento siano.

Dicevo di voler anche chiudere con una nota di maggior speranza di quella con cui ho iniziato questo post: ieri sera (28 luglio 2015) le donne (e gli uomini) sono scesi in piazza per protestare contro la sentenza di assoluzione al processo di secondo grado, che vedeva imputati alcuni ragazzi stupratori di una giovane 7 anni fa. Scelgo di riportare, tra i tanti articoli, quello de IL MESSAGGERO che pubblica lo sfogo della protagonista, perché mi ha mosso fino alle lacrime. Della sua vita, dice che è stata: “distrutta, maciullata dalla violenza. La violenza che mi è stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui è stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale”. E ancora: “Essere vittima di violenza e denunciarla è un’arma a doppio taglio: verrai creduta solo e fin tanto che ti mostrerai distrutta, senza speranza”.

Leggetelo, capire meglio la speranza con cui voglio chiudere. La speranza, anzi, la certezza di un futuro migliore, che mi è derivata dalle parole di un padre intervistato al TG: “Ho un figlio maschio e una femmina. Voglio educare il maschio affinché porti rispetto al mondo femminile”.
Perché la violenza sulle donne è un problema degli uomini.



mercoledì 22 luglio 2015

RIVOLUZIONE SESSUALE

Morire di infarto nel 2015 per una donna che ha fatto come propria la missione di conquistare i cuori di una generazione di adolescenti appare quasi una beffa. Però, lei, amatissima da tutti, non fu amata da nessuno. Volle essere dimenticata.

Sì, sto parlando di Laura Antonelli: inchinatevi a 90, oh voi donne adolescenti di oggi davanti alla icona della Rivoluzione Sessuale.

Gli adolescenti di oggi (e anche gli adulti) hanno a disposizione siti su cui trovare sesso virtuale a pagamento
Ma nell'era preYouPorn, bastava una locandina di film per fare sognare. Quella di MALIZIA del '73, girato dal regista Samperi, inaugurò il capovolgimento dello sguardo maschile: da sopra la scollatura a sotto la gonna. Lei, statuaria e dominante, ma con straccio e sguardo dimesso, da quel giorno incarna (è il caso di dirlo!) l'immaginario del maschio medio italiano.

Dall'alto della sua bellezza consapevole, Laura Antonelli conosce le armi della seduzione e le fa sue, ma con aria di - qualcuno dice - fragilità (leggete il pezzo su VANITY FAIR dell'8 luglio a firma di Michele Neri perché è da STANDING OVULATION), io dico, non di sopportazione, ma di compassione. Perché la consapevolezza dell'ascendente erotico che hai sugli uomini ti cambia. Tu donna della Rivoluzione Sessuale devi decidere come usarla. Se con lo “sguardo puro e indifeso” che vede Michele Neri, o se con la compassione verso il maschio, col suo carico ormonale che lo fa sbarellare. Dal canto mio, propendo per la seconda soluzione, sebbene noi vecchie abbiamo dovuto passare nelle forche caudine di certi ambienti ecclesiastici che ci giudicavano prostitute. Col senno di poi, Laura Antonelli dev'essere stata una di queste vecchie che non ha retto.

Infatti, da come si è comportata negli ultimi anni della sua vita, a cominciare dai trattamenti estetici che le rovinarono il viso passando dall'arresto per detenzione di 36 grammi di cocaina, pare abbia scelto la strada della fragilità, fino ad arrivare alla Fede professata a tutto campo, alla eliminazione delle frequentazioni di ogni tipo. Una donna iconica come lei dovrebbe rimanere tale in ogni momento della vita. A cinquant'anni, per restare icona, avrebbe potuto scegliere di portare le rughe come medaglie. Anche scegliere uno stile di vita rigoroso, che consentisse la conservazione naturale della bellezza senza età in ogni età. Anche contornarsi di amici fidati, uomini o donne che siano.

Invece, affranta dagli affronti che le ha riservato una ingrata Società (degli uomini), ha scelto la solitudine e l'eremitaggio, confidando in Dio. I pochi amici rimasti inascoltati. Il suo cuore ormai era solo di Dio. E Dio gliel'ha preso.

sabato 18 luglio 2015

NON FARE IL BENE SE NON SEI PRONTO ALL'INGRATITUDINE

Tempo fa, all'epoca del gruppo segreto di donne maltrattate cui facevo da garante della privacy 
fui maltrattata dalle donne maltrattate. Ne ricevetti uno shock terribile, perché mai avrei creduto che donne come me, con cui condividevo lo stesso passato di violenze familiari, cui apportavo aiuto concreto, mi si potessero rivoltare contro. Cui avevo dedicato 4 anni di studi e ricerche per approntare un manuale di soccorso pratico, CORPI RIBELLI - resilienza tra maltrattamenti e stalking.

