Chi
dice che i gay maschi siano sensibili come le donne, non sa che le
donne non lo sono parimenti.
Ne
ho almeno un paio di esempi.
Su
Facebook ho tanti amici gay, maschi e femmine, almeno nella stessa
percentuale in cui ve ne siano nella vita reale. Tra di questi, vi
sono un grafico che fa il dj nei locali ed un filosofo laureato in
pedagogia. Sono più femministi delle femministe. Oso l'ardire di
affermare che certi uomini, non necessariamente omo, siano più
femministi delle donne.
Il
primo scrisse un post su quello che definiriei: la morte del
capezzolo. Il grafico manipolò la foto del petto di una donna in
modo da cancellarne i capezzoli, chiedendosi perché, così
risultante, non solo la foto non sia sexy, ma persino tanto neutra da
impedirne l'identificazione erotica. Ne traeva conclusioni
stupefacenti: attraverso l'annientazione degli attributi erogeni,
nessun individuo avrebbe avuto stimoli. Si trattava di un mero corpo
asessuato, non fruibile per il piacere e, quindi,
nemmeno per la violenza.
Un
altro mio amico, eterosessuale, si è tatuato proprio sul petto nel
seguente modo: da una clavicola all'altra, un'aquila dispiega le ali,
mentre ghermisce un cuore trafitto da sette spade. Ha inoltre
inserito un piercing per ogni capezzolo. Alla domanda del perché si
sia tatuato in siffatta maniera, ha solo motivato col nome della
madre: Addolorata, che nella icnografia classica, è simboleggiata
dal cuore trafitto. Resta inevasa la domanda sul piercing. Afferma
però che la donna ideale debba essere tonda e morbida.
Il
secondo ha scritto una tesi sulla resilienza, prendendo spunto da
un'eroina del cinema, tratta dal film di Quentin Tarantino KILL
BILL. Spesso pubblica post estratti da saggi di autrici femministe,
come Betti Marenko, di cui riporto il seguente brano: “Continuamente
abbiamo sotto gli occhi gli effetti di un body-fascism che detta
legge nel nostro immaginario contemporaneo e che impone, suggerisce,
consiglia, rappresenta un certo ideale di bellezza tonica, levigata,
liscia, terrorizzata dall'invecchiamento, dall'accumulo lipidico,
congelata in forme anoressizzate, spoglia di individualità,
annichilita in pose patinate e fruibili. Questo è l'immaginario
prodotto da una società serializzata, museale e classificatoria che
si nutre di corpi organizzandone tempo di lavoro/tempo libero,
macinandone le risorse in una reificazione che frustra le membra così
come gli spiriti”.
Il
grafico dj, il filosofo pedagogista, l'amico-aquila e Betti Marenko
mi porgono l'occasione di parlare di disturbi alimentari. Anzi, di
parlare di ANORESSIA.
Vi
sono stilisti che vestono la donna in modo che più femminile non si
può. Sono stilisti omosessuali. Fra costoro, segnalammo anni fa TOM
FORD all'organo Garante della Pubblicità per le pubblicità che
produsse: donne-dee abbigliate con vesti da sogno, che cadono da
scale e si spaccano il cranio. Morte in pozze di sangue. Altre dee
che volano giù da finestre, restando impalate su cancellate di
ferro. Addosso abiti schicchissimi, sporchi del sangue fuoriuscito
dalle lance. Immagini avvilenti che arrivavano a giustificare il
femminicidio, tramite il sillogismo: se possiamo ammazzare una dea,
figuriamoci se non è possibile farlo con una donna comune. Le
pubblicità furono ritirate. Ma, istigazione diretta al femminicidio
a parte, tutti gli stilisti propalano l'immagine della donna
efebica, magherrima, senza curve, persino emaciata. Una donna di
fatto annientata in ciò che più le appartiene: il corpo tondo. Un
fascismo del corpo che si è tradotto negli anni in modello da
prendere ad esempio per il proprio, specie nelle quasi donne, in
quelle cioè che dall'infanzia si affacciano sul mondo delle adulte,
attraverso l'adolescenza.
Se
cercate in rete, troverete tanti, troppi blog ineggianti alla
anoressia. Con consigli su come resistere alla fame, come nascondere
il vomito, come impedire ai genitori di vedere il cibo gettato, come
nascondere l'interruzione del ciclo. Con inni alla bravura delle
anoressiche, attraverso la deificazione di ANA. Non riporto qui i
link, ma non farete fatica a trovarli.
Io
stessa trascorsi in ospedale un paio di mesi per accudire mia figlia
nel reparto di Neuropsichiatria infantile. Vi era una piccola zona
del reparto che raggruppava bambini, ribadisco, bambini, non
adolescenti, bimbi sotto i 10 anni (femmine e maschi) che soffrivano
di anoressia. I genitori erano ammessi solo una volta la settimana.
Assistevo
a spettacoli di mancanza di affetto, che si traducevano in un'unica
domanda. Appena approdati al reparto, i genitori CORREVANO verso i
bambini e, spalancando le braccia, li accoglievano così: HAI
MANGIATO? I figli, tutti, torcevano di lato la testa.
Il
fascismo del corpo muscoloso, liscio, senza inestetismi, senza
grasso, ci fa assistere alla uccisione dell'eterno femminino, quello
che celebrava la Dea Madre Terra, raffigurata coi fianchi larghi
perché FERTILI. Quella che in alcune culture è definita Pacha Mama,
in altre Gaia. Chiediamoci perché GAIA e non ANA.
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