lunedì 18 gennaio 2016

WILMA RUDOLPH, POLIOMIELITICA OLIMPIONICA

Mi sono sempre chiesta cosa faccia di una persona, una GRANDE persona. La vita mia, e quella degli altri, mi hanno sempre risposto: LA SOFFERENZA. Ne è un esempio Wilma Rudolph, prima donna a vincere alle olimpiadi quattro medaglie e due record del mondo, nonostante all'età di 4 anni avesse contratto la poliomielite. Fu coccolata e viziata per questo suo handicap? Non credo proprio, dato che era la terzultima pulcina tra altri ventun figli di una famiglia nera e per giunta povera del Tennessee, in un'epoca in cui esistevano ancora ospedali riservati alla popolazione afro. 

Parliamo infatti dei '40, periodo in cui Malcom X e Martin Luther King non erano nemmeno agli albori. In cui non era ancora stato scoperto il vaccino antipolio, che sarebbe arrivato ben 15 anni dopo. Fino a quel momento, la polio avrebbe menomato o ucciso più di 370.000 statunitensi, soprattutto bambini, solo 50.000 in meno rispetto ai caduti a stelle e strisce nella Seconda Guerra Mondiale.

Fino agli 11 anni, Wilma dovette portare apposito ausilio correttivo e recarsi due volte la settimana all'unico ospedale della sua zona che ammettesse le persone della sua etnia, ovvero a ottanta chilometri di distanza. Penso di aver cominciato proprio allora a formarmi uno spirito competitivo, uno spirito che mi avrebbe poi fatto vincere nello sport, dice di sé.

Alta sul metro e ottanta, i commentatori dell'epoca scrissero di lei che fosse una bella signora, dotata dell'eleganza di una duchessa, affascinante e aggraziata, persino dall'aspetto regale. Non a caso le fu cucito addosso il soprannome di Gazzella Nera.


Mio padre mi spinse a diventare competitiva con tanti bambini, sentiva che lo sport mi avrebbe aiutata a superare i problemi, scrive la Gazzella Nera raccontandosi nella sua autobiografia, uscita nel 1977, WILMA RUDOLPH ON TRACK, da cui venne tratto un film per la TV, WILMA, con la regia del noto storico documentarista di Olipiadi, Bud Greenspan, dove debutta un diciottenne destinato alla gloria: Denzel Washington.

Amo immaginarla nei primi anni 50 competere coi suoi coetanei maschi, mentre tira al canestro. L'allenatore di basket della scuola le diede il suo primo nomignolo: Skeeter, perché magra, leggerissima, scattante come una zanzara.

Ma è un altro allenatore cui deve la sua fama, Ed Temple che la chiama a formare la squadra di corsa veloce, avendola notata come sprinter nel basket. Wilma aveva una naturale abilità che non sapeva spiegarsi: Io non so perché corro così veloce. Io corro e basta. Il Mister non aveva il tocco morbido. Egli faceva eseguire alle ragazze un ulteriore giro per ogni minuto in cui erano in ritardo. Wilma una volta arriva 30 minuti più tardi al suo allenamento, quindi le commina la punizione di eseguire ulteriori 30 giri. Il giorno dopo Wilma arriva 30 minuti prima, rimanendo seduta sulla pista.

In pochi anni Wilma Rudolph da poliomielitica si trasforma in velocista di livello mondiale. A sedici anni eccola partecipare alle Olimpiadi del 1956 come membro della staffetta U.S.A. della 4×100 m,
vincendo la medaglia di bronzo. Ma per Wilma il bronzo non luccica abbastanza. Da quel giorno, la Gazzella Nera si sfida a vincere solo ori.

L’anno seguente però rimane incinta e perde un’intera stagione di gare. Nasce una bambina, Yolanda che è data in custodia ai familiari e, grazie a speciali accordi – l’Università del Tennessee proibiva alle madri di gareggiare –, Wilma può riprendere a studiare per consegue la qualifica di maestra elementare. Continua ad allenarsi nella corsa. Arriva così nel 1960 ai Giochi di Roma, dove, come si era ripromessa, non ci sono più bronzi. Solo luccichii.

Alle Olimpiadi di Roma nel 1960 infatti stravince. Oro nei 100 m, nei 200 m e nella staffetta 4×100 m, tre vittorie capaci di offuscare:. il mitico trionfo dell’italiano Livio Berruti (primo non nordamericano a conquistare l’oro nei 200 metri), che le viene attribuito come flirt;. l’esaltante maratona a piedi nudi dell’etiope Abebe Bikila (mi sono commossa a notare quanto, dopo 42 chilometri di corsa scattante, fosse ancora fresco all'arrivo, sorprendendomi da sola a pensare a quanto noi consumatori ci affidiamo a scarpe costosissime). e il successo sul ring del futuro Muhammad Ali, alias Cassius Clay, con cui forse Wilma avrebbe preferito flirtare. Al suo rientro a casa, nell’ottobre del 1960, il sindaco organizza una parata e un banchetto di gala dove, per la prima volta nella storia della municipalità, neri e bianchi siedono allo stesso tavolo.

E' entrata nella Black Athletes Hall of Fame e nelle principali Hall of Fame del mondo. Nel 1988, lo Stato del Tennessee dove è nata le intitola lo stadio indoor di corsa veloce. Nel 1990, Wilma diventa la prima donna a ricevere il premio National Collegiate Athletic Association's Silver Anniversary.

La sua ultima competizione risale al 1962. Quando abbandona la carriera, afferma: Non posso salire più in alto di così. Vorrei essere ricordata nei miei anni migliori. Va anche rilevato che in Italia gli atleti sono assunti nelle F.F.O.O. per garantire loro la sopravvivenza e l'indipendenza economica, mentre negli U.S.A. no.Rigorosamente dilettante, Wilma Rudolph non riesce a mantenersi coi proventi dell'atletica. Avvia una fabbrica di prodotti da forno e altri businesses. Si trasforma dapprima in portavoce di una casa cinematografica, poi della Wilma Rudolph Foundation, allo scopo di lavorare coi giovanissimi per formare tutors che venissero inviati nelle scuole con libri su eroi americani. Diventa ambasciatrice onoraria degli Stati Uniti nell’Africa occidentale.

In modo speciale, Wilma Rudolph ispira le giovani atlete Afro - Americane, tra cui la più notevole fu Florence Griffith Joyner, la donna che, dopo di lei, vinse ancora tre medaglie d'oro alle Olimpiadi nel 1988.Scompare nel 1994, a soli 54 anni, per un tumore al cervello.La medaglia non vale meno di un’uniforme: da qualche parte, in casa Clay – Ali, dentro a un baule in soffitta, c’è una tuta di Wilma, donata nel corso dei Giochi di Roma del 1960, ricordo tangibile della grandezza di una vera campionessa olimpica, veloce, determinata e con il cuore pieno di promesse che che nemmeno il cancro, il tempo e i nuovi record del mondo possono cancellare.




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