martedì 15 marzo 2016

INCONTRO CON L'AUTRICE

Non sono una guru. Non sono quella che sa tutto, e chi dice di esserlo, alimenta i miei sospetti. L'unica verità in tasca è quella dei dati ISTAT del 2006: una donna su tre ha subito violenza sessuale almeno una volta nella propria vita. Prima di dare informazioni su come sarà strutturato il mio intervento, ci tengo a dire che condivideremo esperienze, anche forti, partendo dalla mia. E cercheremo di stabilire quali siano le condizioni che un bel giorno ci fanno decidere di non subire più violenze dal partner. Quale cambiamento interiore occorra promuovere prima di lasciarsi alle spalle una vita di sofferenza conosciuta, al fine di scoprire un paio d'ali per volare alto.

Il 25 novembre 2013 è uscito in tutta Italia il libro
dell’ex-art director Stefania Pastori, detta GLOSS (acronimo di Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking),
che ha abbandonato un incarico altamente specialistico nel settore pubblicitario per dedicarsi
alla salvezza di donne maltrattate.

Il manuale contiene gli incoraggiamenti degli operatori, in prima persona e i loro recapiti affinché le donne possano contattarli.
L'esperienza del cambiare è doverosa e possibile, per uscire dalle violenze domestiche prima che sia troppo tardi. L'esistenza di figli minori non è una scusa per rimandare, ma l'opportunità di impedirne il plagio smettendo di farli assistere alle violenze.

La rinuncia volontaria ad un lavoro prestigioso e ben remunerato, il ripudio dell’ipnosi sentimentalistica fondata sul ricatto della paura del rimanere sole, l’incrollabile fiducia nella forza motrice dei propri valori, una lucida follia spregiudicatamente visionaria, sono necessarie per tornare a scrivere in prima persona le leggi che governano la nostra vita e il nostro benessere.

Il XXI secolo ha in serbo per le donne qualcosa di grande: non facciamoci cogliere di sorpresa.

Questa comunicazione è concepita per promuovere ed agevolare un incontro con l’autrice
Essa si rivolge a:
1. Tutte le persone/organizzazioni che in questi mesi, attraverso il progetto divulgativo http://pastoristefaniagloss.blogspot.it/2016/02/un-incontro-speciale.html
hanno espresso il desiderio di ospitare un mio intervento nelle proprie realtà sociali, culturali, amministrative;
2.Tutte le persone/organizzazioni potenzialmente interessate ad ospitarla.

Modalità operative:
1. Inviare una mail di richiesta all’indirizzo pastoristefaniagloss@gmail.com, indicando:
a) i riferimenti della persona/organizzazione che richiede l’incontro
b) le principali aree tematiche su cui dovrebbe vertere l’incontro
c) luogo, data e ora desiderate, proponendo possibilmente almeno un’alternativa

2. Ai fini di un’organizzazione ottimale dell’incontro, chiedo:
a) La possibilità di proiettare alcune slides
b) L’allestimento di un banchetto (possibilmente assistito) per la vendita del libro
c) Il rimborso-spese per la trasferta (per la quale l’opzione privilegiata è sempre BlaBlaCar) e per l’eventuale pernottamento (per cui sono accettabili anche soluzioni di comodo)

d) Un piccolo contributo da definire volta per volta in funzione delle condizioni  

martedì 1 marzo 2016

GIOCHI DA MASCHIO E GIOCHI DA FEMMINA

Avendo un fratellino maschio, fin da piccola mi sono chiesta perché esistesse una siffatta distinzione, in quanto non amavo giocare con le bambole, ma con il meccano e le macchinine.
Chissà quante di voi, donne qui presenti, lo pensarono.

E' un retaggio antico come il paleolitico, con l'uomo cacciatore e attrezzato di clava e la donna nella grotta ad accudire bimbi, vecchi e campi!

Voglio come prima cosa farvi vedere una pubblicità per una volta intelligente, che afferma come anche le bimbe possano liberamente aspirare a lavori come quello da ingegnere, snobbando il rosa del reparto giocattoli.

Gli stereotipi di genere si comportano nello stesso modo, ma riguardano la distinzione tra maschi e femmine, e le loro caratteristiche generalizzate.
Per esempio quando si dice che gli uomini sono sbadati o, se hanno l’influenza, si lamentano come fossero sul punto di morte.
O quando delle donne si dice che non sappiano guidare né parcheggiare, o sono piagnucolose o troppo sensibili.

Queste affermazioni non sono vere: ci sono donne che sanno parcheggiare meglio degli uomini, e uomini che vanno a lavorare anche con la febbre e non si lamentano mai di nulla.

