martedì 29 settembre 2015

KAFKA MI FA UN BAFKA

Voglio continuare a scrivere dei problemi legati alla mia casa per sottolineare quali siano le criticità cui una donna maltrattata deve fare fronte e come certe Istituzioni preposte alla tutela dei bisognosi se ne occupino.
Il 25 aprile 2015 mi fu spiegato che sarei stata contattata dall'Assistente Sociale di competenza di lì a sei mesi dopo
In effetti, ad onor del merito, di mesi ne sono passati “solo” 5.

Mi viene indicato un indirizzo che appunto sulla app Google Maps, per facilitarmene l'individuazione. Eppure all'indirizzo indicato esiste solo una Piscina Comunale! Chiamo la sede e mi spiegano che QUEL numero civico corrisponde alla Piscina, in cui devo entrare per poter vedere un altro portone con il loro cartello. Un altro accesso facile! Pare che Servizi Sociali ed Uffici Comunali preposti al sostentamento dei disabili o alla attribuzione di un alloggio popolare di Milano abbiano questo vizio.

Quando finalmente accedo parlo con l'Assistente Sociale, che risultato ne derivo? Ne derivo di sapere che nel frattempo, il famigerato Albergo Diffuso si è trasformato da progetto per “adulti singoli in gravi condizione economiche e di salute” a “giovani coppie con prole in tenera età”. Insomma, definitivamente tagliata fuori. E dire che un Assessore contattato da me mi ha accusata di essere imprecisa! 

Oh ma signora, non tutto è perduto, incalza la generosa Assistente. Mi informa infatti che potrei essere inserita in altri ambiti. Uno, è dedicato ai senzatetto, cui viene attribuita una dimora in alloggio condiviso con altri clochard, che a Milano si chiamano BARBONI. L'organizzazione in cambio preleva alla fonte i loro redditi, lasciandogli 180 euro mensili, zecche e pulci come coinquilini complementari. Direi che non fa al caso mio.

Ve ne sarebbe un secondo, dedicato agli invalidi di qualsivoglia natura, sempre in alloggi condivisi, senza il cammino verso l'assegnazione di alloggio popolare, dietro pagamento di locazioni modeste che si aggirano intorno ai 500 euro mensili. Troppo per le mie tasche, tenendo conto che dovrei condividere la mia camera con disabili, magari tristanzuoli. Non ho bisogno di tristezza.

L'ultima spiaggia, invece, è legata ad un'organizzazione caritatevole cattolica, di cui non faccio nome, che concede gratuitamente alloggi di sua proprietà a rifugiati ed emigrati senza casa né lavoro, i quali li condividono. Costoro saranno poi accompagnati su un percorso di inserimento al lavoro e di assegnazione di alloggio popolare. Questa terza la vedo più come un'opportunità per me, sebbene non capisca come una milanese doc possa essere ritenuta una rifugiata. Esprimo la mia perplessità alla Assistente Sociale, la quale mi porge un biglietto su cui è scritto il nome e il recapito del Responsabile di questa organizzazione caritatevole, dicendomi: Si faccia spiegare da loro come funziona. Cosa che faccio subito dopo essere uscita da lì. Mi viene rivolto un cazziatone per essermi azzardata a chiamare direttamente, senza l'intercessione dell'Assistente Sociale. Eppure avevo debitamente spiegato quale fosse la situazione. Ci lasciamo con le scuse da parte della caritatevole organizzazione, che esprime l'intenzione di chiamare l'improvvida Assistente Sociale.

Insomma, altro buco nell'acqua. Ah no! Dimenticavo che l'Assistente Sociale mi ha fatto notare che non posso mantenere la residenza nella casa da cui fui sfrattata oltre un anno e mezzo fa. Grazie! Lo sapevo anch'io! Ma dove la posso portare, se non ho casa? Facile: Si rivolga alla Caritas, signora! E così non mi resta che affrontare anche questa umiliazione, la Caritas...