Dovetti cambiare account, inventandomi un nick di fantasia pur di non essere più trovata da “loro”. Dovetti rivolgermi da una psicologa del CIPM, specializzata in trattamento clinico delle vittime di violenza, per farmene una ragione. Tuttavia, in quel periodo mi ripetevo spesso: NON FARE IL BENE SE NON SEI PRONTA ALL'INGRATITUDINE. Da poco più di un mese, so che non è così.

Amo raccontare la mia rivoluzione umana di quest'ultimo mese. Non uso a caso l'espressione “rivoluzione umana”, perché attinente al buddismo di Nichiren Daishonin.

Nell'ultimo anno, mi ero riavvicinata al cattolicesimo che nei primi 25 anni della mia vita tanta parte aveva avuto nella formazione etica e morale. Sentivo di essere una Maddalena che Gesù aveva richiamato a sé ed ero molto grata per questo. Trovai una comunità di Cammino Neocatecumenale, che inizialmente avevo interpretato come catechesi per adulti. Scoprii subito una sorta di snobismo nei miei confronti, io divorziata e vecchia, ma non mi era chiaro perché, dato che gli insegnamenti di Gesù sono per l'accoglimento e la compassione verso tutti i peccatori.

E' un gruppo composto da una cinquantina di individui di tutte le età, con prevalenza di consolidate coppie sposate (catechisti) e giovani single sotto i 30, che si alternavano nella preparazione delle letture dalla Bibbia. Una volta la settimana, ci si trovava in un locale di una parrocchia milanese, presente un presbitero, alcuni di noi a turno leggeva i brani biblici prescelti attorno ad una sola parola (per esempio: ACQUA), poi ciascuno di noi relazionava circa le risonanze che la parola creava dentro il sé. Intervenivo quasi sempre, assieme a pochi altri, sempre gli stessi. Ma mai fui scelta per la lettura. Questo ultimo elemento, mi insospettiva e andava ad ingigantire il sospetto di snobismo.

Però non demordevo, decisa ad andare fino in fondo E perché sono determinata, E perché avevo bisogno di spiritualità.

Dopo circa 9 mesi e due traslochi, (mai gestazione fu più sofferta!), finalmente alla vigilia della Pasqua 2015 la Comunità venne invitata in chiesa ad assistere ad un documentario recentissimo dove Papa Francesco designava famiglie neocatecumenali da poco costituite, con figli neonati, per mandarle in missione nel mondo. Ebbi la mia illuminazione: ecco il vero scopo del Cammino. Ecco il motivo dello snobismo. Ecco perché mi tagliavano fuori. Ma non mi importò più di tanto. Ero lì per nutrire il mio spirito e continuai a farlo. Comunicai le mie perplessità e la mia decisione al catechista via Whatsapp. Mi benedisse e affermò che avrei fatto bene, perché le vie del Signore sono infinite. Ma dentro di me obiettai: Quelle del Signore sì, ma quelle della Missione del Cammino per me sono finite. Avevo ragione. Il Cammino non mi avrebbe presentata come candidata, il Papa non mi avrebbe mandata in missione. Pazienza. Con molta umiltà, continuai a frequentare le letture e le Messe.