Gli stereotipi di genere ci influenzano la vita sin da bambini. Innanzi tutto condizionando le scelte scolastiche e lavorative future, per esempio scoraggiando le bambine a diventare ingegneri o programmatori, e scoraggiando i bambini a diventare maestri o artisti.

Da un’altra parte, suggestionano anche il comportamento di noi adulti, perché ci fanno sentire inadeguati o colpevoli: per esempio le donne che pensano di non meritare un aumento di stipendio o un avanzamento di carriera, o gli uomini che si impongono di non commuoversi di fronte alla recita del figlio per timore di essere giudicati poco virili. Le donne che si sentono in dovere di lasciare il lavoro (perché essendo donne hanno uno stipendio inferiore) per accudire a tempo pieno i figli o i genitori anziani, e gli uomini si sentono in dovere di mantenere tutta la famiglia rinunciando a vivere i figli e dedicandosi totalmente al lavoro.

Si parla di polarizzazione dei generi, proprio per dire che la nostra società ci spinge a stare su due poli opposti, etichettando tutto come: cose da femmine, e cose da maschi.
Chiede dunque alle bambine di essere calme e gentili, e concede ai bambini di essere energici e aggressivi.
Chiede alle bambine di vestirsi carine, e ai maschi di fare la parte del cacciatore.

I vestiti degli stereotipi di genere

Gli stereotipi cominciano con le t-shirt.
Faccio riferimento ad alcune magliette che riportano scritte stereotipate, tipo: “Intelligente come il papà” oppure “Bella come la mamma”.
Quasi come a dire che i maschi sono intelligenti e le femmine si devono limitare ad essere belle per se stesse.

Non discuto sull’ironia. Ma sono convinta che quella maglietta non sia così divertente da fare indossare a nostro figlio, perché ne esistono a centinaia nel mondo tra cui poter scegliere, magari che lancino pure un messaggio più positivo.

Se avete figli, vi sarete recati in una qualsiasi catena di scarpe: ecco un luogo ideale per capire quanto gli stereotipi di genere siano radicati nella nostra cultura italiana. Vi sfido a trovare per la vostra figlioletta scarpe comode, lavabili, adatte a correre o a fare le camminate in gita, chiuse o semi chiuse, per evitare che si faccia male alle dita o alle unghie dei piedi.

Le scarpe ‘da femmina’ sono tutte con molti lustrini o glitter, eleganti, addirittura in certi modelli con il tacco: non ci sono scarpe per correre.
Le scarpe ‘da maschio’ sono invece tutte perfette per correre e tenere ben saldo il piede e la caviglia.

Queste differenze di percezione maschio e femmina spesso si rilevano anche a scuola: in alcuni asili le femmine indossano grembiuli rosa lunghi, mentre i maschi indossano casacche azzurre corte, quasi a dirci che le bambine non devono correre o fare troppi movimenti, mentre i bambini vengono lasciati con la casacca corta perché tanto loro ‘sono scalmanati’.

Questi sono solo alcuni esempi di stereotipi di genere nei nostri armadi. Facciamoci una domanda: pensiamo che rosa e azzurro siano due colori così importanti da far diventare più uomini o più donne i nostri bimbi? Proviamo ad usare tutti i colori del mondo, per vestire noi e i nostri figli.

Stereotipi di genere in casa

La nostra casa è spesso, involontariamente, la culla degli stereotipi di genere. Le mamme si ammazzano di fatica per lavorare, cucinare, portare i figli a fare sport, partecipare alle riunioni di scuola, pulire casa e anche fare la spesa. Davvero i papà non sanno fare queste cose?

I papà moderni sono molto competenti: non solo sanno perfettamente gestire i figli, ed educarli, e occuparsi della casa. Lo fanno anche volentieri!

I lavori di casa, a chi spettano a tutti quelli che vivono in casa! Bambini compresi, ovviamente.
Possiamo fare qualcosa in concreto contro gli stereotipi di genere, cominciando dalle parole.
Le parole sono importanti: cerchiamo di non fare distinzioni di genere quando parliamo con i nostri figli: facciamo loro capire che da grandi potranno fare tutti i lavori del mondo!
In casa, dividiamoci i compiti, in modo che i figli vedano che le responsabilità appartengono a tutti, sia uomini che donne.
Compriamo giochi e vestiti adatti a tutti, senza differenze, e sempre in base ai gusti dei figli: non sarà una cucina, a rendere omosessuale un bambino!
Educhiamo i figli alla parità, aiutiamo i nostri figli a capire che da grandi potranno studiare e lavorare tutti insieme, e che devono essere parimenti rispettati: per fare questo, lasciamo che il lavoro di mamma e papà sia ugualmente importante, e non che quello della mamma venga sempre sacrificato.

