Ho delle amiche F A N T A S T I C H E. Poche, ma
fantastiche. Di tutti i gender. Sì, non di ogni genere, ma di gender. Come chi
legge questo blog sa già, ho ricevuto una educazione cattolica, sono eterosessuale,
ma anche tendenzialmente di destra perché intendo incarnare
gli ideali del cavalierato, a tutela dei soggetti più fragili, come
Donne&Minori. Non da ultimi, coloro che non godono degli stessi diritti civili
degli altri, come transgender, omosessuali, siano essi gay o lesbiche, travestiti,
drag queen, queer, LGTB. Queste sono persone cui
è negato il diritto di eredità, di avere figli, di sposarsi o di vedersi
avallata legalmente la loro unione. Per
ovviare al mancato riconoscimento della loro convivenza, alcuni di loro rimediano adottandosi, come
fece qualche anno fa un famoso cantante italiano nei confronti del suo partner,
molto più giovane. Ma sono solo piccole strategie che pochi possono assumere,
data l’esosità della pratica, sia in termini di denaro che di tempo. Insomma, quando c’è una fragilità sociale, io
ci sono.
Domenica 7 giugno 2015 è stato
realizzato il PRIMO GAY PRIDE di Pavia, ridente cittadina di bigotti cattolici.
Una delle mie poche amiche mi ha invitata timidamente ad
andarci, timidamente perché non aveva mai realizzato questo mio sentire. Eppure, sapeva già che mio fratello è una gaya
persona. Evidentemente, sta
attraversando un periodo così difficile (la separazione dal marito) tanto da farle
mancare la ricezione delle istanze altrui. Ho aderito subito, nonostante la calura e la
mancanza di forze che la radioterapia determina nel mio corpo. Ed è stato
fantastico.
Perché abbiamo conosciuto tante persone gioiose, non
rancorose, desiderose di cambiare le cose. Perché la mia amica mi ha resa
partecipe delle sue trasformazioni. Lungo il percorso tra Milano e Pavia, ci
siamo fermate a pranzare in un bar di provincia. L’amica mi confessa di provare
attrazione per le donne e di aver già vissuto un amore lesbico. Ordiniamo un
paio di panini imbottiti e piatti di finocchi. Due belle donne come noi
attirano subito la curiosità della gente di paese. Il barista ci chiede immediatamente
se siamo solo di passaggio. Io dico, guardandolo dritto negli occhi, spavalda: Siamo di Milano e siamo qui per il Gay
Pride. Abbiamo letto un’ombra nera sul suo viso. Poi il luccichìo nello sguardo dell’uomo
attizzato dall’idea di avere a che fare con una coppia di lesbiche e pure
belle. Si allontana costernato. Abbiamo
riso come matte. Lei mi dice più volte: Stefi, ti amo perché sei pazza come una
cavalla.
Adoro provocare, che ci posso fare?
A Pavia, raggiungiamo la testa del corteo in compagnia di due sue amiche lesbo e di
altri attivisti conosciuti per strada, più precisamente della AGEDO, l’Associazione
di Genitori di Omosessuali. Mi refilano subito una loro bandiera che porto con
orgoglio a mo’ di ombrello, in cerca di riparo dal sole.
L’amica cerca qualcuno
che le tracci coi gessetti l’arcobaleno sul viso, dal canto mio mi avvicino al
telegiornalista di una TV locale (Pavia TV? Non ricordo!) che, videocamera in
spalla, sta chiedendo l’opinione di un uomo di mezza età sui motivi della
partecipazione al Gay Pride. Sussurro all’orecchio del cronista: Vorrebbe
sentire il parere di una donna milanese, eterosessuale, cattolica e di destra? Il
giornalista intuisce lo scoop e accende
su di me.
Racconto un aneddoto occorsomi proprio in settimana, di un catechista
della Comunità di Cammino Neocatecumenale che sto frequentando, il quale mi
aveva invitata, assieme a fratelli e sorelle, ad andare in manifestazione a Roma per protestare contro l’approvazione
della nuova legge a tutela dei diritti dei gender, perché, a suo dire, “ci
vogliono traviare i figli già a scuola per farli diventare
omosessuali”.
MAI E POI MAI, ho affermato alla telecamera, MAI E POI MAI
ANDREI AD UNA MANIFESTAZIONE CHE NON PERMETTE IL RICONOSCIMENTO DE I DIRITTI
DELLE PERSONE, siano esse omo, etero, trans, queer. Al telecronista brillavano gli occhi nel dirmi
che la mia intervista sarebbe andata di certo in onda, perché la PaviaBigottaCattolica
ha bisogno di un bello scossone.
Un’attivista di AGEDO ha ascoltato le mie esternazioni e si
complimenta. Poi propaga il verbo ai colleghi, nei cui occhi vedo lampeggiare
stima e orgoglio, o dovrei dire PRIDE, per me. Scusate se lo scrivo qui, ma la
mia autostima è salita troppo a vette incommensurabili per non doverne parlare!
Alcune istantanee di gioia ve le devo passare per
condividere la felicità di queste persone e la mia.
Un gay dall’aspetto molto sobrio con camicia alle cui spalle
è affissa la scritta: ESTREMO.
Una lesbica biondissima e bellissima e molto donna, infiorettata
come una FEMEN.
Una coppia gay di maschi brutti, per smentire il luogo
comune che tutti gli omo sono belli.
Un omo bello con l’arcobaleno sul viso che, da come ballava in piazza, credeva di essere ad Ibiza.
Una nonnina al balcone del terzo piano che si fa il segno
della croce e tutto il corteo che la fischia.
Una lesbica camionista brutta come il peccato, ma bella per
il viso incendiato di vita.
Una coppia etero, bimbo treenne in braccio al papà, col papà
che toccava il culo alla sua signora durante il corteo.
Un ragiunatt, come diciamo noi milanesi per definire uno dall’aspetto di ragioniere di banca, con la T-shirt ufficiale: CERTI RAGAZZI AMANO
I RAGAZZI. FATTENE UNA RAGIONE.
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