WILMA RUDOLPH, POLIOMIELITICA OLIMPIONICA
Mi sono sempre chiesta cosa faccia di
una persona, una GRANDE persona. La vita mia, e quella degli altri, mi
hanno sempre risposto: LA SOFFERENZA. Ne è un esempio Wilma
Rudolph, prima donna a vincere alle olimpiadi quattro medaglie e due
record del mondo, nonostante all'età di 4 anni avesse contratto
la poliomielite. Fu coccolata e viziata per questo suo handicap? Non
credo proprio, dato che era la terzultima pulcina tra altri ventun
figli di una famiglia nera e per giunta povera del Tennessee, in
un'epoca in cui esistevano ancora ospedali riservati alla popolazione
afro.
Parliamo infatti dei '40, periodo in cui Malcom X e Martin
Luther King non erano nemmeno agli albori. In cui non era ancora
stato scoperto il vaccino antipolio, che sarebbe arrivato ben 15 anni
dopo. Fino a quel momento, la polio avrebbe menomato o ucciso più di
370.000 statunitensi, soprattutto bambini, solo 50.000 in meno
rispetto ai caduti a stelle e strisce nella Seconda Guerra Mondiale.
Fino agli 11 anni, Wilma dovette
portare apposito ausilio correttivo e recarsi due volte la settimana all'unico ospedale della sua zona che ammettesse le persone della sua etnia, ovvero a ottanta chilometri di distanza. Penso
di aver cominciato proprio allora a formarmi uno spirito competitivo,
uno spirito che mi avrebbe poi fatto vincere nello sport,
dice di sé.
Alta sul metro e ottanta, i
commentatori dell'epoca scrissero di lei che fosse una bella signora, dotata dell'eleganza di una duchessa, affascinante e aggraziata, persino dall'aspetto regale. Non a caso le fu cucito addosso il
soprannome di Gazzella Nera.
Mio padre mi spinse a diventare
competitiva con tanti bambini, sentiva che lo sport mi avrebbe
aiutata a superare i problemi, scrive la Gazzella Nera
raccontandosi nella sua autobiografia, uscita nel 1977, WILMA RUDOLPH
ON TRACK, da cui venne tratto un film per la TV, WILMA, con la regia
del noto storico documentarista di Olipiadi, Bud Greenspan, dove
debutta un diciottenne destinato alla gloria: Denzel Washington.
Amo immaginarla nei primi anni 50
competere coi suoi coetanei maschi, mentre tira al canestro.
L'allenatore di basket della scuola le diede il suo primo nomignolo:
Skeeter, perché magra, leggerissima, scattante come una zanzara.
Ma è un altro allenatore cui deve la
sua fama, Ed Temple che la chiama a formare la squadra di corsa
veloce, avendola notata come sprinter nel basket. Wilma aveva una
naturale abilità che non sapeva spiegarsi: Io non so perché
corro così veloce. Io corro e basta. Il Mister non aveva il
tocco morbido. Egli faceva eseguire alle ragazze un ulteriore giro
per ogni minuto in cui erano in ritardo. Wilma una volta arriva 30
minuti più tardi al suo allenamento, quindi le commina la
punizione di eseguire ulteriori 30 giri. Il giorno dopo Wilma arriva 30 minuti prima, rimanendo seduta sulla pista.
In pochi anni Wilma Rudolph da
poliomielitica si trasforma in velocista di livello mondiale. A
sedici anni eccola partecipare alle Olimpiadi del 1956 come membro
della staffetta U.S.A. della 4×100 m,
vincendo la medaglia di
bronzo. Ma per Wilma il bronzo non luccica abbastanza. Da quel
giorno, la Gazzella Nera si sfida a vincere solo ori.
L’anno seguente però rimane
incinta e perde un’intera stagione di gare. Nasce una bambina,
Yolanda che è data in custodia ai familiari e, grazie a speciali
accordi – l’Università del Tennessee proibiva alle madri di
gareggiare –, Wilma può riprendere a studiare per consegue la
qualifica di maestra elementare. Continua ad allenarsi nella corsa.
Arriva così nel 1960 ai Giochi di Roma, dove, come si era
ripromessa, non ci sono più bronzi. Solo luccichii.
Alle Olimpiadi di Roma nel 1960 infatti stravince. Oro nei 100 m, nei 200 m e nella staffetta 4×100 m, tre
vittorie capaci di offuscare:. il mitico trionfo dell’italiano
Livio Berruti (primo non nordamericano a conquistare l’oro
nei 200 metri), che le viene attribuito come flirt;. l’esaltante maratona a piedi
nudi dell’etiope Abebe Bikila
(mi sono commossa a notare quanto, dopo 42 chilometri di corsa
scattante, fosse ancora fresco all'arrivo, sorprendendomi da sola a
pensare a quanto noi consumatori ci affidiamo a scarpe costosissime). e il successo sul ring del futuro
Muhammad Ali, alias Cassius Clay, con cui forse Wilma avrebbe
preferito flirtare. Al suo rientro a casa, nell’ottobre
del 1960, il sindaco organizza una parata e un banchetto di gala
dove, per la prima volta nella storia della municipalità, neri e
bianchi siedono allo stesso tavolo.
E' entrata nella Black Athletes Hall of
Fame e nelle principali Hall of Fame del mondo. Nel 1988, lo Stato
del Tennessee dove è nata le intitola lo stadio indoor di corsa
veloce. Nel 1990, Wilma diventa la prima donna a ricevere il premio
National Collegiate Athletic Association's Silver Anniversary.
La sua ultima competizione risale al
1962. Quando abbandona la carriera, afferma: Non posso salire
più in alto di così. Vorrei essere ricordata nei miei anni
migliori. Va anche rilevato che in Italia gli atleti sono
assunti nelle F.F.O.O. per garantire loro la sopravvivenza e
l'indipendenza economica, mentre negli U.S.A. no.Rigorosamente dilettante, Wilma Rudolph
non riesce a mantenersi coi proventi dell'atletica. Avvia una
fabbrica di prodotti da forno e altri businesses. Si trasforma
dapprima in portavoce di una casa cinematografica, poi della Wilma
Rudolph Foundation, allo scopo di lavorare coi giovanissimi per
formare tutors che venissero inviati nelle scuole con libri su eroi
americani. Diventa ambasciatrice onoraria degli Stati Uniti
nell’Africa occidentale.
In modo speciale, Wilma Rudolph ispira
le giovani atlete Afro - Americane, tra cui la più notevole fu
Florence Griffith Joyner, la donna che, dopo di lei, vinse
ancora tre medaglie d'oro alle Olimpiadi nel 1988.Scompare nel 1994, a soli 54 anni, per
un tumore al cervello.La medaglia non vale meno di
un’uniforme: da qualche parte, in casa Clay – Ali, dentro a un
baule in soffitta, c’è una tuta di Wilma, donata nel corso dei
Giochi di Roma del 1960, ricordo tangibile della grandezza di una
vera campionessa olimpica, veloce, determinata e con il cuore pieno
di promesse che che
nemmeno il cancro, il tempo e i nuovi record del mondo possono
cancellare.
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