Lancio una provocazione, forse poco femminista, ma per onestà intellettuale domando a tutti voi: non sarà che noi donne certe volte non sappiamo fare un passo indietro, e ci crediamo un po’ troppo indispensabili?

I giochi degli stereotipi di genere

Anche sul versante dei giocattoli, esistono ancora nette distinzioni tra maschi e femmine. Persino nei cataloghi di giochi dei supermercati, ci sono pagine rosa per i 'giochi da femmina’ e pagine azzurre per i ‘giochi da maschio’. Ma non esistono giochi da maschio e giochi da femmina.

Perché possiamo anche ammettere che bambini e bambine talvolta prediligano giochi diversi, ma dobbiamo anche ammettere che spesso non hanno nemmeno la possibilità di scegliere.

I bambini dovrebbero poter liberamente giocare con un bambolotto, perché da grandi avranno figli da accudire. E le bambine dovrebbero parimenti giocare con le macchinine, perché da grandi le guideranno.

Noi possiamo scegliere giochi migliori, per i nostri figli: giochi di società, costruzioni, giochi educativi, corde per saltare o giochi per fare movimento, colori per dipingere, ovvero giochi che piacciono a tutti.

Le parole degli stereotipi di genere

Molti stereotipi di genere sono così normali, nella nostra società, da essere diventati persino linguaggio comune:

sei un maschiaccio, per definire una ragazzina che gioca in modo avventuroso

non fare la femminuccia, per definire un bambino che piange

sei proprio una brava donnina di casa, concetto che implica che sono le donne fanno i lavori di casa

sei una strega, detto ad una donna che alza la voce o fa valere i suoi diritti

quella donna ha due p@lle così, per dire che è una donna forte di carattere, e ha potere

eh, gli uomini!, come a dire che gli uomini ci arrivano solo fino ad un certo punto

Dovremmo cercare di non dire più queste frasi, perché anche se apparentemente innocue, queste frasi inculcano ai bambini già l’idea che nella loro vita dovranno seguire determinate strade, ovvero gli stereotipi previsti per il loro genere… perché si fa così. Quindi per nessun reale motivo.

C’è da chiedersi, dunque, se un bambino non abbia diritto di esprimere le sue emozioni, e una bambina non abbia diritto di correre nel fango.

L’introduzione a scuola la lotta contro gli stereotipi di genere serve a evitare che ci siano dei bambini feriti e messi da parte, e quindi non si accettino profondamente, perché non corrispondono a certi stereotipi. Si educa alluguaglianza.
Fate anche voi quest’esercizio: pensate agli atteggiamenti che vi disturbano particolarmente negli altri e anche nei vostri figli. Riuscite a ricondurli a un tema forte dell’educazione che avete ricevuto, a qualcosa che fa parte ancora oggi della vostra personalità ma è restato nella vostra ombra?
A volte sono proprio queste ombre, spesso inconsapevoli, a tradursi in stereotipi e condizionare le scelte dei nostri figli.

Fin dalla più tenera età, a cominciare dai libri di scuola, ai maschi vengono offerti esempi professionali tipici (ingegnere, pilota di aereo, manager etc.) e alle femmine i corrispettivi mamma, insegnante, pediatra oppure principessa, attrice, cantante.

Se avete un figlio maschio che vuole ballare e ai voi balenasse l'idea che ballare è roba da femmine, vi consiglio il film BILLY ELLIOT.

Restiamo leggeri: ai bambini serve il nostro entusiasmo, serve una seria educazione alla libertà. Lasciamo che spieghino le loro ali per volare in alto!

Per chiudere post, consiglio la visione di un video gioiellino, per capire fino in fondo il condizionamento cui assoggettiamo i nostri piccoli. Guardiamo IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU e ridiamo di noi stessi. Amaramente. Perché i primi a creare dei maschilisti picchiatori o delle femminucce tremolanti siamo noi genitori.

