A causa di un banale guasto al mio
Iphone 5S (ne scrivo marca e modello perché voglio fare pubblicità
comparativa a favore del Galaxy Samsung; di questi ne ho avuti ben
tre, in 4 anni, mai dato problemi. L'unico Iphone invece, tanto
decantato come il migliore, in meno di 6 mesi è finito già tre
volte all'assistenza!), dicevo, a causa di un banale guasto, domenica
sera stavo per seguire il consiglio dei Carabinieri di denunciare
l'ex marito per violenza assistita da minore. Ma l'ho Perdonato in
nome della mia Meraviglia.
Tutto nasce da un cambio di
consuetudini. Per decreto del Giudice, il papà deve comprare un
biglietto di Freccia Rossa per ogni tratta MI/TO quando arrivo in
visita. Questa volta si è rifiutato perché, a suo dire, avevo
rinviato, prendendo a pretesto l'operazione di asportazione del
cancro al seno. Quindi mi acquista il viaggio con normale
interregionale, mutando gli orari. Dal canto mio, per amore del
quieto vivere di nostra figlia, taccio e salvo il tutto sull'Iphone.
Va detto che la figlia dopo l'aneurisma che mi ha stesa, è stata collocata presso il padre in provincia di Torino,
entrando in Val di Susa, collegata alla città da un treno ogni ora.
Quella sera, avrei dovuto riconsegnare
Sofia come sempre. Ma senza Iphone, non ricordo bene gli orari.
Ritengo di fare cosa giusta portarla all'orario consueto. Il papà
non c'è. Lo chiamo grazie al telefono di una signora cliente del bar
vicino alla stazione. L'attendiamo una mezzoretta. Entra come una
furia. Inutilmente invitato con gentilezza a sedersi per parlare, mi
ingiuria di fronte alla piccola. Lo invito alla calma e ad
accompagnarmi in stazione a pochi metri di distanza per controllare
insieme l'orario dei treni. Mi urla di nuovo contro, rifiutandosi. Tutti gli
astanti si voltano sorpresi. Lo invito a controllare il mio telefono,
perché guasto. Lo getta via.
La sceneggiata prosegue per strada,
sotto gli occhi straniti di nostra figlia. Quando mi approccio alla
stazione, tenta fisicamente di impedirmi l'accesso, strattonandomi e
più volte tirando per un braccio la piccola.
Sì, avete letto bene e non è un
errore di periodo. Pur essendo l'autore delle violenze, ha chiamato
lui stesso le Forze dell'Ordine, dicendo che “io stavo rapendo la
bambina”. Dice di essere in un bar. Alzo la voce in modo che i
Carabinieri mi sentano. “Non andate nel bar, venite direttamente
alla stazione, perché è là che stiamo andando”, dico ai
Carabinieri.
Le suddette violenze sono avvenute
davanti agli avventori del bar e per strada, con passanti che conosco
di vista. Molti i testimoni contro di lui. Eppure. Questo dettaglio
rilevante parla chiaro circa l'approccio a me da lui riservato.
Quando anni fa negò di fronte al consesso di medici della piccola di
avermi pestata a sangue, la neuropsichiatra di nostra figlia lo invitò già a
curarsi. Fu lì che appresi uno degli elementi del copione: NEGARE
SEMPRE.
Rivediamo la moviola. Fin dalle prime
ore del mattino di domenica, avevo capito di dover reperire al più
presto un caricatore per l'Iphone. Il mio si era appena disintegrato,
credevo a causa del prolungato periodo di ricarica dell'Ipad di mia
figlia. Purtroppo il papà ne ha dimenticato il caricatore specifico
a casa, quindi, uso il mio, affinché la piccola stesse buona a
tavola, col suo aggeggio carico.
Prima ancora di fare colazione,
pertanto ci catapultiamo in città bassa alla Coop, dove non troviamo l'ambito elettronico. Poi reperito nell'unico altro negozio
aperto alla “modica” cifra di 33 ero, pur non essendo originale.
Alle 9:30 siamo di nuovo in città
alta, apro la confezione, metto l'Iphone in carica, ci rechiamo a
fare colazione con il prezioso Ipad della cucciola, infine a Messa,
come ogni domenica.
