lunedì 2 marzo 2015

LESSICO FAMILIARE

Sebbene non ci conosciamo, ti voglio scrivere la mia storia, perché ho visto che anche tu hai un passato triste, sia pure per motivi diversi, con il padre di tua figlia.

Esordisce così una donna giovane del Nordi Italia, madre di quattro figli, separata dall'uomo che, per anni, gliene ha fatte passare di cotte e di crude. Riporto qui la testimonianza degli ultimi anni della sua vita, così come me l'ha scritta lei, con fatica e sudore e sangue. Il suo o, meglio, quello del suo ex marito, è un caso da manuale. Riconoscibile fin dalle prime affermazioni, come lo definisce la scienza psichiatrica: narcisista perverso.Quello della donna, invece, è un tipico esempio di resilienza. Risorgere dalle proprie ceneri richiede una dose non comune di coraggio e di autocoscienza. Pur non giudicando mai, voglio mettere tra parentesi ed in corsivo alcune considerazioni flash, che facciano risaltare quanto la donna non sia ancora del tutto libera dall'annoso condizionamento psicologico dell'uomo.

Se ripercorro gli anni passati, cado nello sconforto più cupo, perché non riesco a perdonarmi per non essere scappata prima. Qualche anno fa acquistai all’asta un’azienda agricola, una bella azienda, di circa 200 ettari, ben attrezzata. Fu di mia suocera, deceduta. Il mio ex marito diceva di volersene occupare. Stavamo insieme da quando eravamo due ragazzini. Ci sposammo poco dopo averla comprata. Ma da allora è cominciata la fase più nera della mia vita. Cercherò di essere breve anche perché, se da un lato mi fa male raccontare, dall’altro credo che la mia esperienza possa servire come base da cui ripartire per fare ciò che ho in mente di fare. Quell'uomo mi incastrò in una ragnatela fatta di terrorismo psicologico, gelosie ingiustificate, bugie e vittimismo suoi (quante volte ho sentito queste stesse affermazioni da donne soggette a violenze!) e miei sensi di colpa.

Mi isolò totalmente dal mondo esterno. 

Io ero nella sua trappola e non ne potevo parlare con nessuno. Per di più, ero costretta da emergenze economiche che non mi davano nemmeno possibilità di pensare.
Il mio ex marito aveva un passato di tossicodipendenza (la stragrande maggioranza dei narcisiti perversi ha una qualche forma di dipendenza dalle più disparate sostanze, dall'alcool alle droghe ai medicinali), che ha costituito sempre una spada di Damocle sulla nostra vita. All’epoca, chi finiva nella droga era considerato una vittima, una persona troppo sensibile, da aiutare. Animata da quello stesso sentire, mi annullai per lui, spaventata anche solo all'idea che ciò sarebbe potuto riaccadere. 

Oggi, invece, il modo di affrontare il problema è cambiato. Chi cade nella droga, sceglie di farlo.
Non è una vittima, non può pretendere che il mondo giri intorno a lui. In più, ai tempi da una parte si aggiunse quel suo carattere da ragazzo ricco e viziato, abituato ad ottenere sempre ciò che voleva, e dall'altra quello mio, che ho sempre anteposto il benessere altrui a me stessa, con una propensione anormale al sacrificio (anormale? La donna si autocolpevolizza, ancora oggi a distanza di anni. La parola sacrificio deriva dal latino: ficio da facere + sacro da sacrum, ovvero “fare sacro” qualcosa. Solo più tardi si è connotata in senso negativo).

Nonostante tutto, mentre egli fingeva di lavorare, incolpando altri se non otteneva risultati, facendo sempre credere di essere ad un passo dalla soluzione che “avrebbe sistemato” la nostra vita, negli anni abbiamo quattro figli. Io sto appresso alla casa, ai bimbi, al negozio che avevamo aperto, senza collaborazione da parte sua, in nessuna delle attività. Purtroppo, non reggiamo il baratro economico in cui inesorabilmente scivoliamo, così l’azienda finisce all’asta, ma io ho le garanzie per poter chiedere un mutuo.

Da quel momento inizia da parte del mio ex marito la costruzione di un allucinante castello di bugie, scaraventando in una situazione pazzesca me e i miei fratelli, che ci volevano dare una mano. Una situazione che, se solo si fosse comportato con sincerità e senza droga, sarebbe stata perfettamente evitabile. Mi fa male il fatto che abbia abusato del mio amore per la famiglia, che mi abbia strumentalizzata a più non posso per ottenere denaro, senza che si facesse mai alcuno scrupolo. Se le banche gli avessero chiesto i miei organi, quell'uomo glieli avrebbe tranquillamente dati. Ha agito non solo in maniera irresponsabile per se stesso, ma ha anche costretta me a fare cose per le quali avrei avuto problemi di rilevanza penale. Insomma fui la perfetta mucca da mungere e, al termine della mungitura, da macellare.

Finalmente, un giorno mi svegliai e chiesi la separazione. Mi gettò addosso anche la fine del matrimonio, inventando una serie di colpe inesistenti, costringendomi a passare anni a cercare di chiedergli scusa di cose mai fatte. Sto cercando di superare, digerire, metabolizzare, perché vorrei non pensarci più. Ma è difficile, in quanto ora mi tocca sistemare varie questioni. 