Piccolo dizionario pratico

Sesso: è l’insieme delle caratteristiche biologiche, genetiche e fisiologiche dell’individuo, che distinguono il corpo del maschio da quello della femmina

Genere: è quel qualcosa che viene ‘aggiunto’ dalle convenzioni sociali, ed è diverso da paese a paese

Identità di genere è il sentimento precoce, profondo e duraturo che fa sì che ciascuno di noi si senta effettivamente donna oppure uomo

Stereotipi di genere: indipendentemente da come ci si sente, talvolta si immagina di doversi comportare in un certo modo (questo non è da maschio / questo non è da femmina)

Orientamento sessuale: è il fatto di essere attratti emotivamente o sessualmente da un’altra persona (eterosessualità, omosessualità), ma questo non vuol dire che si abbia un problema di identità di genere


domenica 28 febbraio 2016

UN INCONTRO SPECIALE

UN INCONTRO SPECIALE perché ho visto un uomo occuparsi della sua donna, sebbene non fosse “sua”. Grazie ad un Avvocato Anti-stalking, prefatore del mio saggio CORPI RIBELLI, ho conosciuto dapprima un uomo e poi una donna, che sta subendo maltrattamenti psicologici. Sono le violenze più dannose, perché lasciano nell'anima cicatrici difficili da guarire. Ebbene, demmo appuntamento due anni fa fa, in Stazione Centrale a Milano. Lei sposata ad un altro. Lui teso ad offrirle via di scampo perché l'ama. E' importante conoscerli negli atteggiamenti, perché, pur aborrendo le teorie lombrosiane, ritengo che si possa capirne la psicologia anche dagli abiti, dai comportamenti, dalla gestualità, dall'aspetto fisico. 

Lui: in agile abito completo senape, colore del dinamismo, con camicia azzurra da serio professionista. Capelli folli, occhiali indagatori, dolcezza nei modi e nel sorriso. Lei: abitino elegante e grigio, ma castigatissimo, scarpa maschile che più maschile non si può, calze coprenti. Unghie curate, ma capelli sfibrati, pur essendo cortissimi. Occhi smeraldo lacrimosi, eppure ferma in sé. 

Lui proteso sul tavolo verso di lei. Lei arretrata sulla sedia. Lui parla del comportamento del marito nei confronti della figlioletta e della signora. Ne fa un ritratto preciso: quello che in letteratura scientifica si definisce narcisista perverso, ovvero un individuo che manipola gli affetti. Dice che sono sposati da circa 15 anni, che lei ha dovuto lasciare Roma, quindi affetti, famiglia, luoghi, amicizie, per costruire la vita con lui a Milano. In una parola, è una donna sradicata. 

Lei aggiunge che il marito non ha mai manifestato slanci creativi e costruttivi nel rapporto di coppia. Pur avendo generato una figlia, definisce la loro come una coppia senza progettualità. Entra nei dettagli. Dice che lui la costringe a dirgli ogni sua mossa, specie dopo la nascita della figlia, a informarlo su tutti gli spostamenti, in un crescendo sempre più ossessivo negli ultimi anni. E che lo stesso trattamento è riservato alla bimba, cosa che la donna definisce deleteria, perché la minore non ha spazi per crescere e fare le proprie esperienze. Ma tra amici e parenti, questo marito è considerato brillante e stimato, tipico del narcisista perverso. 

La signora afferma di aver tentato tre anni or sono la strada della separazione, ma di aver arretrato, perché il marito strinse ancor più la morsa. Andati comunque da un legale per informarsi circa un'eventuale separazione, assetata di sapere, scopre che il marito è tutt'altro che ingenuo: aveva preventivamente assunto tutte le info del caso. E' qui che lei capisce di essere in pericolo e frena. Ora vuol prepararsi, studiare, confrontarsi con altri esperti, altri avvocati, altri vissuti. Il lui presente prende la parola: Vedi, cara, un uomo come il tuo può essere pericoloso.

Ha capito tutto. Nel mio saggio è scritto a chiare lettere: VIA DALLE VIOLENZE DOMESTICHE PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. Nel vendere loro un paio di copie, auguro mentalmente che anche questa signora ce la faccia.

mercoledì 17 febbraio 2016

MURA, CENSURATA PER AVER SCRITTO DI UN AMORE TRA DONNA BIANCA E UOMO NERO

Nei suoi numerosi libri c’è un ritratto fedele delle italiane del primo Novecento. Mura solo in apparenza sceglie tematiche lineari, semplici, quasi scontate nei suoi racconti e romanzi rosa. Rivela invece incertezze e ambiguità dei miti femminili di inizio secolo. Sapeva raccontare storie trasgressive e pruriginose che toglievano il sonno alle lettrici, scavandosi una nicchia letteraria ben diversa dalle sue colleghe contemporanee, come Liala. La voglio ricordare qui perché nei primi decenni del Novecento Mura scrive della difficile conquista della identità di donna.