Circa nell'ultimo mese, però, sono accadute tre evenienze speciali. Una: “grazie” alle parole del presbitero che ci lanciò un vero e proprio anatema nell'unica occasione in cui non commentai nulla e nessun altro lo fece. Ci accusò di non essere cristiani. Due: “grazie” all'invito del catechista a partecipare al Family Day per contrastare l'approvazione della legge a tutela del gender (“Ci voglio rendere i nostri figli OMOSESSUALI fin dalle elementari!” Cit. il catechista); tre: “grazie” al pensiero di Kiko Arguello, fondatore del Cammino, sull'opportunità da parte del marito di picchiare la moglie se manifesta l'intenzione di lasciarlo, (dal minuto 10 del video su YouTube, ecco le parole di Arguello: “Ma se la moglie lo abbandona e se ne va con un'altra donna (!!!) quest'uomo può fare una scoperta inimmaginabile, perché questa moglie gli toglie il fatto di essere amato, e quando si sperimenta il fatto di non essere amato allora è l'inferno. Quest'uomo sente una morte dentro, così profonda che il primo moto (!!!) è quella di ucciderla e il secondo moto, poiché il dolore che sente è mistico e terribile, piomba in un buco nero eterno e allora pensa: "Come posso far capire a mia moglie il danno che mi ha fatto?" Allora uccide i bambini.”), ho finalmente desistito, non prima di aver cercato un confronto con la Comunità. Infatti avrei voluto che mi si dicesse che le parole di Arguello erano riferite ad un Ateo che, non avendo l'amore di Dio (ma come? Dio ama tutti, Atei compresi!), perde ogni speranza di vita. Ma il confronto mi è stato negato dal catechista stesso. 
Viva la compassione cristiana.

Contemporaneamente, venivo informata dell'esistenza del buddismo di Nichiren Daishonin da ben tre amici. Essendo filosofa (ma non ho voluto discutere la tesi) ed avendo studiato Filosofia delle Religioni, sapevo che il Buddismo delle origini dall'India contiene in nuce le ragioni del nichilismo (propugna infatti l'eliminazione del desiderio per raggiungere il Nirvana, ovvero la vera Felicità, solo dopo aver espiato attraverso le reincarnazioni) e avevo capito che non attiene alla nostra mentalità occidentale, così piena di desiderio.

Invece l'uomo che mi ha fatto Shakubuku (ovvero, che mi ha portato verso il Buddismo riformato di Nichiren), mi ha spiegato che: la felicità è in questo mondo, e che si può ottenere subito con la pratica. Gli rivolsi le obiezioni comuni alle mente dubbiose. Rispose senza incertezze. Se di pratica si doveva parlare, che mi portasse subito a praticare il Daimoku (trad.: titolo) 
Mi accompagnò seduta stante al Centro Buddista di Milano (Kaikan di Corsico). Cantai il Daimoku in coro con un'altra ventina di sconosciuti senza conoscere nemmeno il significato delle parole. Senza nemmeno conoscere le parole. Venni immantinente trascinata in una dimensione mistica di comunione con l'Universo. Dopo nemmeno dieci minuti di recitazione, uscendo dissi: Domani ho un intervento. Ieri avevo paura. Ora non più.

Cominciai a frequentare gruppi di recitazione sparsi per Milano e a confrontarmi con tanti altri buddisti. Feci Shakubuko dappertutto, persino in Ospedale a Medici, Infermieri, Pazienti. Ero (e sono tutt'ora) luminosa di felicità grazie al Daimoku.

In meno di un mese, i buddisti affermarono che ero pronta a ricevere il Gohonzon (trad.: Oggetto di Culto). Purtroppo, non avendo un posto dignitoso dove metterlo (sono senza fissa dimora e attualmente bado a mia mamma stando da lei), il 5 luglio sono stata solo ammessa come membra, (concedetemi questo neologismo provocatorio in chiave femminista!), della Soka Gakkai (trad.: Creare Valore). Ho messo come obiettivo di fare Shakubuku a mia mamma ENTRO UN MESE, cattolica e un tantino bigotta, dato che va a Messa per sfoggiare la pelliccia. Scusate, non è tanto buddista fare affermazioni sarcastiche come questa! Infatti ora che ho acquisito compassione, so quanto per lei conti questa forma di culto con pelliccia e mi scatta la voglia di abbracciarla!
Però ho ottenuto di farle non solo Shakubuku ma di recitare mezz'ora con lei sia il Daimoku che il Gongyo (trad.: Liturgia).
Ma questo ve lo racconterò un'altra volta, come anche gli studi che sto facendo sul femminismo nei Gosho (trad.: Scritti) di Nichiren Daishonin.

giovedì 16 luglio 2015

SESSO, ISIS, STRAGI, SINISTRA

Quante ESSE!
Vorrei provare a dimostrare la interrelazione tra Rivoluzione Sessuale, decrescita della capacità decisionale della partitica italiana, avvento dell’ISIS come reazione alla Rivoluzione Sessuale.