Alle 11 mi accorgo che l'Iphone restava
scarico. Dunque non era un problema di caricatore, ma di terminale.
Dalle 11,15 alle 12,40 Marco Molinero, gestore dell'Ostello del Conte
Rosso che ci ospita quando vado a trovare mia figlia, si adopera in
tutti i modi perché possa recuperare le info di viaggio conservate
sul mio telefono. Tutto inutile, il biglietto del treno per la sera
di domenica, che avevo ricevuto via posta elettronica, restava
gelosamente custodito all'interno di quel guscio impenetrabile che è
lo “smartphone” della Mela (smart? Smart??).
Mi rendo conto soltanto alla luce dei
fatti della sera, che avrei dovuto subito messaggiare all'ex marito,
di aver sbagliato a confidare solo nelle sue capacità di
comprensione.
Pertanto, non potendo più accedere
alle info del telefono, all'orario di norma prestabilito, ci rechiamo in stazione. Vedo partire sotto i miei occhi il consueto treno
per Torino senza che il papà di mia figlia fosse presente a
prenderla con sé. Armata di pazienza, fermo un ragazzo che, dal
borsone dell'Alpignano calcio, presumo abbia appena terminato una
partita. Sta aspettando qualcuno. Gli chiedo se posso usare il suo
telefono. Mi dice di sì, che però ha finito i minuti della
promozione e che pertanto si possono mandare solo messaggi. Ok, mando
un messaggio all'ex marito, avvisandolo che ho lo smartphone rotto,
che all'orario prestabilito eravamo già in stazione, che non capivo
dove fosse finito. Sofia con calma gioca sull'Ipad. Non sono tesa, ma
rassegnata. Sono anni che il mio ex marito mi ha abituata a questi
tira e molla sugli orari e non mi arrabbio più da un pezzo.
Comincia a far freddo: per fronteggiare
quello che ritengo un banale ritardo, ci spostiamo nel bar della
stazione, dove reperiamo il telefono di una cliente che ce lo porge,
dicendo subito di avere le telefonate gratis. Che gentile! Chiamo il
papà della piccola e con calma gli dico che il mio telefono è rotto
e che lo aspettiamo lì. Dopo una mezzoretta arriva, ma ha gli occhi
fuori dalle orbite. Noi ci eravamo sedute nella sala grande e con
serenità gli dico: Ciao, per favore, siediti qui con noi un attimo,
così parliamo con calma.
Attorno a noi una coppia di giovani ed
un tavolo con una famiglia dal passeggino. Ci guardano. Il papà di
Sofia invece resta in piedi, mi investe, mi dice che è stufo dei
miei giochetti in cui invento di aver il cellulare rotto
(giochetti?), tenta di strapparmi la piccola dalle braccia. Mantenendo un tono
pacato, gli dico: Scusa, ti ho invitato gentilmente a parlare. Lui:
NO, NON PARLO CON TE! Una serie di ingiurie, le classiche che tutti
gli uomini dicono alle donne quando non sanno come trarsi d'impaccio,
cerca di portare via la piccola con la forza, dicendo che so
benissimo che il mio treno per Torino è alle 19,45. Ribatto che non
lo so, dato che invece del solito Freccia Rossa, mi ha comprato
questa volta un normale interregionale TO/MI ad altro orario. E che,
ribadisco, gli orari erano salvati nel TELEFONO ORMAI ROTTO.
L'ex marito usa una voce che definire
alta è un eufemismo. Bariste ed avventori assistono alla scena con
occhi sbarrati, la piccola si lamenta spaventata. Lascio le valige
nel locale, con in braccio Sofia, dico: Andiamo tutti in stazione
a controllare gli orari, per favore. Cerco di farmi seguire dal papà.
Che però a questo punto si blocca,
chiama i Carabinieri, dice loro che sto rapendo la piccola e di
essere nel bar, dico ad alta voce ai Carabinieri che sono invece in
stazione, di raggiungermi là. L'ex marito fa dietrofront e prende la
valigia della figlia, per portarla in auto. Nel frattempo verifico
che c'è effettivamente un treno alle 19:45. Torno verso l'auto del
papà, gli affido la bimba, vado nel bar a prendere la mia valigia,
quindi torno in stazione.