Pur avendo, o forse proprio per questo, una carriera già consolidata nel giornalismo, Maria Assunta Volpi Nannipieri per pubblicare fiction sceglie lo pseudonimo "Mura" in onore dell'avventuriera russa contessa Maria Tarnowska, dalla bellezza travolgente e conturbante che si colloca tra Lou Salomé e Mata Hari. La Tarnowska, sposata con il depravato conte Tarnowsky, dopo la sua morte accetta la corte di un altro ricco e vecchio pretendente che morirà in circostanze drammatiche, in cui lei stessa è coinvolta come istigatrice. Finirà processata e condannata.

Nel 1919 Mura/Nannipieri pubblica PERFIDIE, oggi dimenticato. All’epoca, però, incide in modo insospettabile sulle idee, sul linguaggio, sul costume e sulla fantasia di scrittori e cineasti. Piace moltissimo a Filippo Tommaso Marinetti, futurista, compilatore del saggio COME SI SEDUCONO LEDONNE.

Dal sentire comune, il termine femminismo a volte è assunto come sinonimo di lesbismo. Sebbene non sia d'accordo, per una serie di motivazioni che non vorrei esprime in questo post, anche perché alcune l'ho già fatte qui, devo però ammettere che forse certa letteratura come quella di Mura abbia contribuito ad ingenerare l'equivoco. Sebbene alcune femministe abbiano aderito al lesbismo, come pure altre, non femministe, posso solo immaginare che Mura lo faccia per ingenerare scandalo negli ambienti borghesi da lei frequentati e per opporsi stilisticamente alla sua nemica di penna, Liala. 

In PERFIDIE Mura affronta il tema dell’amore lesbico. Afferma la protagonista, Sibilla, nell'introduzione: «Amo le donne. Mi appassionano. Mi interessano. Sono il più bell'esempio di semplicità umana attraverso una rete complicata di stati d’animo… Le studio. Se posso le perverto…».

Negli anni '30 del XX secolo, Mura indaga il tema dell’amore e della passione travolgenti, vissuti come elementi naturali e primordiali, stemperati da sentimenti propri dell'ideologia fascista, più conservatori, per casa, matrimonio, maternità. Ma questo artificio lecchino non le guadagna comunque l'ingresso in Storie, Antologie, Enciclopedie letterarie perché la sua scrittura è di troppo facile passionalità ed enfasi tragica, governate da leziosi artifici. Pur conquistando il pubblico, nel 1934 Benito Mussolini censura Mura nel suo romanzo SAMBADU', AMORE NEGRO, storia tra un donna bianca e un nero. All’epoca dell’invasione dell’Etiopia e di Faccetta nera, era peggio che parlare di amore fra donne.

Con tanto di illustrazioni di Marcello Dudovich, la copertina, non sua, rappresenta una donna bianca che lascivamente si abbandona fra le braccia di un aitante «negro» e ben rappresenta l' annuncio degli effetti morbosi che Mura insinua nella scrittura con sapiente alternanza di nero, bianco e altri colori scandita nell'abbigliamento, nei dettagli dei corpi, nelle nudità. Una scala cromatica abilmente calcolata, veicolo di un erotismo espressivo che può avere in parte attizzato la vicenda censoria. Benito Mussolini trova la pubblicazione inammissibile, qualcuno gli ha fatto vedere la copertina. Maturano gli eventi sfociati poi nella campagna d' Etiopia (1935) e nelle leggi razziali (1938). Mura è persino sorvegliata dalla polizia politica.

La breve carrellata dei personaggi più femministi di Mura ci fa comprendere meglio la sua dirompente capacità anticonvenzionale.
LOLITA MORENONotevole la figura di Lolita-Lea, poco affine con gli “angeli del focolare” del Ventennio: intraprendente, corteggiatissima, si riscatta con impegno e talento dalla sua difficile condizione iniziale, realizzandosi come donna di teatro; indipendente e autonoma, ma non così aliena, in fondo, ai richiami del sentimento e della normalità. Scandalosa ma non troppo, sicuramente coraggiosa e determinata.

AVVENTURA OLTREMARE
La fanciulla protagonista dovrà destreggiarsi tra affascinanti stranieri che la insidiano ed i grandi e piccoli avvenimenti di bordo che affratellano passeggeri e membri dell’equipaggio. Giunta a Rio de Janeiro senza aver compromesso seriamente la sua virtù (soltanto un flirt innocente col tenebroso argentino Martin Aranga), Lorenza viene travolta dall’allegria carioca e dall’intraprendenza di zia Elena, brillante donna di mezz’età, non sposata (ricordiamoci che il libro fu pubblicato in epoca fascista!), economicamente benestante grazie all’avviata sartoria all’europea. Zia Elena accoglie Lorenza come una figlia, la introduce nel mondo degli affari facendone un’ottima collaboratrice; la ragazza si fa travolgere dall’entusiasmo della nuova vita sudamericana, dimentica l’infelice matrimonio e s’innamora di Garcia, un misterioso medico brasiliano: molto cinematografica la scena in cui si descrive il loro incontro
Come prevedibile, l’equilibrio verrà ristabilito nel modo più “conservatore” possibile: d’altronde la morale dell’epoca esigeva che la figura femminile fosse anzitutto moglie e madre, che gli stranieri incarnassero necessariamente valori negativi mentre i personaggi italiani fossero portatori di oneste virtù.   