Ma non è detto che ce la possa fare, perché gli argomenti, presi singolarmente, sono già difficili di per sé. Ma mi ha colpito ciò che ha scritto il Dr. Michele Serra su VANITY FAIR , 8 luglio 2015, dal titolo: SI SCRIVE ISIS, SI LEGGE SESSO e anche lo scritto del Dr. Peter Sloterdijk apparso online su ESPRESSO-REPUBBLICA nel Maggio 2015, che teorizza circa la scomparsa dell'etica, della morale, verso una mollezza di costumi e di sentimenti.

E’ di poche settimane fa la notizia di una strage di europei su note spiagge turistiche del medio oriente. Rivendicata dall’ISIS, trentotto le vittime. L’analisi lucidissima e impietosa del Dr. Serra deduce che il Patriarcato Mondiale, quello più bieco, retrogrado, anacronistico, avrebbe trovato il suo braccio armato nell’ISIS. Come se l’ISIS, ammazzando turiste in bikini, promulgasse un ritorno alla morigeratezza nei costumi.
Però, tra le vittime della spiaggia, se ne contano solo 7 di nazionalità europea, come la belga, la tedesca e l’inglese. Quindi 31 erano arabi/tunisi ed è lecito supporre che la maggioranza di costoro sia stata musulmana. Perché ammazzare così tanti musulmani, quando l'intenzione era di castigare i costumi libertari degli europei? Se è vero ciò che dice LA STAMPA, cioè che L’azione sarebbe durata in tutto circa 20 minuti, nei quali il killer avrebbe avuto modo di tirare anche alcune granate, avendo cura di risparmiare i locali e colpire invece esclusivamente i turisti”, allora v'è da dedurre che il terrorista aveva mira ben scarsa. Qualcosa non torna. Non sono una complottista, ma sembra di scorgere un disegno sconosciuto ai comuni mortali come me. Questo però non è il luogo adatto per condurre siffatta analisi. Vorrei infatti tornare all'argomento che apre questo mio post.

Tanti elementi nelle nostre Società Occidentali farebbero pensare al ritorno del bieco Patriarcato grazie al supporto dell’ISIS. A partire dal suo codice-colore, il nero, colore della morte ma anche della rinascita. Scelto, pare, perché secondo la tradizione, Maometto si sedeva sotto uno stendardo nero ricavato dal velo della moglie Aisha per diffondere la parola ai suoi seguaci. Quindi un’egida nera per la diffusione della sua parola. O anche perché sotto una bandiera nera fu condotta la conquista di territori a parte dei mussulmani (ad esempio, proprio con questa bandiera si verificò l'avanzata degli Abassidi nell'Ottavo secolo, instaurando un califfato capace di unire gran parte del mondo allora conosciuto, dall'attuale Libia fino all'Iran): in massima sintesi, nero uguale conquista, religiosa e militare.

Altra prova indiziaria: il velo. Nel mondo islamico, e nel nostro, sta svolgendo la medesima funzione che ebbe la minigonna, sebbene all’opposto. Un capo d’abbigliamento volto alla provocazione, un emblema della rivoluzione sessuale dagli anni ’60 fino ad oggi, la minigonna. Mentre, per converso nelle società islamiche, un ritorno alla tradizione, alla sottomissione – direbbe qualcuno – dopo la parentesi laicista dei vari nazionalismi, il velo. Ma sottolineo, non solo nelle società islamiche: anche nella nostra, quasi volessero imporci usanze a noi non appartenenti.

Su vari periodici, spesso si legge di lotte a colpi di carta bollata tra alcuni dei nostri politici, nazionalisti e di destra, che vogliono conservare crocefissi e togliere veli, e attivisti islamici, che sostengono la tutela delle loro tradizioni morigerate. Poi c’è il sentire di certa sinistra che promulga la tutela dei diritti ad ogni costo per chiunque. Finanche la costruzione di Moschee, pur sapendo che in tali luoghi avvengono talvolta i reclutamenti dell’ISIS. Si moltiplicano sulla Rete testimonianze come questa del pentito Elassi Rihad, che parla di lavaggi del cervello tramite la visione di appositi video: (“la trappola è lì nella moschea, dove mettevano dei video, dalla mattina alla sera"). Sempre il Rihad: "Tra una preghiera e l'altra ci dicevano che in questa vita siamo condannati a morte e moriremo prima o poi perché dobbiamo morire, qui, in mezzo a questi porci che ci rubano il petrolio" Tutti messaggi finalizzati a fomentare odio, tanto da spingere le reclute a pensare che: "L'unica soluzione è morire, renderti utile morendo", secondo quanto riportato da LIBERO.