Dove intercetto la pattuglia dei CC. Li
fermo: Cercate il Rossi? (Non riporto il vero cognome del mio ex
marito). Mi confermano. Ebbene, io sono quella che vorrebbe rapire a
bambina. Si fermano e mi ascoltano. Racconto con dovizia di dettagli.
Dico anche all'appuntato che l'ex mi aveva pestata a sangue anni fa.
Che da questa violenza subita ho tratto una ricchezza, non di certo
economica. Che ho lavorato 4 anni a fare ricerche nell'ambito dei
maltrattamenti in famiglia per scriverne un saggio, CORPI RIBELLI.
Che la mia casa editrice mi manda in giro per l'Italia a parlarne.
Che sono invitata da Enti pubblici e privati per spargere le info
necessarie ad uscire dalle violenze domestiche.
L'appuntato a questo punto sa di
parlare con un'esperta. L'ex marito torna indietro e ci raggiunge. Fa
capolino Sofia chiedendomi con voce rotta dal pianto: “Mamma, ma tu
stai col Carabiniere?” Prontamente, costui le sorride e le dice:
“Siamo amici, tua mamma ed io”. Io confermo. Poi invita il
collega ad allontanarsi con il mio ex marito, per nasconderci dagli
occhi di Sofia.
Pur avvisandomi di cercare un
compromesso a favore della piccola, mi consiglia direttamente di
querelare l'ex marito per ingiurie. Gli ribatto: “Guardi, alle
ingiurie ci sono abituata! Se proprio devo fare una denuncia, sarà
per violenze assistite dalla minore” Il Carabiniere approva.
Poi arriva il mio treno e mi spinge a
prenderlo.
Corro, perché mai più vorrei
perderlo. Sul teno sono affannata, forse più per la querela che vedo
approssimarsi al mio orizzonte già tormentato che non per la corsa
in sé. Resto come in trance per tutti i 40 minuti necessari ad
arrivare a Torino, cercando di ricordare per filo e per segno i
fatti, le testimonianze, i volti conosciuti che sanno dello
smartphone scassato, quelli sconosciuti che mi hanno aiutata col
proprio telefono o che sono testimoni della violenza assistita dalla
minore. A come farmi rimborsare delle spese vive che stavo imputando
all'ex marito, non solo del caricatore, ma anche per il riacquisto
del biglietto TO/MI. Preparo mentalmente gli scontrini, una bozza di
querela, i nominativi delle persone cui inviare un'email, la
neuropsichiatra, la mia consigliera spirituale, la mia avvocata.
Sul treno Torino-Milano mi alimento col
pane e salame acquistati il giorno prima, poi completo la lettura di
uno di quei libri che mi fanno meditare e che, quindi mi piacciono
tanto: LE INFRADITO DI BUDDHA, guida orientale per disorientati, di
Zap Mangusta. Mi colpisce una frase che mi parla così: “Non vivere
mai circondati dalle preoccupazioni e soprattutto non lasciare che
diventino la norma. E, in quegli istanti, non permettere al passato
di disturbarci. E al futuro di distrarci. Perché il passato non
esiste più e il futuro non esiste ancora. Al contrario, vivere nei
ricordi, così come nella immaginazione, significa vivere al di fuori
della vita, andandosi a procurare una sicura dose di infelicità.”
In sostanza, dice di lasciarsi alle
spalle le cose brutte, tanto ormai sono passate e non esistono più.
Ed è lì, in quell'istante che decido di non querelare il papà di
Sofia.
Però voglio anche lasciare una
testimonianza, perché la faccia di Sofia era inequivocabile, quando
mi ha vista bistrattata dal suo stesso papà.
Anche se l'ho perdonato, la mia
Meraviglia dovrà sapere la verità. Mi sono liberata del passato
scrivendo qui, per il futuro della mia Meraviglia.
:Salve...ho letto..e la seguo...posso..riuscire a dialogare con lei....
RispondiEliminaragazzo semplice
ti ho aggiunto su Google+, Eros Bianchini!
EliminaPuoi anche cercarmi su FB come Stefi Pastori (Gloss), dove sono più di frequente
Grazie per il following!
si
Elimina