lunedì 18 gennaio 2016

WILMA RUDOLPH, POLIOMIELITICA OLIMPIONICA

Mi sono sempre chiesta cosa faccia di una persona, una GRANDE persona. La vita mia, e quella degli altri, mi hanno sempre risposto: LA SOFFERENZA. Ne è un esempio Wilma Rudolph, prima donna a vincere alle olimpiadi quattro medaglie e due record del mondo, nonostante all'età di 4 anni avesse contratto la poliomielite. Fu coccolata e viziata per questo suo handicap? Non credo proprio, dato che era la terzultima pulcina tra altri ventun figli di una famiglia nera e per giunta povera del Tennessee, in un'epoca in cui esistevano ancora ospedali riservati alla popolazione afro. 

Parliamo infatti dei '40, periodo in cui Malcom X e Martin Luther King non erano nemmeno agli albori. In cui non era ancora stato scoperto il vaccino antipolio, che sarebbe arrivato ben 15 anni dopo. Fino a quel momento, la polio avrebbe menomato o ucciso più di 370.000 statunitensi, soprattutto bambini, solo 50.000 in meno rispetto ai caduti a stelle e strisce nella Seconda Guerra Mondiale.

Fino agli 11 anni, Wilma dovette portare apposito ausilio correttivo e recarsi due volte la settimana all'unico ospedale della sua zona che ammettesse le persone della sua etnia, ovvero a ottanta chilometri di distanza. Penso di aver cominciato proprio allora a formarmi uno spirito competitivo, uno spirito che mi avrebbe poi fatto vincere nello sport, dice di sé.

Alta sul metro e ottanta, i commentatori dell'epoca scrissero di lei che fosse una bella signora, dotata dell'eleganza di una duchessa, affascinante e aggraziata, persino dall'aspetto regale. Non a caso le fu cucito addosso il soprannome di Gazzella Nera.


Mio padre mi spinse a diventare competitiva con tanti bambini, sentiva che lo sport mi avrebbe aiutata a superare i problemi, scrive la Gazzella Nera raccontandosi nella sua autobiografia, uscita nel 1977, WILMA RUDOLPH ON TRACK, da cui venne tratto un film per la TV, WILMA, con la regia del noto storico documentarista di Olipiadi, Bud Greenspan, dove debutta un diciottenne destinato alla gloria: Denzel Washington.

Amo immaginarla nei primi anni 50 competere coi suoi coetanei maschi, mentre tira al canestro. L'allenatore di basket della scuola le diede il suo primo nomignolo: Skeeter, perché magra, leggerissima, scattante come una zanzara.

Ma è un altro allenatore cui deve la sua fama, Ed Temple che la chiama a formare la squadra di corsa veloce, avendola notata come sprinter nel basket. Wilma aveva una naturale abilità che non sapeva spiegarsi: Io non so perché corro così veloce. Io corro e basta. Il Mister non aveva il tocco morbido. Egli faceva eseguire alle ragazze un ulteriore giro per ogni minuto in cui erano in ritardo. Wilma una volta arriva 30 minuti più tardi al suo allenamento, quindi le commina la punizione di eseguire ulteriori 30 giri. Il giorno dopo Wilma arriva 30 minuti prima, rimanendo seduta sulla pista.

In pochi anni Wilma Rudolph da poliomielitica si trasforma in velocista di livello mondiale. A sedici anni eccola partecipare alle Olimpiadi del 1956 come membro della staffetta U.S.A. della 4×100 m,
vincendo la medaglia di bronzo. Ma per Wilma il bronzo non luccica abbastanza. Da quel giorno, la Gazzella Nera si sfida a vincere solo ori.

L’anno seguente però rimane incinta e perde un’intera stagione di gare. Nasce una bambina, Yolanda che è data in custodia ai familiari e, grazie a speciali accordi – l’Università del Tennessee proibiva alle madri di gareggiare –, Wilma può riprendere a studiare per consegue la qualifica di maestra elementare. Continua ad allenarsi nella corsa. Arriva così nel 1960 ai Giochi di Roma, dove, come si era ripromessa, non ci sono più bronzi. Solo luccichii.