Addirittura, secondo IL GIORNALE versione online, in Marzo 2015, nel Kosovo del 2012 con l'inizio della guerra in Siria, la comunità islamica avrebbe ordinato a oltre 800 imam l'obbligo di insegnare i valori della Levante, altrimenti detto Terra di Sham, antico nome attribuito a Damasco. Questa comunità religiosa, rafforzata dal gruppo terroristico dell'ISIS, ha ordinato a tutte le moschee del Kosovo di predicare che la gente offrisse assistenza materiale a "tutti i credenti e fedeli fratelli", incitando così all'odio contro la setta sciita dell'Islam. 

Pare verosimile, persino, che i reclutamenti si verifichino non solo tra i figli degli
emigrati nati in Occidente, ma anche tra noi autoctoni, per un complesso procedimento psicologico analizzato d un editorialista de IL FATTO QUOTIDIANO, Dr. Marco Venturini, nell'agosto 2014 che conclude dicendo: “Il terrorista appare più forte del nostro governo, il quale agisce in modo incerto, in ritardo, attendendo autorizzazioni e viene sorpreso in casa propria, nei suoi luoghi simbolo”

A conferma delle sue ipotesi, ecco il caso di Maria Giulia Sergio, italianissima, convertita all'Islam nel giro di pochi giorni e ora aspirante combattente ISIS, anzi, cito dal sito del CORRIERE DELLA SERA, Dr. Gianni Santucci, luglio 2015: la sua famiglia e quella dello sposo sono “accusate a vario titolo di associazione con finalità di terrorismo e di organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo".

A parte la sorpresa di scoprire che, tra le tecniche di manipolazione mentale attuate dall'ISIS e citate dal Venturini, ci siano quelle che noi - NOI - occidentali attuiamo da decenni nel nostro marketing, e tra le notizie manipolatrici metterei la furia iconoclasta e il reclutamento di leoncini, è interessante la constatazione di vuoto partitico, di incertezza e ritardo governativo, tutti interstizi in cui si infilerebbe l'ISIS a proprio vantaggio. Non sono sicura di dar torto al Dottor Venturini, sentendomi suffragata anche dall'analisi di vacanza della sinistra in Italia da parte del Dr. Slavoj Žižek che, su L'ESPRESSO di Febbraio 2015 afferma: “Se lo Stato Islamico avanza è anche perché manca una vera sinistra”. 
Slavoj Žižek afferma anche che “l’ascesa dell’ISIS è l’ultimo capitolo della lunga storia del risveglio anticoloniale” e che affinché l'ISIS, come reazione fasulla e mistificatrice alla pecca reale del liberismo, sia efficacemente contrastata è che il liberismo si coalizzi fraternamente con una sinistra rinnovata e radicale. “Questo è l'unico modo per sconfiggere il fondamentalismo: togliergli il terreno da sotto i piedi”.

Non sono di sinistra, ma tendenzialmente di destra perché ambisco di incarnare gli ideali del cavalierato a tutela della fasce più deboli della nostra Società, però ben vengano uomini e donne di Sinistra, riformata e radicale, con cui costruire una nuova Italia, coraggiosa e felice!

Lo stesso Slavoj Žižek dice che il fondamentalista islamico in fondo ambisce agli stereotipi di ricca mollezza di noi occidentali. Infatti uno di loro ama farsi fotografare con vistosi Rolex al polso. Un'altra terrorista, tale Hayat Boumeddiene, che dice di lottare contro la libertà sessuale degli occidentali, appare sul web in bikini, a dimostrazione della presenza – forse schizofrenica o forse intenzionale – di entrambi i comportamenti in una medesima personalità. 

Eppure, sono spesso riportati dai quotidiani fatti di cronaca nera in cui si enfatizzano come negativi certi valori erotici dell'Occidente: la storia apparsa sulla versione online de IL MESSAGGERO di DONNE COME OGGETTI SESSUALI BRUCIATE VIVE perché rifiutano “atti si sesso estremo” è di Maggio 2015 e riporta altre nefandezze. Tratta di schiave sessuali nella città siriana di Raqqa, dove l'acquirente ne tiene con sé per qualche mese, per poi sostituirle con altre più fresche. O quella di una bimba di 9 anni rimasta incinta dopo essere stata stuprata ripetutamente dai jihadisti. O quella ancora di una diciannovenne tenuta in ostaggio, ammanettata e violentata a turno da diversi combattenti. Tutti fatti verificati e denunciati da Human Rights Watch (HRW)

Qui trovate una sorta di cronistoria di corpi massacrati di bimbi rapiti dall'ISIS e denunciati dallo HRW.

