martedì 27 gennaio 2015

VIDEOKILLER

Girano da sempre sui Social video in lingua araba, e di fonte araba, che visualizzano esecuzioni di donne. Ricordo mesi fa la lapidazione in Afghanistan di una donna in burqa da capo a piedi, accompagnata ad una buca appositamente praticata per lei, veniva fatta scendere e lei lo faceva accondiscendente e rassegnata, fino ad essere interrata al collo. La donna si lamentava con una nenia dolcissima, ma si lasciava fare, mentre un uomo recitava non so cosa con un impeto da carrarmato. Mi chiesi se fosse drogata. Le fasciavano il viso. Poi gli astanti, tutti uomini, iniziavano a tirare pietre a questa testa che nasceva dalla terra. Anche da breve distanza. Nessuno mancava il bersaglio. A tratti dalle bende emergeva del sangue. Ad un certo punto la testa prese a ciondolare senza forza, eppure la nenia dolcissima continuava. Fino a crollare del tutto e a non muoversi più, a tacere per sempre.

Pochi giorni fa, siamo a gennaio 2015, ho voluto assistere fino alla fine ad un altro video, in cui una donna velata subisce una sorta di processo pubblico in mezzo a tanti uomini che la riprendono coi telefonini, mentre l'accusatore parla a toni perentori. Viene fatta inginocchiare. Lei, docile, lo fa, mentre la predica continua e i video pure. Infine, un altro uomo, senza che finisse la predica del primo, si avvicina e le spara dall'alto. A bruciapelo. Un colpo di pistola alla testa. La donna crolla senza un moto di ribellione. Il sangue si allarga sulla pubblica piazza. Gli uomini continuano a riprendere.

Ho pianto per le donne. Ho pregato per quegli uomini.

Potrei riportare i link ai video killer, ma non voglio propagare il male. Voglio tuttavia fare delle riflessioni.
Non conosco così bene il Corano da poter sapere se giustifichi tali esecuzioni di morte, ma sono stata in un paese di lingua araba (Egitto) così spesso da capire in che tipo di considerazione sia tenuta la donna.
Ebbene, gli abitanti di Egitto diversificano. 

Le donne egiziane sono tenute a casa, è vietato loro di lavorare, di uscire per fare la spesa. I loro uomini le riempiono di attenzioni e di figli, le rispettano, donano loro ambenti confortevoli dove ricevere le amiche e giocare coi figli. In generale, gli uomini egiziani appaiono accudenti nei loro confronti. Queste donne ne sono felici, sono curate nel viso e nell'abbigliamento, nascosto sotto gli abiti tradizionali, e ingrassano allegramente.

Verso le donne nostre, invece, non solo le turiste, ma anche quelle che si sono trasferite nel Paese per amore o per lavoro, gli egiziani hanno atteggiamenti diversi. Le mal giudicano perché lavorano come uomini, perché vestono abiti succinti, perché sono libere sessualmente, perché non fanno figli. Le guardano con occhi famelici. Se un egiziano ne sposa una, anch'egli viene mal giudicato. Le nostre donne se ne sbattono allegramente e restano spartane, snelle ed atletiche.

Per onestà intellettuale, non giudico mai. Forse sarei persino tentata ad apprezzare gli uomini egiziani per certi versi, essendo così accudenti nei confronti delle loro mogli.

Però quando vedo le esecuzioni, scattano due riflessioni.
Una, mi chiedo perché queste donne condannate sono così accondiscendenti, così pacate, così docili nel subire la loro stessa morte.
Due, mi ricredo sugli uomini arabi e tremo non solo per le donne arabe, ma anche per le nostre donne laggiù. Ancora non si sono sentite esecuzioni di donne occidentali. Voglio non sentirne mai parlare. Voglio propagare il bene, la pace, la fratellanza tra popoli. 

Per ora so solo firmare petizioni ad hoc. Ma mi chiedo cosa possa fare di più!


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