Alle Olimpiadi di Roma nel 1960 infatti stravince. Oro nei 100 m, nei 200 m e nella staffetta 4×100 m, tre vittorie capaci di offuscare:. il mitico trionfo dell’italiano Livio Berruti (primo non nordamericano a conquistare l’oro nei 200 metri), che le viene attribuito come flirt;. l’esaltante maratona a piedi nudi dell’etiope Abebe Bikila (mi sono commossa a notare quanto, dopo 42 chilometri di corsa scattante, fosse ancora fresco all'arrivo, sorprendendomi da sola a pensare a quanto noi consumatori ci affidiamo a scarpe costosissime). e il successo sul ring del futuro Muhammad Ali, alias Cassius Clay, con cui forse Wilma avrebbe preferito flirtare. Al suo rientro a casa, nell’ottobre del 1960, il sindaco organizza una parata e un banchetto di gala dove, per la prima volta nella storia della municipalità, neri e bianchi siedono allo stesso tavolo.

E' entrata nella Black Athletes Hall of Fame e nelle principali Hall of Fame del mondo. Nel 1988, lo Stato del Tennessee dove è nata le intitola lo stadio indoor di corsa veloce. Nel 1990, Wilma diventa la prima donna a ricevere il premio National Collegiate Athletic Association's Silver Anniversary.

La sua ultima competizione risale al 1962. Quando abbandona la carriera, afferma: Non posso salire più in alto di così. Vorrei essere ricordata nei miei anni migliori. Va anche rilevato che in Italia gli atleti sono assunti nelle F.F.O.O. per garantire loro la sopravvivenza e l'indipendenza economica, mentre negli U.S.A. no.Rigorosamente dilettante, Wilma Rudolph non riesce a mantenersi coi proventi dell'atletica. Avvia una fabbrica di prodotti da forno e altri businesses. Si trasforma dapprima in portavoce di una casa cinematografica, poi della Wilma Rudolph Foundation, allo scopo di lavorare coi giovanissimi per formare tutors che venissero inviati nelle scuole con libri su eroi americani. Diventa ambasciatrice onoraria degli Stati Uniti nell’Africa occidentale.

In modo speciale, Wilma Rudolph ispira le giovani atlete Afro - Americane, tra cui la più notevole fu Florence Griffith Joyner, la donna che, dopo di lei, vinse ancora tre medaglie d'oro alle Olimpiadi nel 1988.Scompare nel 1994, a soli 54 anni, per un tumore al cervello.La medaglia non vale meno di un’uniforme: da qualche parte, in casa Clay – Ali, dentro a un baule in soffitta, c’è una tuta di Wilma, donata nel corso dei Giochi di Roma del 1960, ricordo tangibile della grandezza di una vera campionessa olimpica, veloce, determinata e con il cuore pieno di promesse che che nemmeno il cancro, il tempo e i nuovi record del mondo possono cancellare.




mercoledì 13 gennaio 2016

CHI HA PAURA DI SPOSARE FRANCA VIOLA

Il titolo riprende la domanda rivolta agli uomini intervistati ai tempi del delitto consumato ai danni di Franca Viola, allora pubblicamente svergognata e minacciata dalla mafia. Per introdurre Franca Viola, una donna semplice e bella che causò una rivoluzione copernicana in ambito legislativo, ho preferito lo shock di Franca Rame ed il suo monologo sullo stupro, così che percepiate cosa significhi per una donna subire la violenza sessuale.Chissà se gli uomini, dopo la visione dello stupro di Franca Rame, pensano le stesse parole di Celentano ...

Perché ho parlato di rivoluzione copernicana? Perché grazie a Franca Viola lo stupro è passato da reato contro la morale a reato contro la persona. Questa modesta signora del Sud Italia reagì alla fuitina con la denuncia del suo stupratore/pedofilo, nel 1965, in Sicilia. Una quadruplice vittoria, se anche consideriamo l'anno, il luogo e le consuetudini radicate. A quei tempi, infatti, per costringere i genitori al matrimonio, i fidanzati fingevano il rapimento della futura sposa, si nascondevano consumando l'atto sessuale, poi si rappacificavano coi genitori, promettendo il matrimonio per mezzo della paciata (parola ignobile). Lo stupro era così condonato, i reati estinti anche per i complici, come previsto ex Art 544 C.P. di quel tempo.