Il giorno dopo, siamo intorno al 20 di settembre, vado nella sede centrale, dove trovo una coda di sfigati (come me? Mannaggia quanto sono caduta in basso!) e leggo un cartello: SI AVVISANO GLI UTENTI CHE NON SONO ACCETTATE DOMANDE DI RESIDENZA FINO AL 30 DI SETTEMBRE. Incoraggiata, (?) busso ad una delle porte, mi faccio mettere in lista per la domanda di residenza presso di loro, ma pochi minuti più tardi mi viene spiegato che la posso inoltrare soltanto se presso il Comune risulto nella condizione di SENZA FISSA DIMORA. Faccia richiesta di risiedere presso il Comune, Signora, mi viene consigliato.

Chiamo la sede centrale del Comune di Milano allo 020202 dove un'impiegata solerte si informa circa la mia richiesta. Quando mi riporta il risultato, conferma: Sì Signora, si rivolga ad una qualsiasi delle nostre sedi con Carta Identità, patente e libretto di circolazione, che verrà fatto tutto.

Fiduciosa, mi reco nella sede di Zona 9. Dove allibiscono E la Sportellista E la Responsabile dell'ufficio. Non può portare in Comune la sua residenza! Mi faccia chiamare dall'Assistente Sociale che le spiego io come funziona e si rivolga al Parroco qui vicino per portare la residenza presso la Parrocchia.

Inutile dire che il Parroco manco ha aperto il cancello.


Sono passati 10 mesi senza casa, vivo ospite di persone di buon cuore, trascorrendo le mie giornate negli uffici pubblici che dovrebbero dare sostegno ai bisognosi. Ne ricevo solo una convinzione; Kafka e il suo PROCESSO sono io!

domenica 27 settembre 2015

UN DRAMMA COME TANTI

Antonella Caprio, autrice

Oggi vorrei scardinare una consuetudine malefica, una usanza inopportuna, un costume distruttivo, un detto popolare assassino: TRA MOGLIE E MARITO NON METTERCI IL DITO.
Anche a costo di andare contro i luoghi comuni, vi imploro: mettetecelo, QUEL dito, perché la vita di una donna potrebbe essere salvata.

Lo dice molto bene la pièce QUESTA STORIA SBAGLIATA di Antonella Caprio, già autrice di testi teatrali e romanzi: NON C'E' CUORE (n. 3 Premi Letterari Internazionali) e IL SEGRETO DEL GELSO BIANCO (n.3 premi letterari nazionali).
Patrizia Pozzi, attrice
Eugenio Gradabosco, attore
Patrizia Pozzi ha realizzato autoscatti con  farfalle sovraimpresse in colori violenti su mani maschili


Durante la visione, pensavo: Questa situazione sembra reale, vera, vissuta. Rabbrividivo e piangevo di compartecipazione. Eppure Antonella non mi ha detto di avere subito violenze...

Nel successivo dibattito, ecco svelato l'arcano. Antonella ammette di avervi assistito indirettamente. Ogni parola del diverbio e il grido disumano della donna ammazzata le rimbombano per tanto tempo nel cervello e nel cuore, a tal punto da indurla a scriverle. Se la scrittura è terapia, allora mi domando se con la pièce non voglia espiare la colpa di non essere intervenuta. Se così mai fosse, la rassicuro affermando che ce l'ha fatta, perché la sua invocazione di salvezza arriva forte e chiara a tutti, uomini e donne comprese. La platea era ammutolita nella gioia del riconoscimento del proprio dramma personale, annichilita nella vergogna di essere umano.

Infatti, solo due specie animali ammettono il genocidio: il bonobo e l'uomo. Il nostro genoma contiene in nuce il germe della violenza.

A fine rappresentazione, il dibattito rende protagonisti la sottoscritta, invitata come ospite d'onore per la mia testimonianza di vita, da cui ho derivato il saggio CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, un manualetto in cui si trovano nomi, telefoni ed indirizzi di coloro che aiutano.
Al termine del dibattito, vengo abbracciata da sconosciute che hanno condiviso violenze domestiche. Una di loro piange di compassione, le dico: Capisco che anche tu hai subito! Annuisce, felice di essere riconosciuta. Un'altra, con espressione dura, mi confida nell'abbraccio ferreo in cui mi stringe, di aver assistito da bimba alle violenze domestiche che il padre infliggeva alla madre, mai ribellatasi. Da subito accusò la madre di non averlo fatto.