Da un lato ho voglia di chiudere con quello che è stato, dall’altro sono incastrata in certe situazioni, che sconfinano nel penale. Scoprirle è stato molto triste. Non ho niente da salvare del mio matrimonio, visto che era un matrimonio unilaterale. Certo, so che dovrei dire i figli, ma è come se li avessi concepiti da sola, visto che tutt'ora non se ne occupa. Quando sono riuscita a ricostruire tutto quello che aveva fatto, avevo due strade davanti a me: o lasciarmi travolgere dagli eventi, morire, imbottendomi di psicofarmaci, oppure tirare fuori tutta la mia forza e ricominciare. Che è la mia scelta.Resilienza, appunto.

Il mio progetto prevede la rinascita dell’azienda e di conseguenza la mia (dovrebbe essere il contrario! Prima ci si deve ricostruire, poi si passa al mondo esterno). Per mesi mi ha impedito di entrare, ha persino querelato nostro figlio che mi protesse quando il mio ex mi colpì con un pugno per essermi recata lì. Aveva un’altra donna. Quando sono riuscita ad entrare e ad impedire il suo ritorno nella azienda, ho trovato lo sfacelo più completo. Nessuna attrezzatura, nessun trattore, erba alta tre metri, nessuna potatura, vigneti stesi a terra senza paletti che li mantenessero, pozzo artesiano senza pompa e relativo quadro elettrico! E la casa ridotta uno schifo, i suoi cani lasciai liberi di rosicchiare le mie cose, persino le foto dei bambini! Di defecare su tutto! 

Trovai sacchi dell’immondizia pieni di documenti che non avrei dovuto vedere, tra cui quelli di una società con i nostri figli alla quale io avrei fittato l'azienda. Inutile dirti che ne eravamo tutti ignari, né io e né i ragazzi ne sapevamo nulla. L'ex marito aveva apposto firme false su ogni cosa. In questo modo avrebbe maneggiato tutti i premi agricoli, avrebbe presentato progetti regionali per avere accesso ai previsti prestiti a fondo perduto. Perché questa persona ama i soldi in modo esagerato, li fa sulla pelle degli altri incurante di ogni conseguenza. A guadagnare lavorando non è capace.

Alla fine, se ne andò di casa quattro anni fa. Durante questi ultimi anni, faceva mostra di occuparsi dell'attività della donna con cui aveva una relazione. Quando io andavo lì, costei diceva di sentirsi male, così mio marito mi invitò a non andarci più. Nel frattempo la mia azienda era ferma, si vendeva ogni tanto un pezzo di terra, ci si rimetteva in regola con le banche, in attesa di avere i mezzi per farla ripartire. I mezzi sarebbero stati i nostri figli. Ho bloccato tutto, ho chiuso la falsa società dei ragazzi inventata da mio marito. Saputolo, l'uomo fece partire una serie di vendette che non sto manco a raccontarti, perché ogni volta mi sanguina il cuore, ma potrai immaginare.

Ora non ha più rapporti con i figli, che definisce miei complici, brutti e cattivi come me. Ha messo tutti noi al bando, noi che siamo la sua famiglia, nonna compresa. (Lui li ha messi al bando? LUI??). Comunque almeno ha smesso di darmi fastidio.

Sono entrata in azienda il 24 maggio scorso. Da allora, molto è stato fatto. Mi hanno aiutato tante persone. L'uomo e la sua famiglia vanno in giro raccontando che io mi sono impossessata di quella che era l’azienda sua, che lui è una mia vittima e che, “poverino” è stato buttato fuori! E che la brutta e cattiva sono io. Va in giro sempre elegante, mentre io mi sbatto avanti e dietro, cercando il modo di far mangiare i suoi figli. Vabbe', capisco che questo è il prezzo che devo pagare per essere stata un’idiota (continua ad autocolpevolizzarsi). Vorrei non pensarci e non farci caso, ma viviamo nello stesso paese, quindi è difficile. Vorrei cadere (cadere?) nel dimenticatoio, vorrei scomparire (scomparire??), mi odio (odia se stessa, invece che lui!) per essere stata così cretina, ma è una cosa che non posso fare. Faccio finta di non sentire e vado avanti. Ti prego di non mettere nomi e riferimenti vari, perché temo sue ritorsioni.

Senza fare della facile psicologia da settimana enigmistica, è facile notare dal lessico della infelice protagonista di questa vicenda come sia ancora sotto l'influsso negativo del narcisista perverso. Però, se non l'amore per se stessa, almeno il suo coraggio, la determinazione, l'amore per i figli, l'hanno aiutata a sopravvivere e a ribellarsi.Non avrei messo comunque riferimenti né geografici e nemmeno nominativi, per rispetto della sua privacy, ma anche perché la vicenda di questa donna è trasversale per classe di appartenenza, per regione geografica, per età, per status sociale.Tutte le donne oppresse da un narcisista perverso prendano esempio da lei. Via dalle violenze domestiche prima che sia troppo tardi.

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