Essendo filosofa, vorrei chiudere facendo mie le riflessioni del Dr. Peter Sloterdijk circa la nostra mollezza in contrasto con la durezza dell'ISIS. “L'Occidente può salvarsi solo con moralità e disciplina”. Non è moralismo retrogrado, ma ricerca della felicità. Da tempo ho notato nei gesti quotidiani di tutti noi la decadenza occidentale nei rapporti reciproci. A partire dai Social fino allo smartphone, siamo ad un passo dall'esercizio INGIUSTIFICATO della violenza e della maleducazione, mentre siamo già incapaci di stabilire finanche un contatto visivo col prossimo, essendo tutti a occhi bassi sui nostri “cosi” a fare sesso virtuale. I nostri bimbi sono bombardati da pubblicità idiotizzanti, mentre i figli dei musulmani guardano reti satellitari senza pubblicità, dove i cartoni animati prevedono personaggi di tutte le etnie che però parlano arabo, senza sottotitoli, come invece si farebbe in Italia. Segno che nel loro genoma è già scritto il senso di vittoria. Segno che noi in Italia abbiamo tanta ignoranza da aver paura dell'altro. Alle parole chiave Moralità e Disciplina del Dr. Peter Sloterdijk aggiungerei pertanto: Conoscenza. Perché alla base della violenza ci sta l'ignoranza!



martedì 14 luglio 2015

PERDERSI PER POI RITROVARSI

Essere all’Assessorato alla Casa cosa potrà significare? Apprestare aiuti concreti per chi la cerca? Se sì, allora sappiate che non è così. La novela casa da urlo scopre un nuovo aggiornamento. In attesa di conoscere le decisioni della commissione Erp circa l’assegnazione di un alloggio popolare, sapendo per certo che la mia domanda è già passata un mese fa e più, non ricevendo comunicazioni ufficiali, mi reco negli appositi uffici, trasferiti il 12 giugno nella nuova sede in Piazzale Cimitero Monumentale 14 per saperne qualcosa.

Fortuna 1 che ho uno smartphone con Google maps che mi traccia la strada. Infatti non esiste il numero 14. 
Fortuna 2 che ho uno smartphone con collegamento internet, dove reperisco i nuovi recapiti telefonici per chiamare la sede e farmi spiegare dove trovare questo fantomatico 14. 

Rispondono solo al 4° tentativo, dopo innumerevoli squilli.

Mi spiegano dettagliatamente. Assieme a me, si era formato un gruppetto di sprovveduti dispersi. Mi hanno seguita. Finalmente scopriamo che il n.14 non è apposto sull'edificio, e che è comunque un edificio del Cimitero. Difficile da reperire, anche dai meno sprovveduti. Figuriamoci da malati psichiatrici, come spesso sono i meritevoli di alloggi popolari.

Non ottenendo info, mi rivolgo telefonicamente al Responsabile di Via Larga per avere un appuntamento con la Responsabile Erp. Mi dà le due e-mail perché io li possa rendere edotti sulla evoluzione della faccenda. Nel ringraziarlo della sua solerzia, gli faccio notare le difficoltà oggettive per il reperimento della nuova sede Erp. Dice: Ma signora, è facilissimo! Si, Dottore, facilissimo per chi lo sa, purtroppo io sono un tantino rincoglionita e come me, un’altra decina di persone che vagava sul piazzale alla ricerca degli uffici Erp. 

Immagino sappia per il ruolo stesso da lei ricoperto che chi è in graduatoria per alloggio popolare spesso è disabile fisico se non addirittura psichiatrico.