Il criminologo Antonio De Salvia, illustre dauno, laureato in filosofia presso l’Università di Torino con specializzazione in criminologia clinica presso l’Università di Genova, autore di vari trattati sulla pena ed il volontariato all'interno delle carceri, nonché referente organizzativo di eventi organizzati dalla Associazione NESSUN UOMO E'UN'ISOLA con lo scopo di recuperare il complesso edilizio de le carceri Le Nuove di Torino, per aprire una struttura utilizzata a contenere, separare ed emarginare, a persone libere, desiderose di riflettere e capire.

Eugenio Gradabosco, attore e regista italiano, protagonista maschile de UNA STORIA SBAGLIATA, molto in parte. Nel 2010 è stato il Cuoco Zibibbo nella Melevisione, un programma per bambini di Rai YoYo.


Patrizia Pozzi, valida attrice di prosa, lavora anche come logopedista. Compie studi artistici ed è appassionata di arti figurative, lo si coglie perfettamente nel suo allestimento scenografico

E' la protagonista femminile di QUESTA STORIA SBAGLIATA, ed esordisce così: Quand’ero bambina mi piaceva collezionare farfalle… Mi incantavo a vedere quelle ali, grandi, colorate, infilzate con gli spilli nelle teche… Farfalle catturate nell’attimo del loro viaggio più bello. Immortalate per sempre nella loro sublime bellezza. E messe lì. Sottovetro. Per sempre.

Lei stessa è farfalla, baco brutto sbocciato alla bellezza grazie all'amore dell'uomo che poi arriva a sposare. Ne è innamorata, con quella stessa sublime leggerezza della farfalla nata a nuova vita post-crisalide. Ma si rende conto troppo tardi che suo marito l'ha infilzata di spilli. Quando si ribella, muore ammazzata, perché il marito la vuole amare per sempre, possederla per sempre.
Io l'amavo, ripete il protagonista maschile nel suo mantra stonato.
Ma l'amore rende liberi, non infilzati in una teca di vetro.







mercoledì 23 settembre 2015

ITALIA DA MISS

Diciott'anni e non sentirli! Ebbene sì, è stata eletta una diciottenne, con tutto il suo bagaglio culturale da diciottenne, che non sarà quello di una Margherita Hack. Perdoniamole allora la sua uscita del 42? No. Provo a spiegarvi perché.

Dubito che la Miss ignori le date. Dubito che la Miss ignori il carico di dolore che porta la guerra. Lasciatemi dubitare anche che abbia citato il 42 con scopi letterari (LA GUIDA GALATTICA PER GLI AUTOSTOPPISTI. I meno lettori si leggano almeno la spiegazione su Madre Wiki).
Fin dalle elementari, ci viene insegnata la storia della II Guerra Mondiale, di cui sappiamo anche la durata: da circa il 1938 a circa il 1945. Si dovrebbero persino conoscere le date di inizio e della fine. Perciò sottolineo l'uso del circa. E allora vogliamo davvero credere che questo CIRCA non faccia parte anche del bagaglio culturale di una diciottenne, ok scusate, quasi diciannovenne? Ovviamente, la mia è una domanda retorica.
E direi che la polemica possa finire qui.

Ne accendo un'altra. I commentatori che fanno della ironia sul 42, si sono permessi perché nel parlato non si percepisce l'apostrofo. La mia domanda è: si sono permessi di farlo, in nome del maschilismo imperante che vuole le Miss belle e oche?
Ovviamente, è un'altra domanda retorica.
E direi ancora che la seconda polemica possa chiudersi qui.

