sabato 13 giugno 2015

ASTROSAMANTA e SELVAGGIASTRONOMICA

Più passano gli anni nella mia missione, più mi accorgo di quanti pochi siano gli esempi contemporanei di Donne Resilienti, da prendere a modello. Una di queste è Samantha Cristoforetti, soprannominata a buon merito AstroSamantha. Alcuni dei miei selezionatissimi amici di Facebook propongono talvolta le foto di donne avvilite, pestate, con ecchimosi sul corpo, sottomesse al picchiatore, pensando di sensibilizzare contro le violenze di genere.
Li rimprovero, non perché voglia nascondere la testa sotto la sabbia, ma perché è dimostrato che la lunga e reiterata esposizione ad immagini di questo tipo, in qualche modo condizioni il cervello ad accettare la violenza, a subire passivamene, senza lottare, ottenga cioè l’effetto opposto: anestesia

Qui un documento UNICEF e qui un altro di SCIENZA E PSICOANALISI.

Controbattono chiedendomi cosa propongo.

Propongo di attingere al passato a figure esemplari (Ipaziamatematica, astronoma e filosofa greca antica martirizzata da fanatici cristiani, o Madame Marie Curie, chimica e fisica polacca in seguito francese solo perché, in quanto donna, nel suo paese non aveva accesso al sapere), ma quando arrivo al contemporaneo parlo di AstroSamantha. Mi approvano, capiscono la mia posizione. Purtroppo da ieri leggo sui Social una polemica che mi lascia basita. La nota signora Lucarelli afferma di essere stufa della melensaggine che farebbe di questa AstroSamantha una donna poco accattivante.

La signora Selvaggia, forse per non smentire il suo nome proprio, l’apostrofa esordendo con:  “Abbiamo capito che la Cristoforetti è tornata a casa” come se fosse annoiata dalle celebrazioni mediatiche. 

Vorrei anche sottolineare che, “la Cristoforetti” non è sua sorella. Temo infatti che una supposta sorella della signora Selvaggia Lucarelli, per il solo fatto di essere sua sorella,  non sarebbe mai  “ingegnere, aviatrice e astronauta italiana, prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea” (Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Samantha_Cristoforetti) come la dottoressa Cristoforetti è.

Perché “appiccicato addosso” un nomignolo simpaticissimo? Io, nella mia banale ignoranza, ne andrei fiera.

“Come una cartomante barese”: offende le cartomanti! Le baresi! La Dottoressa Cristoforetti stessa! Me, che sono una qualunque, che ama le cartomanti per il loro vivace apporto alla collettività in quanto fantasiste e Bari, splendida città!

“Ma davvero, basta. Non se ne può più”. Come? Per una volta che una donna assurge ad altissimi livelli più e meglio di tanti colleghi maschi, vogliamo ignorarla? Eleviamola ai massimi fasti, invece!

Ma la chiusura è la parte migliore e ve la riporto tutta nel suo splendore: “C’è tanta gente che lavora mesi su una petroliera, o in cantieri sperduti nel mondo o a tirar su le case in Nepal e quando torna a casa si festeggia senza tutta ‘sta melassa spaccacoglioni”. Vero, ma la signora Selvaggia Lucarelli sembra quasi invidiosa delle celebrazioni riservate a “la Cristoforetti”, invece di gioirne senza astio. Melassa spaccaqualcosa è una cosa che vede solo lei. Io, assieme a migliaia di persone, donne e uomini,  non vediamo sdolcinatezze né spaccamenti di alcun chè.

Vista la chiusa, ho fatto un giretto in Rete a raccogliere informazioni sulla signora, dove desumo che dal 2013 conduce con Davide Maggio la serata di premiazione dei TeleRatti, i Premi alla Peggiore Tv (Ratti? Ah ecco!) e che nel maggio 2015 è accusata di essersi introdotta nelle caselle email di Mara Venier, Elisabetta Canalis e altri personaggi dello spettacolo, quindi rinviata a giudizio per concorso in intercettazione abusiva, accesso abusivo a sistema informatico e violazione della privacy, ora le mie domande sorgono spontanee:

L’esimia Lucarelli sa usare un linguaggio elegante?
L’esimia Lucarelli è femminista?
L’esimia Lucarelli è giornalista?

A voi l’ardua (non tanto) sentenza!


lunedì 8 giugno 2015

AMICHE F A N T A S T I C H E



Ho delle amiche F A N T A S T I C H E. Poche, ma fantastiche. Di tutti i gender. Sì, non di ogni genere, ma di gender. Come chi legge questo blog sa già, ho ricevuto una educazione cattolica, sono eterosessuale, ma  anche tendenzialmente di destra perché intendo incarnare gli ideali del cavalierato, a tutela dei soggetti più fragili, come Donne&Minori. Non da ultimi, coloro che non godono degli stessi diritti civili degli altri, come transgender, omosessuali, siano essi gay o lesbiche, travestiti, drag queen, queer, LGTB.  Queste sono persone cui è negato il diritto di eredità, di avere figli, di sposarsi o di vedersi avallata legalmente la loro unione. Per ovviare al mancato riconoscimento della loro convivenza,  alcuni di loro rimediano adottandosi, come fece qualche anno fa un famoso cantante italiano nei confronti del suo partner, molto più giovane. Ma sono solo piccole strategie che pochi possono assumere, data l’esosità della pratica, sia in termini di denaro che di tempo.  Insomma, quando c’è una fragilità sociale, io ci sono.   