Pertanto ci devono essere cartelli segnalatori GRANDI COME CASE! E non è solo un modo di dire…

venerdì 3 luglio 2015

TELENOVELA DA URLO

QUI LE PRIME DUE PUNTATE DELLA MIA MILANO DA URLO.
La terza puntata invece narra di come sono tornata in Via Pirelli 39 il giorno 27 aprile con altra donna nelle mie condizioni. Mi colpisce la storia di Giovanna, perché è sposata, madre di due piccoli, sfrattata per fine locazione, da un anno ospite della suocera in bilocale da 50 mq. I due bimbi hanno giocato tutto l'inverno nell'unico spazio libero: sotto il lavello del bagno. Presentò la domanda d'emergenza (in deroga) in marzo 2014. Già a maggio dello stesso hanno la Commissione l'aveva approvata. Ora è in Pirelli 39 perché l'assegnazione si è arenata sui rimpalli delle responsabilità tra Aler, l'organismo che un tempo gestiva in toto le case popolari, ed MM, acronimo di Metropolitana Milanese, il nuovo gestore designato dal Comune di Milano. Nel passaggio di consegne si è verificato il caos contabile, amministrativo ed informatico il cui tristo risultato è l'incapacità di assegnare gli alloggi liberi. Ma almeno Giovanna è in dirittura di arrivo. 

Io invece presentai la domanda in deroga già a gennaio 2014, precisamente il 27. Quindi un paio di mesetti prima della sua. Eppure, allo sportello delle informazioni, con il mio numero di protocollo, non riescono a risalire alla mia pratica. Sul pc della funzionaria non c'è. Però in bando sono in graduatoria: alla posizione 661. Nel frattempo la mattinata sta finendo, ci trasferiamo di corsa al sindacato UNIONE INQUILINI dove Giovanna riceve la promessa di ottenere un elenco di alloggi liberi, elenco con cui tornare in seguito in Pirelli 39 per l'assegnazione. Dal canto mio, faccio mente locale con il loro addetto e ci rendiamo conto che la mia domanda in deroga EFFETTIVAMENTE non era stata presa in considerazione dalla Commissione. Strano, infatti le domande in deroga sono valutate in ordine cronologico di protocollo. Forse la mia è stata saltata? Se sì, perché? E, comunque, non si trova? C'è il sospetto che esista materiale a sufficienza per montare un caso legale.

Nel frattempo sono contattata da un assessore inalberatosi per le mie affermazioni sul cosiddetto “albergo diffuso”: mi accusa di aver riferito “con le solite imprecisioni” e che, se scrivo un'email direttamente a lui, mi fornirà tutte le info a riguardo. Peccato che le info da lui fornite in seguito alla mia richiesta via email, non sono relative al progetto, ma mero copiaincolla dell'elenco degli uffici dei Servizi Sociali. Gli faccio notare che ero già arrivata ai Servizi Sociali e che, anzi, ero già andata oltre per via della disabilità, gli chiedo privatamente se volesse mantenere fede alla parola data circa “tutte le informazioni a riguardo dell'albergo diffuso”, perché le sto ancora aspettando. Legge il messaggio su Facebook ma non risponde.

Comincio a postare il mio caso sui profili di varie personalità politiche, suscitando discreto trambusto e scompaginandone il blocco.

La quarta puntata della novela, due giorni dopo, ha l'obiettivo di fare chiarezza. Mi reco nuovamente agli sportelli di Via Pirelli 39, decisa a non spostarmi da lì finché non salta fuori la mia deroga. Un'ora e mezza prima dell'apertura ufficiale c'è già coda, agitata dalle scontentezze degli utenti. Serpeggiano i soliti luoghi comuni: Non ci danno la casa solo perché siamo italiani! Hanno gli alloggi ma non li assegnano! Per forza: sono pieni di abusivi che non riescono a far sloggiare! Sono 4 anni che ho fatto la domanda e ancora nessuna risposta! Mi passano davanti gli invalidi, e allora cosa devo fare io per avere la casa: farmi rendere invalida? So di una sfrattata che ha ottenuto la casa in meno di un mese: sarà la solita bustarella!