Ne apro una terza. E' da notare quanto questa Miss Italia sia androgina, maschile. Almeno dai '70, il Mondo della Moda ha eletto la gaytudine degli stilisti a simbolo della creatività, non a torto. Ma, e qui dico: di conseguenza, da Twiggy in poi, le modelle sono andate vieppiù a smagrirsi, ad assottigliarsi, a perdere le loro forme di femmine, a negare le rotondità, ad assomigliare sempre più a maschi. Come a confermare questa tendenza, le stesse aspiranti Miss sfiorano l'anoressia. Di quest'ultima, circola una foto che mostra un Monte di Venere particolarmente prominente. Falsa o no, circola. CIRCOLA e la gente ci crede. Crede di vedere un attributo maschile.
Insomma, con questa immagine di donna maschile, promulgata sui Socials e sui Media, vogliono negarci il diritto di essere tonde, vogliono negarci il diritto di essere donne. E questa volta non è una domanda, ma un'avvilita constatazione.
Domanda provocatoria: vi ricordate il nome della Miss Italia 2015? Io no.


mercoledì 16 settembre 2015

RESILIENZA IN POMPA MAGNA

Ieri ho trascorso la giornata con un'amica che sta diventando vieppiù importante, Giulia. Una bella donna, alta, slanciata, sorridente, luminosa, separata, sui 54, maestra parrucchiera in casa. Anni fa si legò ad un uomo sposato ad un'altra. Il quale, nel corso della relazione, le promise i classici Mare&Monti, addirittura occupandosi di lei economicamente, fino a pagarle la locazione, illudendola di una nuova vita insieme, FUTURA. Il guaio è che questo futuro l'uomo lo procrastina sempre, fino ad invitare Giulia a farsi un amante. 

Pur di non dargliela vinta, lei gli dà ascolto. Sceglie di stare con un uomo che in breve tempo si rivela manesco e la picchia. Eppure lei resiste, determinata a non stare sola con la sua delusione. Infine si accorge che non lo ama. Che è solo uno stronzo, mentre ai suoi occhi lo sposato è un galantuomo. Trova il coraggio di lasciare il picchiatore. Finalmente. Si ripropone nel giro di qualche mese di lasciare anche lo sposato, sa di meritarsi di più. Almeno un uomo tutto intero e non part-time. Ma le riesce difficile, perché ne è ancora innamorata, nonostante. In fondo ha un debito di gratitudine nei suoi confronti. 

Tutte le sue amiche le ribadiscono ciò che lei sa già di suo. Deve lasciarlo e vivere finalmente una vita libera, perché sebbene non la picchi, le fa subire violenze psicologiche forse peggiori. Finché prende la fatidica decisione. Con calcolata strategia, lo attende per il pagamento della locazione mensile e per il taglio di capelli alle 14 di un pomeriggio. Lo sposato la chiama alle 12: Sei a casa? Lei, pur essendo in casa, risponde: No. La sua determinazione a sganciarsi dai desideri di lui è alta. Così quando l'uomo arriva alle 14, lei è pronta a dirgli che era in casa, ma che aveva preferito rispettasse gli orari prestabiliti, e con ferma gentilezza e uno spettacolare sorriso gli fa notare che non è al suo servizio. 

L'uomo ribatte: Lo sapevo, a mezzogiorno stavo passando sotto casa tua ed avevo visto la tua auto. Facciamo sesso prima o dopo i capelli? Giulia incassa quell'ammissione di controllo col suo solito sorriso, ma ha già un piano: lo eccita strusciandosi addosso ma non conclude, glielo fa arrivare … E qui mi fa un gesto fino alla gola. Sai Stefi, è super dotato, vuoi vederlo? 

Beh insomma, per farla breve, a questo punto spero abbiate capito il senso del titolo, perché non ripeterò più. Non vorrei che illustri uomini e donne dello Stato, tra gli oltre duemila lettori di questo blog, se ne abbiano a male. Giulia sa bene come tenere in potere un maschio, sa che quella pratica sessuale è scettro del potere. Gli regala il suo agognato orgasmo, restando in ginocchio tra le sue gambe, senza nemmeno spogliarsi.

Poi gli taglia i capelli, quindi lo fa pranzare. Il tizio le lascia i soldi della locazione più 50 euro per il full monty. E lo rimarca: Questi 50 non sono per i capelli. Lo chiamo tizio perché non è un uomo. Giulia, che è invece una donna di classe, sorride e ringrazia. Accompagnandolo alla porta, gli dice: Qui sei sempre il benvenuto, ma sappi che non faremo più sesso.
Da un mese Giulia ha trovato un nuovo partner LIBERO.
Dedico a Giulia il mio tormentone dell'estate 2015: STANDING OVULATION!