Domenica 7 giugno 2015 è stato realizzato il PRIMO GAY PRIDE di Pavia, ridente cittadina di bigotti cattolici. 

Una delle mie poche amiche mi ha invitata timidamente ad andarci, timidamente perché non aveva mai realizzato questo mio sentire. Eppure, sapeva già che mio fratello è una gaya persona. Evidentemente, sta attraversando un periodo così difficile (la separazione dal marito) tanto da farle mancare la ricezione delle istanze altrui. Ho aderito subito, nonostante la calura e la mancanza di forze che la radioterapia determina nel mio corpo. Ed è stato fantastico. 

Perché abbiamo conosciuto tante persone gioiose, non rancorose, desiderose di cambiare le cose. Perché la mia amica mi ha resa partecipe delle sue trasformazioni. Lungo il percorso tra Milano e Pavia, ci siamo fermate a pranzare in un bar di provincia. L’amica mi confessa di provare attrazione per le donne e di aver già vissuto un amore lesbico. Ordiniamo un paio di panini imbottiti e piatti di finocchi. Due belle donne come noi attirano subito la curiosità della gente di paese. Il barista ci chiede immediatamente se siamo solo di passaggio. Io dico, guardandolo dritto negli occhi, spavalda: Siamo di Milano e siamo qui per il Gay Pride. Abbiamo letto un’ombra nera sul suo viso. Poi il luccichìo nello sguardo dell’uomo attizzato dall’idea di avere a che fare con una coppia di lesbiche e pure belle.  Si allontana costernato. Abbiamo riso come matte. Lei mi dice più volte: Stefi, ti amo perché sei pazza come una cavalla.
Adoro provocare, che ci posso fare? 

A Pavia, raggiungiamo la testa del corteo  in compagnia di due sue amiche lesbo e di altri attivisti conosciuti per strada, più precisamente della AGEDO, l’Associazione di Genitori di Omosessuali. Mi refilano subito una loro bandiera che porto con orgoglio a mo’ di ombrello, in cerca di riparo dal sole. 

L’amica cerca qualcuno che le tracci coi gessetti l’arcobaleno sul viso, dal canto mio mi avvicino al telegiornalista di una TV locale (Pavia TV? Non ricordo!) che, videocamera in spalla, sta chiedendo l’opinione di un uomo di mezza età sui motivi della partecipazione al Gay Pride. Sussurro all’orecchio del cronista: Vorrebbe sentire il parere di una donna milanese, eterosessuale, cattolica e di destra? Il giornalista intuisce lo scoop  e accende su di me. 

Racconto un aneddoto occorsomi proprio in settimana, di un catechista della Comunità di Cammino Neocatecumenale che sto frequentando, il quale mi aveva invitata, assieme a fratelli e sorelle, ad andare in manifestazione  a Roma per protestare contro l’approvazione della nuova legge a tutela dei diritti dei gender, perché, a suo dire, “ci vogliono  traviare i  figli già a scuola per farli diventare omosessuali”.

MAI E POI MAI, ho affermato alla telecamera, MAI E POI MAI ANDREI AD UNA MANIFESTAZIONE CHE NON PERMETTE IL RICONOSCIMENTO DE I DIRITTI DELLE PERSONE, siano esse omo, etero, trans, queer.  Al telecronista brillavano gli occhi nel dirmi che la mia intervista sarebbe andata di certo in onda, perché la PaviaBigottaCattolica ha bisogno di un bello scossone.

Un’attivista di AGEDO ha ascoltato le mie esternazioni e si complimenta. Poi propaga il verbo ai colleghi, nei cui occhi vedo lampeggiare stima e orgoglio, o dovrei dire PRIDE, per me. Scusate se lo scrivo qui, ma la mia autostima è salita troppo a vette incommensurabili per non doverne parlare!

Alcune istantanee di gioia ve le devo passare per condividere la felicità di queste persone e la mia.

Un gay dall’aspetto molto sobrio con camicia alle cui spalle è affissa la scritta: ESTREMO.

Una lesbica biondissima e bellissima e molto donna, infiorettata come una FEMEN.

Una coppia gay di maschi brutti, per smentire il luogo comune che tutti gli omo sono belli.

Un omo bello con l’arcobaleno sul viso che, da come  ballava in piazza, credeva di essere ad Ibiza.

Una nonnina al balcone del terzo piano che si fa il segno della croce e tutto il corteo che la fischia.

Una lesbica camionista brutta come il peccato, ma bella per il viso incendiato di vita.

Una coppia etero, bimbo treenne in braccio al papà, col papà che toccava il culo alla sua signora durante il corteo.

Un ragiunatt, come diciamo noi milanesi per definire uno dall’aspetto di ragioniere di banca, con la T-shirt ufficiale: CERTI RAGAZZI AMANO I RAGAZZI. FATTENE UNA RAGIONE.