Nel
corso dei miei ultimi 8 anni, durante le ricerche e gli studi del mio
ambito, mi sono imbattuta in ben 3 criminologi.
Una, di cui non faccio nome per non darle pubblicità perché coinvolta in vicende processuali ancora in corso che la vedono implicata in manovre non specchiate nei confronti dei suoi stessi clienti, con uno stratagemma si impossessò dell'Associazione anti-pedofilia LA CARAMELLA BUONA,
fondata dall'investigatore Dr. Dante Davalli,
primo operatore delle FFOO ad aver arrestato un pedofilo in Italia in
anni ancora non sospetti. Conosco personalmente Dante perché abbiamo
partecipato entrambi nel 2011 ad un convegno B.A.C.A. come relatori.
Mentre stimo moltissimo Dante, uomo schivo ma pervicace, per
l'impegno profuso in una vita di contrasto fattivo ad uno dei più
odierrimi crimini, poca fiducia mi suscita la criminologa perché
troppo esposta televisivamente parlando, oltre che in preda al Botox.
Una donna vanitosa che non perde occasione per vantarsi. Di cosa? Dei
meriti altrui. Ad esempio, quelli di Dante. Lasciamo perdere le
polemiche. Positività, sempre è il mio motto.
Il
secondo criminologo è il prof. Paolo Giulini,
serio e stimato professionista, che ha creato un pool di suoi pari
per occuparsi clinicamente dei sex offenders all'interno dei tre poli
carcerari milanesi. Ha inventato ed attuato negli ultimi 6 anni una
metodica che permette a questi detenuti di non reiterare il reato per
cui sono stati condannati. Di questi uomini, Giulini dice: Non sono malati, sono criminali seriali
che pertanto vanno tutelati da se stessi, prima ancora delle vittime.
Così che, una volta liberi, non tornino a mieterne. Lo conobbi
durante un convegno cui assistetti per auto-formazione. Lo volli
intervistare. Per ottenere un appuntamento con lui, mi rivolsi ad una delle ragazze volontarie che
stavano in Reception. Questa ragazza si chiama Jenny Rizzo e siamo
diventate amiche. Anche costei è laureata in criminologia. E' la "mia" terza criminologa. E' di lei che oggi voglio scrivere.
Scrittrice
di un saggio breve sulle carceri (IL PENSIERO OLTRE LE SBARRE)
basato su sue esperienze espletate a contatto di galeotti e galeotte, che consiglio a chiunque abbia interessi in ambito sociologico, Jenny ed io abbiamo cominciato a frequentarci. Oggi sono ancora più
orgogliosa di averla come amica, perché ha appena finito di
confidarmi la storia di sua madre, donna resiliente.
Donnino
di classe, tutta ricci e pepe, da poco passata la trentina, Jenny
frequenta con passione le lezioni di una disciplina marziale di
auto-difesa. Ha uno sguardo indagatore, si prodiga come volontaria
per diversi progetti a sfondo sociale; è alla ricerca di
un'occupazione che le permetta di guadagnarsi almeno il costo del
metano per riscaldare casa; infatti vive in un appartamentino sopra a
casa dei suoi, ma è il papà ad occuparsi delle spese gestionali.
Pur di non gravare troppo sul bilancio familiare, Jenny tiene il
riscaldamento spento. “Ci si conserva meglio!”, si giustifica con
l'ironia che la caratterizza.
Avevamo programmato di recarci al PAC di Milano per godere di
RI-SCATTI, una mostra fotografica realizzata coi lavori di 6
principianti. Il succo sociale del progetto è avvincente: infatti
questi 6 signori sono senza tetto milanesi, coinvolti per tre mesi in
un corso di fotografia assieme a tanti altri loro pari. Al termine del corso, sono stati invitati dagli organizzatori a realizzare foto reportage di Milano e delle situazioni di disagio che conoscono così bene. L'alta
qualità artistica dei loro scatti ha permesso di trovare un
RI-SCATTO sociale. Ora ciascuno ha un contratto a tempo determinato
come fotografo. Infine, Jenny ed io ci siamo concesse una pizza e
quattro chiacchiere confidenziali.
Ha
preso l'abbrivio dal rendiconto sul bel bruno peloso resiliente,
chiedendomi se mi avrebbe interessato la storia di sua mamma.
Incuriosita, la invito a proseguire. Ma ne parlerò in altro post.
Ciò che mi racconta però è la testimonianza delle sue radici da
cui ha derivato l'insegnamento della RESILIENZA.
Ritengo
che Jenny sia criminologa anche in virtù del vissuto materno,
concentrata sulla voglia di trarre insegnamento dalla tragedia che
scosse la vita delle sue ave e che però le ha permesso di crescere
forte, curiosa, generosa, altruista, resiliente. Tutte caratteristiche che è possibile desumere direttamente dal suo blog.
Jenny Rizzo vi narra le sue esperienze da criminologa presso
i detenuti. Riesce ad avvicendare con scioltezza pensieri personali (“sono
diventata una criminologa, per poter essere più credibile nel
settore penitenziario, non immaginando di quanto difficile fosse poi
trovare un lavoro con queste caratteristiche”), valutazioni
tecniche (“dal convegno odierno ne è uscito un manifesto, con
alcune proposte che verranno presentate per “umanizzare” il
carcere e permettere una maggiore cura degli affetti personali”.
Seguono le proposte concrete),
segnalazioni di disfunzioni istituzionali (“si chiude un decennio di
progettazione sperimentale di successo, i detenuti però resteranno a contemplare il soffitto”). Il blog, come il suo saggio breve, rivelano quanto Jenny prenda a cuore il disagio degli strati più deboli della Società. Ed è questo il suo merito principale.
Curiosamente
colleziona immagini di corridoi: ospedalieri, carcerari,
residenziali, scolastici. Mi appaiono come canali del parto, o sono
solo una visionaria da settimana enigmistica?
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