La signora Franca Viola, allora quindicenne, si fidanza ad un uomo più adulto di lei, condannato per mafia. Quando Bernardo Viola, il padre di Franca, ne scopre l'appartenenza ad una famiglia mafiosa, annulla il fidanzamento, allontanando il giovanotto.

Si chiamava Filippo Melodia, (sebbene la tentazione fosse di lasciarlo in sordina, ha prevalso infine il bisogno di URLARE il nome del criminale, perché chi compie simili delitti, non ha diritto d'oblio!) era nipote di Don Vincenzo Rimi, capomafia dell’Alcamo degli anni ’60, alleato di Gaetano Badalamenti, che fece uccidere Peppino Impastato.

Dopo un breve periodo in Germania, il Melodia torna all'attacco con azioni da criminalità organizzata contro il Viola. Vigneto e casolare bruciati per rappresaglia, gregge di pecore a pascolare nel campo di pomodori, una pistola puntata alla tempia: Chista è chidda che scaccerà la testa a vossìa!Poi il Melodia rapisce Franca, coadiuvato da altri numerosi compari, come fosse proprietà sua.

La violenta.

Tutto il paese tace. Dopo nove giorni, Franca torna nella società civile, liberata: Lasciatelo stare, lui è già mio marito, sono le sue prime parole, forse essendo ancora assoggettata alle siciliane consuetudini. Ma saranno le uniche che le si sentiranno pronunciare, perché Filippo Melodia sarà arrestato. Franca non sposa il Melodia, rifiutando di fare ciò che tutti si sarebbero aspettati. 

Lo denuncia invece per stupro, aiutata e sostenuta dal padre Bernardo, che si costituisce parte civile. Un anno dopo, il suo violentatore subisce la condanna per sequestro di persona e violenza sessuale, come pure altri 6 suoi compari perché complici. Quarantatré anni di condanne per 7 persone.

Bernardo Viola è il primo che vuole salvare la figlia dalle ingiuste imposizioni della legge italiana e quelle ancora più ingiuste delle consuetudini sicule.Il secondo è l'amico d'infanzia Giuseppe Ruisi che la sposa due anni dopo, ricevendo un telegramma di congratulazioni dall'allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, accompagnato da un biglietto ferroviario aperto da parte del Ministro dei Trasporti Oscar Luigi Scalfaro come dono di nozze. L'udienza privata da Papa Paolo VI corona la fortunata concatenazione di eventi.

La signora Franca Viola assurge così a personaggio simbolo del progresso e della crescita civile d'Italia e della emancipazione delle donne. Come lei, altre in seguito rifiuteranno le nozze riparatrici.L'8 marzo 2014, in occasione della festa della donna, Franca Viola è insignita al Quirinale dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con la motivazione: "Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell'emancipazione delle donne nel nostro Paese".

A lei sono stati dedicati il film LA MOGLIE PIU' BELLA di Damiano Damiani del 1969, con Ornella Muti e Alessio Orano.

Le fu dedicata anche la canzone scritta e musicata dal cantastorie Otello Profazio e Ignazio Buttitta “LA REGINA SENZA RE”.Dopo lo stupro di Franca Rame, ascoltate questa bella ballata mentre leggete della Signora Franca Viola. Ne proverete il giusto sentimento di rivalsa e vittoria.E anche il libro ‘NIENTE CI FU’ (ed. La Meridiana), di Beatrice Monroy che ne racconta la storia.

Nel Codice Penale, ex Art. 587 (conosciuto come delitto d'onore) si leggeva: Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Invece, all'Art. 544 (conosciuto come matrimonio riparatore): Per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530 (violenza sessuale), il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Solo nel 1981 si avrà finalmente l'abolizione di questi due articoli di legge che di fatto autorizzavano la violenza sulle donne. Queste leggi si fondavano nell'essenza su due termini: ONORE&IRA, perché la mentalità corrente da cui erano generate, avvertiva disonore se una donna di famiglia, fosse ella figlia, sorella, moglie o madre, consumasse un rapporto carnale non legittimato da matrimonio. Pare superfluo dire che tale sentimento traeva incarnazione dogmatica nella chiesa cattolica. Ira, perché la legge, presupponendo tale sentimento nello scopritore del rapporto illegittimo, glielo condonava o glielo sgravava. Come se la rabbia giustificasse un delitto.L'articolo 544 del codice penale sarà abrogato con la legge 442, emanata il 5 agosto 1981 a sedici anni di distanza dal rapimento di Franca Viola. Di sé, la signora racconta all'intervistatore Riccardo Vescovo: Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.5 AGOSTO 1981 viene abolito il matrimonio riparatore e tutto è partito da questa donna. Grazie Franca Viola!