E altre amenità via discorrendo, che mi riempiono di orrore per l'ignoranza xenofoba che le genera. Apertura degli uffici, registrazione con documento di riconoscimento alla mano, salgo allo sportello e gentilmente chiedo conto della mia pratica. Che miracolosamente stavolta appare in video! Chiedo se sia normale se non è ancora passata in Commissione Assegnazione. L'addetta dice che sì, è normale, perché viene data priorità di assegnazione a chi è in graduatoria per bando. Eppure, dico alla impiegata, mi sembrava di aver capito che le deroghe fossero procedure di emergenza, quindi prioritarie. L'impiegata fa spallucce. Ah spallucce? Vado dritta dal solito Funzionario per l'Assessorato alla Casa in via Larga a fargli la stessa domanda. Afferma che sì, se hanno saltato la mia pratica per la valutazione in Commissione, c'è di che fare causa, perché le deroghe sono valutate in ordine cronologico. Prima che io parta in quarta con un legale, il Funzionario vuole capire che cosa sia successo. Al termine del pellegrinaggio odierno, siamo al 29 aprile, ho almeno la certezza che la mia deroga ESISTE. Dico così perché, tra sparizioni e apparizioni, mi era sembrato di essere in uno degli episodi del telefilm: THE TWILIGTH ZONE, in Italia conosciuto
come AI CONFINI DELLA REALTA'.

La quinta puntata dell'avventura casereccia mi vede protagonista ai primi di giugno 2015 in via Pirelli 39, alle prese con al responsabile ERP. Infatti, quel solito Funzionario per l'Assessorato alla Casa in via Larga l'aveva contattata perché mi ricevesse di lì a pochi giorni dopo. Alla narrazione pacata del mio caso, la dottoressa allarga tanto d'occhi, teme per la sua incolumità (chissà perché? Eppure ho un aspetto molto pacifico, determinato, ma pacifico!), chiama un non ben identificato collega che, una volta entrato nell'ufficio della responsabile, resta in pedi senza sorridermi mai. Sebbene mi sia presentata a lui con un sorriso smagliante, il tipo mantiene un contegno minaccioso. Strano: eppure non superava il metro e sessanta.

La dottoressa dimostra con gentile determinazione che la mia domanda non è stata passata in commissione solo perché, al momento del protocollo, ancora non avevo raggiunto quel maledetto requisito dei 5 anni di residenza: mancavano infatti solo due mesi.

Però mi fa notare che era stata spuntata un'opzione, quella della emergenza abitativa per gravi problemi di salute, la quale ORA mi avrebbe permesso di essere passata al vaglio della famigerata commissione. Mi congeda con la promessa di velocità di tempi.

Penso che ormai la commissione abbia valutato, ma all'alba del 3 luglio 2015 non ho ancora ricevuto comunicazione.

E così eccomi alla sesta puntata, dal titolo: Piccoli proprietari e ancor più piccoli affittuari.
Nelle mie peregrinazioni da donna troppo ricca per avere una casa popolare (ma secondo quali parametri, che sopravvivo con una pensione di invalidità e l’accompagnamento?) e troppo povera per potersi permettere un canone milanese, sento da un sindacato inquilini che da pochi giorni è stata stipulato un apposito canale per affitti concordati. Il progetto mi viene presentato come se ci fossero diversi piccoli proprietari che hanno concesso la disponibilità di alcune proprietà immobiliari. A fronte di sgravi fiscali, questi piccoli proprietari affitterebbero a prezzi concorrenziali.

Prendo nota del nome dell’Associazione che li raduna sotto la propria egida e mi fiondo a chiamarla per un appuntamento. Il fido blocco di documenti a dimostrazione del mio reddito da fame, ma non troppo, è sempre a portata della mia mano.

Una garbata signora mi risponde molto cortesemente: Reperisca, cara, un proprietario, lo convinca a concedere l’immobile a canone moderato a fronte di futuri sgravi fiscali, lo convinca anche a stipulare il contratto con la nostra assistenza (che costerà 75 euro l’anno) e vedrà che anche lei avrà la sua casa.

Il che tradotto significa: TROVI lei un alloggio, TROVI LEI che sia direttamente da proprietario E NON DA AGENZIA, LO CONVINCA ad aspettare che quei soldi che dovrebbe invece prendere da LEI SUBITO, gli tornino indietro sotto forma di sgravi fiscali chissà quando. Gli FACCIA a pagare una quota associativa, così da fargli fare il contratto.

Capisco giusto un paio di cosette: l’associazione Piccoli Proprietari non ha associati che abbiano concesso alloggi a questo scopo. Forse si aspetta che siamo noi poveri cristi a portar nuovi associati. A questi poveri cristi, che fanno il lavoro di competenza dell’Associazione, chiede pure 75 euro.

Temo che le menti geniali ideatrici di cotanto sistema siano quanto meno sganciate dalla vita reale. Se non ho mandato a vaffa quella signora è solo perché era molto gentile.